AMAZZONIA, SIMBOLO DI DANNAZIONE O DI SPERANZA? LA RIFLESSIONE DELLA CHIESA A BELEM
Tratto da: Adista Documenti n° 20 del 21/02/2009
DOC-2100. BELEM-ADISTA. (dall’inviata) Non serve venire fino a Belém per capire di quale tremendo crimine si sia macchiata, e continui sistematicamente a macchiarsi, l’umanità, ma di certo l’esuberante bellezza della foresta che si contempla dalla città considerata la Porta d’ingresso dell’Amazzonia, la sua prodigiosa diversità biologica e genetica (il 22% di tutte le piante note si trova qui, ospitando1.622 specie solo di uccelli), aiuta a capire molto bene l’entità di quel crimine. Grafici e proiezioni presentati duranti gli incontri del Forum Sociale mostrano l’evoluzione drammatica del disboscamento: se esso continuerà al ritmo attuale, nel 2030 la foresta avrà perduto una superficie pari a 22 volte quella del Belgio.
Sul tema, tra i più presenti nel programma del Forum, è intervenuta anche la Chiesa presente a Belém, non solo durante il Forum mondiale di Teologia e Liberazione svoltosi nei giorni immediatamente precedenti (e su cui Adista tornerà nei prossimi numeri), ma anche negli spazi del Forum Sociale Mondiale propriamente detto. Spazi che ospitavano, peraltro, una Cappella interreligiosa, la Tenda della coalizione ecumenica e la Tenda Irmã Dorothy, dedicata a suor Dorothy Stang, la religiosa e missionaria statunitense assassinata ad Anapu il 13 febbraio del 2005: è qui, e in altri spazi ancora, che si sono tenuti incontri come quello promosso dal Centro ecumenico di Studi biblici (Cebi) su “Acque della vita, acque della morte”, o quelli che si sono svolti per iniziativa della Commissione di pastorale sociale della Cnbb (la Conferenza dei vescovi brasiliani), della Cpt (Commissione pastorale della terra) e del Comitato Dorothy sui temi “La Chiesa e i suoi martiri in difesa dei diritti umani in Amazzonia” e “La Chiesa e l’ecologia. Fondamenti ed esperienze per un modello sostenibile di sviluppo in Amazzonia”. O, ancora, quello che Caritas Europa ha incentrato su “Il destino dell’Amazzonia” e quello che il Consiglio indigenista missionario (Cimi) ha dedicato al tema “Popoli indigeni: criminalizzazione, violenza e devastazione territoriale”. Diversi anche gli incontri promossi dai religiosi, come quello organizzato dall’Azione Francescana di Ecologia e Solidarietà su “Giustizia ambientale, sofferenza della Terra, sofferenza del popolo”, con la presenza di Leonardo Boff e di dom Luiz Flávio Cappio, il vescovo divenuto celebre per il suo sciopero della fame contro il progetto di deviazione delle acque del Rio São Francisco (oltre a Cappio, erano presenti a Belém, tra gli altri, dom Tomás Balduino, vescovo emerito di Goiás e co-fondatore della Cpt; dom Erwin Kräutler, vescovo di Altamira, e dom Luiz Azcona, vescovo di Marajó, entrambi minacciati di morte). O come quello svoltosi per iniziativa dei gesuiti su “Fede religiosa e difesa della vita”, a cui hanno partecipato Frei Betto e José Comblin; quello organizzato dai Missionari e dalle Missionarie di Maryknoll su “Ecologia e spiritualità” o quello co-promosso dai comboniani sulla campagna internazionale “Justiça nos trilhos” (in Italia ha preso il nome “Sui binari della giustizia”) contro la Vale do Rio Doce, la principale compagnia mineraria del Brasile e la seconda al mondo, a cui hanno preso parte, tra gli altri, Francuccio Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo e il frate carmelitano Frei Gilvander Moreira, la cui lotta contro un altro controverso progetto, quello dello sfruttamento della miniera di Capão Xavier, in Minas Gerais, gli ha già fruttato diverse minacce di morte (v. Adista n. 26/05).
Di seguito l’intervento pronunciato da Frei Betto (tratto da registrazione e non rivisto dall’autore) nell’incontro promosso dalla Compagnia di Gesù e le interviste rilasciate ad Adista da José Comblin e da Frei Gilvander. (claudia fanti)
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