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QUELLO CHE MANCA DELL'AMORE DI DIO NELLA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI

Tratto da: Adista Documenti n° 52 del 08/07/2006

DOC-1753. COLOMBO-ADISTA. Perché la Chiesa cattolica, con i suoi numerosi santi, ha insegnato nei suoi 2000 anni di storia l'esclusione di gran parte dell'umanità dalla storia della salvezza? Perché l'amore altruista, eterocentrato, viene identificato solo con l'amore cristiano? Perché non si fa parola delle cause della prassi arrogante e intollerante del cristianesimo nella storia, che ha portato alle persecuzioni e alla violenza? Perché vengono ignorate le tragedie delle Crociate, della schiavitù, dell'Inquisizione, della colonizzazione? Perché vengono citati soltanto santi che non hanno mai messo in discussione l'ordine ingiusto del mondo, mentre non si fa parola di un mons. Romero o di un dom Helder Câmara? Perché si parla di giusto ordine della società, ma non si ha il coraggio di dire che la Chiesa spesso ha legittimato ed appoggiato poteri ingiusti?

Tissa Balasuriya, teologo dello Sri Lanka scomunicato - e poi riabilitato nel 1998 - per le sue posizioni sul pluralismo religioso dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, esamina in un lungo ed articolato saggio le gravi omissioni della prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. Omissioni che rivelano una visione della Chiesa e del cristianesimo assolutamente parziale ed incompleta, ma soprattutto l'assenza del nucleo più profondo del messaggio di amore evangelico, la ricerca della giustizia e della pace.

Dov'è la giustizia, si chiede Balasuriya, nell'enciclica del papa? Quella giustizia che il Sinodo dei vescovi del 1971 declinò come elemento costituente della missione della Chiesa nel documento di Ratzinger non ha il rilievo che le è dovuto. E mentre la giustizia sociale chiede un'analisi strutturale dell'ordine mondiale, non vi è alcuna valutazione critica di esso da parte di Benedetto XVI. Per non parlare, poi, dell'amore così come inteso nelle Beatitudini del Discorso della Montagna: un amore che trasforma le persone e che porta al dono definitivo di sé. Di tutto questo non vi è traccia nell'enciclica, dove il dono di sé da parte di Gesù viene letto, secondo la distorta interpretazione tradizionale, come "prezzo" da pagare ad un Dio offeso per le colpe dell'umanità. E, analogamente, di Maria, presentata come modello di servizio, umile e gentile, non viene minimamente messo in luce l'importante e radicale messaggio sociale, testimoniato nel Magnificat, portatore di grandi conseguenze rivoluzionarie. Assente, nell'enciclica, anche il messaggio dei grandi profeti veterotestamentari.

In breve, secondo il teologo asiatico, nell'enciclica Ratzinger trascura gli sviluppi radicali del vangelo di Gesù, non cogliendo gli aspetti di profonda giustizia sociale che la caritas richiede. Da qui, l'esigenza che il papa affronti questa aporia e colmi la lacuna in una prossima enciclica, centrata sul nucleo dell'insegnamento cristiano, il suo anelito alla giustizia e alla pace. Solo in questo modo, conclude Balasuriya, Ratzinger riuscirà veramente ad offrire al mondo la leadership spirituale di cui esso ha bisogno. Di seguito pubblichiamo, in una nostra traduzione dall'inglese, ampi stralci del commento di Balasuriya. (ludovica eugenio)

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