VESCOVI VERDI
Tratto da: Adista Contesti n° 56 del 28/07/2007
Nel recente documento di Aparecida i vescovi latinoamericani affrontano le urgenti questioni dell’ambiente.
Barbara J. Fraser è l’autrice di questo articolo, apparso sull’agenzia statunitense di informazione religiosa “catholic News Service”. Titolo originale: “environmental face-off: catholic church workers get ammunition for their fight”
Dalle foreste dell’Honduras e gli altipiani del Guatemala fino alle Ande e alla foresta pluviale amazzonica, responsabili delle Chiese e cattolici di base stanno affrontando taglialegna, cercatori d’oro, latifondisti e compagnie petrolifere. Alcuni hanno pagato con la vita. Altri, come il vescovo Erwin Krautler di Xingu, in Brasile, hanno ricevuto minacce di morte.
Questi difensori dell’ambiente, dei diritti degli indigeni e dei piccoli agricoltori non godono sempre del sostegno delle loro Conferenze episcopali. Ma al loro incontro a maggio, ad Aparecida, in Brasile, i vescovi dell’America Latina e dei Caraibi hanno criticato il modello economico che considera le risorse naturali come ricchezze da saccheggiare e hanno invitato alla coscienza ecologica come parte dell’evangelizzazione.
Quando i vescovi hanno messo a punto le loro conclusioni durante l’incontro, i riferimenti all’ecologia e all’ambiente sono stati tagliati. Ciononostante, la versione definitiva del loro documento mette in discussione gli operatori ecclesiali che sono stati criticati per essere stati al fianco delle corporation su temi ambientali.
I vescovi hanno scritto che, “in quanto profeti di vita”, avevano l’obbligo di sollecitare che “gli interessi dei gruppi economici che dissennatamente distruggono le sorgenti della vita” non abbiano la meglio nelle decisioni relative all’uso delle risorse naturali.
L’arcivescovo Pedro Barreto Jimeno di Huancayo, Perù, ha affermato che “la posizione della Chiesa in America Latina rappresenta una chiara difesa della vita ed una chiara difesa della creazione”.
Questa posizione rafforza i suoi sforzi di ripulire la vallata del fiume Mantaro, che attraversa la sua arcidiocesi. Un tempo pieni di pesci e di rane giganti, i laghi e i fiumi sono stati contaminati dai metalli pesanti dopo decenni di estrazioni minerarie e dai batteri derivanti dai rifiuti scaricati dalle città in tumultuosa crescita.
L’arcivescovo Barreto ha detto di vedere “un’opportunità per l’ecumenismo nella difesa della vita e della (nostra) casa comune, che è la creazione”.
All’inizio di giugno, lui e diversi responsabili ecclesiali protestanti sono andati negli Stati Uniti per sollecitare la Renco Group Inc., una società privata con sede a New York, a intraprendere più rapidamente misure per purificare l’aria e l’acqua intorno ad una fonderia che possiede nella Valle del Mantaro.
Ripulire una fonderia – un problema ambientale e sanitario che ha causato elevati livelli di piombo nel sangue dei bambini del posto – è un imperativo morale, ha detto il prelato.
Nel documento di Aparecida, i vescovi della regione hanno sottolineato la “responsabilità morale di coloro che promuovono” la “devastazione delle nostre foreste e la biodiversità” con un atteggiamento “distruttivo ed egoista”.
Appena prima che terminasse la Quinta Conferenza generale dei vescovi dell’America Latina e dei Caraibi, il vescovo Alvaro Ramazzini Imeri di San Marcos in Guatemala ha detto al Catholic News Service che i temi ambientali sono saltati fuori non appena i vescovi hanno cominciato ad analizzare i problemi della regione.
“Non possiamo ignorare la tendenza della globalizzazione economica, che ha un impatto fisico e chimico nell’inquinamento e incoraggia l’arrivo di grandi multinazionali straniere che vengono a portarci via le nostre risorse”, ha detto.
Il vescovo Ramazzini è stato oggetto di minacce a causa del suo coinvolgimento nelle proteste contro l’apertura di una miniera da parte della canadese Glamis Gold Ltd. In gran parte grazie alle proteste degli ecclesiastici, all’inizio di quest’anno il governo del Guatemala ha acconsentito a istituire una commissione per discutere sulle miniere nel Paese.
Mentre le società minerarie locali sono talvolta bersaglio di proteste, più spesso l’attenzione è concentrata sulle società internazionali, che operano su più vasta scala, masticando intere montagne per estrarre oro, argento, rame, molibdeno e altri metalli i cui prezzi negli ultimi anni sono schizzati in alto sui mercati internazionali.
In molti luoghi, i conflitti sull’impatto ambientale delle industrie estrattive si complicano perché le industrie creano lavoro a livello locale, anche se, una volta completata la fase della costruzione, la maggior parte delle moderne miniere assolda pochi lavoratori locali senza esperienza.
I profitti fatti da queste società, comparati alle somme relativamente modeste che spesso pagano in tasse nei Paesi in cui operano, sono un’ulteriore ragione di conflitto. Un’altra è la quantità di acqua richiesta dalle miniere, spesso situate in aree agricole.
Negli altipiani boliviani, una miniera gestita dalla Newmont Mining Corp, con sede a Denver, utilizza l’acqua del fiume Desaguadero, già salino, rendendo l’acqua e la terra circostante ancora più salata, ha detto il padre oblato Gilberto Pauwels, che guida il Centro per l’Ecologia e i popoli andini a Oruro, e la cui effigie una volta è stata data alle fiamme per il suo lavoro ambientalista.
Il vescovo Ramazzini ha detto che una preoccupazione dell’incontro dei vescovi in Aparecida ha riguardato il fatto che “l’America Latina offre le sue risorse naturali - la sua acqua, i suoi boschi e le sue foreste pluviali - e non riceve nulla in cambio. Al contrario, ne riceve distruzione e saccheggio”.
Nel loro documento, i vescovi hanno anche messo in guardia contro i pericoli per l’ambiente derivanti dall’agricoltura a larga scala, così come dall’“industrializzazione incontrollata delle nostre città e campagne, che inquinano l’ambiente con ogni sorta di rifiuti organici e chimici”.
Un altro tema sollevato, ha spiegato il vescovo Ramazzini, è stato “la responsabilità delle nazioni ricche nell’uso dell’energia, la questione del riscaldamento globale”.
Mentre il documento finale cita in particolare lo scioglimento dei ghiacci artici e antartici, le montagne andine saranno una delle prime aree a soffrire direttamente del cambiamento climatico.
La regione ha la massa più imponente di ghiacciai tropicali del mondo, ma gli esperti si aspettano che gran parte del ghiacciaio di Perù, Bolivia ed Ecuador scompaia nei prossimi 25 anni. Gli esperti temono che questa ed altre difficoltà create dal riscaldamento globale avranno un effetto sproporzionato sui poveri. Nelle Ande, il ritiro dei ghiacciai colpirà i contadini che usano l’acqua per l’irrigazione, ma anche le città che dipendono dallo scioglimento dei ghiacci per l’acqua potabile e l’energia idroelettrica.
I vescovi incontratisi ad Aparecida hanno offerto alcune indicaizoni pastorali, comprendenti “l’evangelizzazione del nostro popolo per scoprire il dono della creazione” e il rafforzamento di una “presenza pastorale” in aree che sono “molto vulnerabili e minacciate dallo sviluppo distruttivo”. Essi sollecitano anche politiche che “garantiscano la protezione, la conservazione e il recupero della natura”.
L’Amazzonia è stata più volte citata a causa della sua vulnerabilità e delle numerose minacce che ha di fronte a causa di taglialegna, minatori, agricoltori, latifondisti, costruttori di strade e compagnie petrolifere. Un teologo, il cui lavoro si è concentrato sull’Amazzonia, ha reagito con prudenza, tuttavia, dicendo che non è chiaro in che modo il documento possa essere tradotto in azione.
Ciononostante, rappresenta un passo verso una maggiore conoscenza dei problemi, in particolare degli effetti a lungo termine della distruzione ambientale. Nella versione finale del loro documento, i vescovi hanno detto chiaramente che questa generazione ha una responsabilità sui suoi figli e nipoti.
“Le generazioni che ci seguono – hanno scritto – hanno il diritto di ricevere un mondo abitabile e non un pianeta in cui l’aria è inquinata, l’acqua avvelenata e le risorse naturali sono esaurite”.
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!