NIGERIA IN FONDO AL POZZO. SULLA POLITICA DELL'ORO NERO, IL VESCOVO DI ABUJA ATTACCA IL GOVERNO
Tratto da: Adista Documenti n° 10 del 03/02/2007
DOC-1822. ABUJA-ADISTA. Il petrolio, benedizione e rovina allo stesso tempo, è la principale fonte di ricchezza della Nigeria. Ma questa ricchezza, secondo mons. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, capitale federale del Paese, e presidente uscente del Secam (organismo che riunisce le Conferenze episcopali africane), deve essere messa "al servizio del bene comune". È stato questo il tema di un discorso tenuto alla fine dello scorso anno davanti a un'assemblea di religiosi di tutto il Paese e tornato d'attualità alla luce dei recenti eventi di cronaca: il giorno di Natale, l'esplosione di un oleodotto vicino a Lagos, in cui sono morte oltre 250 persone; lo scorso 7 dicembre, il rapimento di quattro tecnici – tre di loro italiani – dell'Eni che lavoravano all'estrazione del petrolio nella zona del delta del Niger. Soltanto uno di loro è stato liberato a metà gennaio. I due eventi sono, di fatto, collegati. Il rapimento dei tecnici della compagnia petrolifera italiana è stato rivendicato dal Mend, il Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger. Non si tratta di una vera e propria organizzazione strutturata ma di una sigla sotto cui agiscono gruppi diversi, uniti dall'idea di chiedere al governo federale nigeriano il controllo dell'estrazione delle risorse petrolifere; altrimenti, la minaccia è quella di portare il caos e l'anarchia nella zona del delta, un reticolo di canali, paludi e foreste di mangrovie, ricca di petrolio, dove è facilissimo nascondersi e disperdersi. Il Mend si finanzia, tra l'altro, rubando il petrolio delle grandi compagnie: la tecnica è quella di praticare fori negli oleodotti, da cui il petrolio viene poi caricato su chiatte e raffinato illegalmente oppure contrabbandato in Paesi limitrofi e da lì reimmesso nei circuiti ‘ufficiali'. Si spiegano così tragedie come quella di Natale: quando i gruppi organizzati se ne vanno, la condotte danneggiate sono prese d'assalto da folle che cercano di raccogliere qualche goccia di ‘oro nero', e gli incidenti devastanti allora sono sin troppo frequenti.
L'organizzazione ha aggiunto anche un nuovo tema alle proprie rivendicazioni: quello ecologico. Il petrolio, accusano, filtra dai pozzi e inquina le acque locali, distruggendo la pesca; per le compagnie le perdite sono conseguenza dei furti di petrolio ma in molti hanno osservato che gli oleodotti della zona sono vecchi e corrosi.
Il Mend ha adottato, a partire dalla fine del 2005, la tecnica del rapimento dei tecnici delle compagnie straniere: un modo di esercitare pressione sul governo, che teme la fuga in massa delle grandi multinazionali straniere e delle generose royalties e tasse che versano nelle casse dello Stato. Il governo nigeriano ha reagito brutalmente, con la distruzione di villaggi e una militarizzazione della zona che sta avendo il solo risultato di aumentare la rabbia della popolazione locale e portare nuove reclute al Mend.
Una situazione esplosiva, insomma, di cui mons. Onaiyekan è cosciente. Ma lui, più che sulle compagnie petrolifere straniere, punta il dito contro il governo nigeriano, corrotto sia a livello centrale che locale, che spesso ha mancato nell'opera di ridistribuzione della ricchezza a chi ne aveva più bisogno: "È un crimine che grida vendetta al cielo il fatto che lo Stato faccia pagare ai poveri i costi umani di politiche sbagliate". "Il tema", aggiunge, "ha, chiaramente, un riflesso politico. Non è solo una questione di distribuzione economica. Sfortunatamente, i risultati dei nostri leader in questo campo sono stati pessimi. La nostra classe politica è colpevole di grossolana disattenzione". Di seguito ampi stralci del suo discorso, in una nostra traduzione. (a. s.)
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