Nessun articolo nel carrello

AMAZZONIA, UNA DIVERSA PROSPETTIVA Dal testo base della Campagna di Fraternità

Tratto da: Adista Documenti n° 24 del 24/03/2007

È comune pensare all'Amazzonia a partire da due immagini: la prima è quella di una natura esuberante, fatta di foreste, igarapés (piccoli corsi d'acqua, ndt), alberi giganteschi, fiumi immensi, animali selvaggi, grandi ricchezze minerarie. La seconda immagine è quella di un'Amazzonia popolata da persone primitive ed esotiche – indios, ribeirinhos (abitanti dei fiumi, ndt), caboclos (meticci da unione di bianchi e indios, ndt) – che sono incapaci di profittare delle ricchezze che la natura offre loro e che, allo stesso tempo, occupano aree immense destinate, per questo, a rimanere sottoutilizzate. Queste sono le immagini spesso trasmesse dai mezzi di comunicazione.

A queste due visioni corrispondono i due progetti presenti nel dibattito socio-economico. Nel primo, guardando l'Amazzonia, si distingue un'immensa macchia verde, polmone o rene della terra, che deve essere preservata ad ogni costo e protetta dagli attacchi distruttivi degli esseri umani, per garantire che il pianeta Terra abbia modo di filtrare e purificare tutte le contaminazioni scaricate dal progresso. Nel secondo, guardando l'Amazzonia, si distinguono solo dollari: legno, acqua, minerali, biodiversità trasformata in merce, profitto, consumo e capitale. Le due visioni, per quanto antagoniste e contrastanti, hanno in comune almeno due fattori: non tengono in considerazione le popolazioni dell'Amazzonia, quasi sempre considerate un "intralcio" ai loro progetti, e ritengono necessario decidere cosa fare dell'Amazzonia a partire dai centri di potere.

Da secoli, le decisioni sull'Amazzonia vengono prese lontano dall'Amazzonia, senza la partecipazione dei popoli che la abitano. Le politiche di preservazione o di sviluppo considerano o la sopravvivenza del pianeta e del resto del-l'umanità o gli interessi del capitale. Oggi assistiamo al tentativo, sempre deciso fuori dell'Amazzonia, di realizzare il miracolo di unire i due interessi, attraverso il cosiddetto "sviluppo sostenibile", sviluppo senza devastazione ambientale, nel rispetto dei diritti delle popolazioni tradizionali, ove però questo si riduce alla sfera economica, a carattere capitalista, come primo e più importante criterio di riferimento. Questa nuova espressione è d'uso ormai quotidiano, soprattutto da parte delle imprese nazionali e trasnazionali che così mascherano e legittimano i propri interessi nello sfruttamento delle ricchezze dell'Amazzonia. Questa espressione è usata anche dai poteri pubblici che, in questo modo, intendono appoggiare ed incentivare nuovi progetti, ritenendo che l'impatto positivo, in termini socioeconomici, della creazione di posti di lavoro e del versamento delle imposte sia capace di equilibrare sul piatto della bilancia l'impatto negativo sull'ambiente. È necessario discernere. È necessario costruire insieme un nuovo pensiero che, a partire dal Vangelo della vita e dai "semi del Verbo" presenti nelle culture dei popoli dell'Amazzonia, possa indicare un cammino di costruzione democratica di una nuova Amazzonia e di un nuovo Paese.

Territorio e ambiente

Il territorio è lo spazio della vita, è casa, è culla, è utero, è dimora finale. Acqua, terra, alberi e animali fanno parte di una realtà sacra, sono segni della presenza del Dio Creatore e della sua azione misteriosa, con cui conviviamo e ci troviamo in contatto permanente. L'essere umano partecipa in qualche modo di questo mistero della vita e riceve la sua vita da ogni elemento e con ogni elemento la condivide. Il dualismo razionalista - frutto del pensiero greco e base della cosiddetta civiltà occidentale - fra esseri umani e natura, fra spirituale e materiale, fra "realtà" superiori ed inferiori, non trova eco nelle culture dei popoli dell'Amazzonia.

Dalla cosmovisione presente in molti "miti" fondanti delle culture indigene, afro-americane e caboclas nasce una maniera propria di concepire la natura come un tutto. Al contrario della logica razionalista neoliberista, che interpreta tutto come "risorse" di valore economico e che riduce anche gli uomini e le donne a "risorse umane", "capitale umano", combustibile del processo di valorizzazione del mercato, la cultura amazzonica crede che ogni realtà esisten-te - grande o piccola, animata o inanimata, viva o morta - sia parte complementare del mistero dell'unica vita. Nulla può essere sfruttato fino all'esaurimento senza l'indeboli-mento della vita nel suo complesso.

Un'altra conseguenza di questa cosmovisione riguarda le relazioni fra le diverse realtà che formano la vita. Per la logica razionalista, assunta dal mercato, il dualismo esistente nella natura e nella storia è antagonistico e i suoi effetti negativi possono essere superati solo da relazioni di "governo". È nata così la cosiddetta "legge della natura", eterna ed immutabile, in base alla quale l'essere umano governa la natura, lo spirituale governa il materiale, il razionale governa l'irrazionale, il saggio governa lo sciocco, la volontà e l'intelligenza governano le passioni. Il mondo amazzonico vive relazioni differenti: al posto del dualismo c'è la dualità, la relazione tra le forze è di complementarità e non di sottomissione, di partecipazione e non di dominio. Anche le forze negative sono necessarie e complementari per la totalità della vita. Il superamento dei conflitti si raggiunge con la celebrazione della comunione negli spazi del sacro, che acquisisce una dimensione essenziale nelle relazioni.

Proprietà

Un'importante conseguenza di questo modo di porsi di fronte alla vita e alla natura si verifica nella relazione con la terra. Il concetto di proprietà escludente della terra - quel che è mio non è tuo -, fondamento indiscutibile della cosmovisione occidentale, non è presente nelle culture amazzoniche originarie. Non sarebbe neanche corretto parlare di proprietà collettiva. In verità, la relazione con la terra non è di proprietà, ma di uso, di lavoro, di convivenza, di sopravvivenza. Se le terre dell'Amazzonia, in grande maggioranza, non sono state ancora demarcate, questo si deve, da un lato, all'inadempienza dello Stato, ma, dall'altro, alla stessa cultura originaria dei suoi popoli che non danno importanza a questo concetto.

Neppure concetti come produzione, eccedente, mercato, capitale, propri del modello economico mercantilista, appartengono ai mondi culturali originari dei popoli dell'Amaz-zonia. Caboclos, indigeni, neri, cafuzos (meticci da unione di neri e indios, ndt) hanno sempre privilegiato l'attività di raccolta dei prodotti della foresta per la propria sopravvivenza. La produzione dell'eccedente da immettere nel mercato è indissolubilmente legata alla dura esperienza di sfruttamento promossa dai padroni, dai presunti "signori" delle piantagioni della gomma, delle terre e dei boschi. Stiamo parlando intenzionalmente di mondi culturali "originari" dei popoli dell'Amazzonia, perché oggi la situazione è molto più complessa. L'interazione con il mondo mercantilista, quasi sempre pregiudizievole per i più deboli, ha provocato cambiamenti indiscutibili e, forse, irreversibili in queste popolazioni. Il modello europeo e nordamericano di sviluppo, con i suoi discutibili valori, si sta imponendo sempre di più. Le politiche pubbliche dei governi, i programmi di educazione, i finanziamenti, gli interessi economici delle imprese nazionali e transnazionali, insieme al bombardamento costante dei mezzi di comunicazione, rischiano di modificare il mondo culturale e la vita dei popoli dell'Amazzonia.

Fraternità e Amazzonia

Di fronte a questa realtà, la Campagna di Fraternità ci invita a celebrare e a rinnovare la nostra alleanza con il "Dio Creatore del cielo, della terra e di tutto ciò che in essi esiste" (Es 20,11), presente nella tradizione biblica e nelle culture indigene. A rinnovare la nostra alleanza con i popoli dell'Amazzonia, soprattutto i più poveri e sofferenti, e con tutti coloro che lottano per la giustizia del regno di Dio e, perciò, soffrono persecuzioni e martirio.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.