LA SPERANZA VIENE DALLA BASE. LA RIFLESSIONE DI UN GESUITA TEDESCO SULL'ABBANDONO DEL CONCILIO
Tratto da: Adista Documenti n° 92 del 20/12/2008
DOC-2075. WÜRZBURG-ADISTA. Riforma, dialogo, popolo di Dio: sono questi gli orizzonti entro cui si è mosso il Concilio Vaticano II e che hanno segnato una svolta fondamentale nella storia della Chiesa, della quale fu artefice Giovanni XXIII. Ma il Vaticano II è anche un insieme di problemi irrisolti, di questioni lasciate aperte o trasformatesi nel tempo, riguardo alle quali gli attuali vertici della Chiesa stanno cercando di riportare indietro le lancette: basti pensare a temi come la collegialità o la riforma liturgica, la cui realizzazione voluta dal Concilio oggi viene ostacolata quando non resa impossibile. Di questi temi tratta una conferenza tenuta a Würzburg l’8 novembre scorso dal gesuita p. Wolfgang Seibel, nel-l’ambito della XXIV Assemblea federale del movimento “Noi siamo Chiesa”. Seibel, 80 anni, già commentatore al Concilio ed in seguito caporedattore della rivista dei gesuiti tedeschi Stimmen der Zeit e per lungo tempo direttore della Scuola di giornalismo voluta dalla Conferenza episcopale tedesca, mette in luce nella sua conferenza – intitolata Der Anfang vom Anfang – oder das Ende vom neuen Lied? Das Zweite Vatikanische Konzil und die weitere Entwicklung (letteralmente, “L’inizio dell’inizio o la fine della nuova canzone? Il Vaticano II e lo sviluppo post-conciliare”) – i punti fondanti della riforma conciliare: il dialogo, elemento “già appartenente all’essenza stessa del Concilio”, e il popolo di Dio, “parola chiave per l’immagine di Chiesa” che dal Concilio si è sviluppata: non più una “società a due classi”, ma una comunità di esseri di pari dignità.
Numerose sono state, tuttavia, le questioni lasciate aperte dal Vaticano II, dalla contraccezione al rapporto con le altre religioni, fino ai problemi che allora non erano ancora emersi ad un livello di piena consapevolezza nella Chiesa, come il ruolo della donna, il problema dei divorziati risposati o quello delle nomine episcopali. E altrettanto numerosi sono stati i limiti del Concilio: il ruolo di monarca assoluto del papa, rimasto inalterato; il patriarcalismo soggiacente, la perdurante passività dei laici. Tutto ciò, unito alla attuale volontà strisciante ma sempre più diffusa - in tante disposizioni pontificie e di curia, come la recente reintroduzione del rito tridentino – di cancellare alcune grandi acquisizioni del Vaticano II, contribuisce, osserva Seibel, a rendere il quadro della Chiesa di oggi piuttosto deprimente. Non per questo, tuttavia, occorre deporre la speranza e cadere nella rassegnazione: bisogna invece continuare a guardare alla base della Chiesa, dalla quale, in ogni tempo, sono venuti i maggiori stimoli al cambiamento e gli sguardi più lungimiranti.
Di seguito pubblichiamo, in una nostra traduzione dal tedesco, la parte della relazione di Seibel relativa alle questioni che il Concilio ha lasciato insolute o inalterate e alla valutazione sulla Chiesa di oggi. (ludovica eugenio)
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