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SCONFITTO IL BERLUSCONISMO, ORA SALVIAMO LA COSTITUZIONE. EDITORIALE DI "AGGIORNAMENTI SOCIALI"

Tratto da: Adista Notizie n° 43 del 10/06/2006

33420. MILANO-ADISTA. Con le elezioni politiche dello scorso 9-10 aprile i cittadini italiani hanno fermato l'avanzata del "berlusconismo", con il referendum del prossimo 25-26 giugno dovranno respingere la riforma costituzionale approvata dalla ex maggioranza di centro-destra. È questa l'analisi del voto e il promemoria per il prossimo futuro nell'editoriale di p. Bartolomeo Sorge pubblicato sul numero di giugno di Aggiornamenti sociali, il mensile dei gesuiti del Centro san Fedele di Milano.

"I commentatori hanno parlato di un Paese spaccato a metà", scrive p. Sorge, ma è "del tutto improprio parlare di un'Italia divisa, solo perché la vittoria è stata ottenuta con un numero ristretto di voti": il 9-10 aprile "i cittadini italiani – i ‘governati' – hanno ritenuto opportuno sostituire in modo pacifico i ‘governanti', dopo averli ‘eletti' cinque anni fa e ‘controllati' per una intera legislatura". Ed è stata discutibile la strategia della Casa delle libertà che "ha puntato a far credere che la scelta non fosse tra due programmi, ma tra due nemici": i "difensori della libertà" contro i "comunisti"; i "garantisti" contro "il giustizialismo di magistrati che usano il loro potere a fini politici"; i "difensori della vita, della famiglia e dei valori etici cristiani" contro gli abortisti.

Berlusconi è stato sconfitto, ma il "berlusconismo" ha lasciato un'eredità" fatta di "leggi ad personam, condoni e depenalizzazioni" che hanno provocato "la perdita di senso civico, di cultura delle regole e di tensione ideale". "Sta qui il vero limite intrinseco del ‘berlusconismo' – scrive p. Sorge –: nella concezione individualistica e utilitaristica della politica che, sul piano economico, porta a subordinare il lavoro alla produttività e la solidarietà all'efficientismo; sul piano politico, si traduce in un populismo insofferente di ogni regola e allergico a ogni forma di concertazione; sul piano sociale, genera conflittualità e antagonismo". Allora, "di fronte alla difficile eredità lasciata dal ‘berlusconismo' e alla fragilità del quadro politico uscito dalle urne, si impongono due priorità che sono premesse indispensabili per risalire la china e consentire alla nuova maggioranza di governare: la riconciliazione sociale del Paese" e, in seconda battuta, "il consolidamento dell'Unione".

Ma la riconciliazione del Paese "si potrà ottenere soltanto ripartendo dalla Costituzione, ricuperando cioè i valori comuni contenuti nella Carta repubblicana, che in questi anni sono passati in secondo piano, a causa della caduta di tensione morale e ideale di cui dicevamo. ‘Ripartire dalla Costituzione' comporta, in primo luogo, respingere decisamente con il referendum del 25 giugno la riforma costituzionale, approvata nel novembre 2005 con i soli voti della maggioranza. Nessuna riconciliazione sociale o pacificazione morale è possibile se l'equilibrio tra i poteri democratici è alterato, se il Presidente della Repubblica è declassato a figura decorativa, se il Capo del Governo gode di poteri esorbitanti senza efficaci controlli, se la devolution introduce il germe della rottura dell'unità nazionale, creando cittadini di serie A e di serie B e abbandonando a se stesse le Regioni più deboli a cominciare da quelle del Sud. La campagna referendaria, dunque, dovrebbe essere l'occasione per riscoprire le radici della nostra identità nazionale e ricomporre l'unità morale dei cittadini in un ethos condiviso, come seppero fare i Padri costituenti dopo la fine della dittatura fascista. Solo così si potrà mettere mano con coraggio alle necessarie riforme istituzionali, nella fedeltà ai principi fondamentali della Costituzione e con la collaborazione tra maggioranza e opposizione".

"‘Ripartire dalla Costituzione', in secondo luogo, è necessario per coniugare in modo nuovo i diritti inviolabili della persona alla vita, alla famiglia, al lavoro, alla libertà, alla salute, alla formazione; per dare vita a un federalismo non conflittuale, ma solidale, fondato sulla sussidiarietà responsabile delle autonomie locali nel rispetto della unità nazionale; per consolidare i rapporti di collaborazione tra Stato e Chiesa difendendo l'autonomia delle parti, ciascuna nel proprio ambito, attraverso un ripensamento del concetto di laicità in modo che la libertà religiosa e i diritti della Chiesa siano garantiti non meno che la legittima autonomia dello Stato e della legislazione; per rinnovare, infine, l'impegno dell'Italia per la pace nel mondo, attraverso il fermo ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

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