IL RE DEL CIMITERO
Tratto da: Adista Contesti n° 74 del 04/07/2009
Iran: le divisioni fra le principali figure religiose è forte, ma il popolo lotta per la democrazia, anche fino alla morte.
Philippe Bolopion, corrispondente da New York di “le monde” è l'utore di questo articolo, tratto da
“Le Monde” (22/6/2009). Titolo originale: “L’ayatollah Ali Khamenei a commis la plus grave erreur de sa vie”
Mohsen Sazegara, ricercatore e presidente del Research Institute for Contemparary Iran, con base a Washington, è stato uno dei fondatori dei Guardiani della rivoluzione e ha rivestito ruoli ministeriali negli anni '80, prima di prendere le distanze dal governo rivoluzionario nel 1989.
Assistiamo ad una svolta nella rivoluzione iraniana?
Dopo il discorso di venerdì (19/6, ndt) di Khamenei la situazione è cambiata. Sostenendo l'elezione truccata di Ahmadinejad e minacciando il popolo iraniano, ha chiaramente dichiarato di essere dietro il colpo di Stato. Ora, la nazione ha di fronte a sé la Guida Suprema. Ahmadinejad è solo una marionetta. Chi dirige la resistenza non è più il solo Mousavi, è una catena verde della democrazia, che parte da ogni città dell'Iran. Sabato è avvenuto il primo scontro fra questi due fronti. La catena della democrazia ha vinto, perché, malgrado Khamenei avesse mobilitato 40mila uomini per reprimere i manifestanti, gli iraniani sono scesi in piazza dimostrando di essere pronti a sacrificare la loro vita. Mousavi ha detto al popolo che era pronto a morire. Ha chiamato a proseguire la resistenza e ad organizzare uno sciopero generale per questo martedì (23/6, ndt). Ha dato prova di essere una grande guida.
L’opinione pubblica si rivolta a Khamenei?
Assolutamente sì. La settimana scorsa, i manifestanti gridavano “morte al dittatore”. Sabato hanno gridato “morte a Khamenei”. Ha commesso il più grande errore della sua vita. Non avrebbe mai dovuto fare quest’errore. Era sufficientemente intelligente per scegliere di stare a fianco della nazione. Ha sbagliato i calcoli. Ha pensato che con qualche Guardiano della rivoluzione e il ministero dell’Intelligence poteva conquistare una nazione.
È sostenuto dai religiosi?
No. Le principali figure religiose non si stanno esprimendo a suo favore. Alcuni l’hanno anche criticato. Ciò che è importante e nuovo in questo movimento è che, per la prima volta da 120 anni, gli iraniani si mobilitano in massa senza il sostegno dei religiosi e senza motivazione religiosa.
I manifestanti credono nella rivoluzione islamica?
Loro sono per la democrazia. Se si vuole definire la rivoluzione islamica come contraria alla democrazia, allora questo movimento è contro. Ma molti credono ancora nella rivoluzione. I membri dei Guardiani della rivoluzione e i basiji [miliziani islamici] credono nella rivoluzione. Sono anche i benvenuti in questo movimento.
I Guardiani della rivoluzione non reprimono le manifestazioni.
È il modo in cui Khamenei ha organizzato la sua macchina repressiva. Vuole far credere che i basiji sono delle persone comuni. Ma in realtà quelli che uccidono i manifestanti, le cosiddette "camicie bianche", sono Guardiani della rivoluzione appartenenti ad una brigata speciale della divisione dell'Intelligence. Sembrano dei civili, ma hanno coltelli, sbarre di ferro e armi da fuoco. Sono troppo pochi per attaccare le folle, ma danno la caccia e uccidono quelli che gridano slogan in piccoli gruppi.
L’ayatollah Khamenei controlla i Guardiani della rivoluzione?
Sono, con il ministero dell’Intelligence, il suo principale strumento di oppressione. I circa 120mila guardiani della rivoluzione sono la parte più potente del regime. Sono contemporaneamente un esercito, un servizio di informazione ed una enorme impresa. Khamenei ha emarginato alcuni dei fondatori e degli eroi di guerra e vi ha piazzato persone a lui asservite. Controlla vari livelli sotto di lui, fino al grado di comandante. Ma non so quale sia la sua popolarità reale fra quelli che ha nominato. È troppo presto per parlare di divisione nei loro ranghi. Ma ho sentito delle voci secondo le quali sette generali sono stati arrestati. Molti non sono d’accordo con Khamenei. Uno dei miei vecchi amici, un generale, eroe di guerra, mi ha detto che la maggioranza dei Guardiani della rivoluzione non era d’accordo con il colpo di Stato.
E i basiji?
È un gruppo male organizzato e poco disciplinato. Il regime dice che sono 20 milioni, io penso che siano non più di 500mila. Alcuni si sono arruolati per aver accesso a qualche privilegio, per esempio l’esenzione dal servizio miliare. Sono come il resto del popolo. Ma i loro fratelli, i loro amici sono dall’altra parte.
Si va verso una deriva militare?
Khamenei è arrivato a un punto di non ritorno. Il suo regime è già giustizialista e militarizzato. Non esiste marcia indietro per un regime così brutale. Per la preghiera del venerdì, ha mobilitato i suoi supporter in tutto il Paese. Mi aspetto che partecipino 500mila persone, ma secondo i miei amici saranno solo 50mila. Molti dei suoi sostenitori rimangono neutri e provano vergogna. Se arriverà a reprimere il popolo iraniano, diventerà un dittatore alla Saddam Hussein. Sarà il re di un cimitero. n
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