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NIENTE SESSO PER I DISABILI: IL VATICANO CONTESTA LA CARTA DEI DIRITTI DELL’HANDICAP

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 23/02/2008

34290. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Si avvicina l’entrata in vigore della "Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità", approvata dall’Assemblea Generale del Palazzo di Vetro il 13 dicembre del 2006. Ad oggi, manca la ratifica di soli 4 Paesi, perché il primo trattato sui diritti umani del Terzo Millennio diventi ufficialmente operativo: tra questi, l’Italia che, dopo aver firmato la Convenzione con il ministro Paolo Ferrero il 30 marzo 2007, aveva avviato in dicembre il processo di ratifica parlamentare. Ma adesso, con lo scioglimento delle Camere, i tempi sono certamente destinati ad allungarsi.

A ratificare la Convenzione certamente non sarà, invece, la Santa Sede che, dopo aver partecipato ai lavori per la stesura del testo, durati cinque anni, si è rifiutata di firmarla perché essa non prevede un divieto esplicito nei confronti dell’aborto. Una opposizione che ha lasciato sconcertato il mondo delle associazioni per i diritti dei disabili e che, come ha denunciato durante un convegno, lo scorso 5 febbraio, Pietro Barbieri, presidente della Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), rischia di avere "pesanti riflessi" sul processo di ratifica in molti Paesi del mondo e forse, alla luce del probabile cambio di governo, anche in Italia.

L’annuncio, il 13 dicembre 2006, del ‘no’ del Vaticano era stato fatto dall’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, mons. Celestino Migliore: ed era stato un gesto per molti versi inaspettato, avendo la Chiesa cattolica attivamente e positivamente al dibattito per la stesura del documento. I punti dolenti erano in particolare gli articoli 23 e 25 della Convenzione: nel primo si riconoscono i diritti dei disabili alla pianificazione familiare, alla "educazione riproduttiva" e ai "mezzi necessari per esercitare questi diritti"; nel secondo si garantisce l'accesso dei disabili a tutti i servizi sanitari, "inclusi quelli nell'area della salute sessuale e riproduttiva". "La protezione dei diritti, della dignità e del valore delle persone con disabilità - aveva spiegato Migliore - rimane una delle preoccupazioni e dei capisaldi dell'azione della Santa Sede, e la Convenzione contiene molti articoli utili" al riguardo. Però, aveva aggiunto, la Santa Sede "si oppone all'inclusione nel testo dell'espressione ‘salute sessuale e riproduttiva’ perché in alcuni Paesi i servizi sanitari e riproduttivi comprendono l'aborto, negando dunque il diritto alla vita di ogni essere umano, affermato peraltro dall'art. 10 della Convenzione stessa" e, pertanto, "non è in grado di firmarla". "È tragico infatti – aveva aggiunto – che in una situazione in cui una imperfezione del feto può essere una condizione per praticare un aborto, la stessa Convenzione creata per proteggere le persone con disabilità da tutte le discriminazioni riguardo all'esercizio dei loro diritti possa essere usata per negare il basilare diritto alla vita delle persone disabili non ancora nate".

All’inaspettato rifiuto del Vaticano avevano risposto le associazioni di disabili in una lettera "indirizzata alle maggiori gerarchie ecclesiastiche e a tutti i cittadini", firmata da Barbieri, Luisella Bosisio Fazzi, presidente del Consiglio Nazionale Disabilità, e Giampiero Griffo, rappresentante italiano dell'European Disability Forum. Le associazioni chiedevano al Vaticano di riconsiderare la propria posizione o, quantomeno, di firmare la Convenzione esprimendo una "riserva", così come previsto dal diritto internazionale, sugli articoli ‘sgraditi’. "Dopo i tanti ostacoli e opposizioni – scrivevano – che abbiamo superato durante la discussione da parte di Paesi dove i diritti umani non sono garantiti ai cittadini, ci sembra paradossale che ora sia la Santa Sede a porre in dubbio la necessità di rimuovere le profonde ingiustizie che vivono le persone con disabilità nel mondo".

Alle associazioni ha risposto il card. Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Ricordando la doppia natura ‘statale’ e universale della Santa Sede, egli spiegava che "solo la non adesione può esprimere pienamente il doppio aspetto, giuridico e morale, della posizione della Santa Sede", dal momento che la ratifica con riserve "equivarrebbe ad offrire una cauzione morale all’insieme del testo giuridico, acconsentendo a che altrove, rispetto allo Stato della Città del Vaticano, l’articolo 25 venga applicato con criteri diversi, comprensivi, addirittura, dell’accesso all’aborto". Agli Stati che la ratificano, il Vaticano consiglia anzi di apporre "precise riserve così da escludere ogni riferimento all’aborto, sia come diritto che come modalità e metodo della salute riproduttiva".

Le parole di Barragán non sono sufficienti, rispondeva però Griffo. Il messaggio del Vaticano - aggiungeva - "si può semplicemente riassumere con una frase: quando si è trattato di tutelare i diritti dei 650 milioni di persone con disabilità nel mondo con un atto politico, la Santa Sede si è tirata indietro".

D’accordo con la posizione vaticana Franco Previte, presidente di Cristiani per Servire, per il quale "la Convenzione non è condivisibile sui punti che trattano la riproduzione e la pianificazione familiare in quanto l’accesso ai servizi riproduttivi potrebbe promuovere la contraccezione, favorire l’aborto, la limitazione delle nascite, le sterilizzazioni, la non responsabilità dei rapporti sessuali che aumentano l’espandersi dell’epidemia dell’Hiv/Aids". Favorevole alla Convenzione, invece, la Fondazione Don Gnocchi che, avendo partecipato al processo di stesura, ha parlato di un "momento che può essere a pieno titolo definito storico per il mondo della disabilità". (alessandro speciale)

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