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“AVVENIRE È LA VOCE DELLA GERARCHIA, NON DEI CATTOLICI”. INTERVISTA A MONS. VINICIO ALBANESI

Tratto da: Adista Notizie n° 90 del 19/09/2009

35179. ROMA-ADISTA. Archiviato il caso Dino Boffo con le sue dimissioni, immediatamente accettate dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, resta aperta la questione dell’informazione cattolica e di Avvenire, contemporaneamente “quotidiano di ispirazione cattolica” e giornale controllato dalla Cei. “Una contraddizione insanabile: voler essere portavoce della Chiesa italiana e contemporaneamente strumento di informazione”, spiega ad Adista mons. Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, che ogni anno organizza un seminario di formazione per i giornalisti sui temi del disagio e delle marginalità.


Un duplice ruolo che però non è casuale?

Certamente. Il rilancio di Avvenire con i soldi della Cei fu voluto negli anni ‘90 dal cardinal Ruini, allora presidente dei vescovi, che aveva il progetto di una voce cattolica che intervenisse nella società. Un’unica voce che rappresentasse tutto il mondo cattolico, dando l’idea della compattezza assoluta. Però, a parte poche questioni fondamentali condivise, come per esempio il rispetto della vita, su tutte le altre i cattolici hanno posizioni ed orientamenti diversi, a cominciare dalla politica, dall’economia e dai temi sociali. E allora, o si dà spazio a tutte le posizioni, oppure si fa la scelta che ha compiuto la Cei per Avvenire.

 

Quale?

La scelta dell’univocità, interpretando il mondo cattolico dal vertice invece che dalla base. La base, a differenza del vertice, ha opinioni molto diverse e diversificate, ma gli si dà la parola solo se prende una posizione coerente con la linea del giornale e con le direttive della Cei. Se io scrivo un articolo sulla famiglia va bene, ma se dico che bisognerebbe riflettere anche sulle coppie di fatto allora non mi fanno più scrivere. Ma succede anche con il cardinal Martini, che, se apre una riflessione sul testamento biologico, lo fa sul Corriere della Sera e non su Avvenire: avrebbe tutti i titoli per scrivere su Avvenire, ma siccome la linea non è quella della Cei allora non ha spazio.

 

Insomma il pluralismo non esiste?

No. È stata scelta una linea di omogeneità non di pluralismo. Ma ripeto, forse in alto ci può essere omogeneità di vedute, ma man mano che si scende verso la realtà e la base questa omogeneità dei cattolici non c’è più. Il punto di partenza è che Avvenire è il giornale che deve esprimere il punto di vista dell’episcopato. Del resto Dino Boffo è stato il direttore dei tre organismi di comunicazione della Cei (Avvenire, la tv Sat2000 e il circuito radiofonico Inblu, ndr) per 15 anni, oltre che per la sua professionalità, per il riconoscimento della sua funzione di portavoce necessariamente obbediente.

 

Che quotidiano cattolico vorresti?

L’idea di una informazione generalista cattolica gestita dai vescovi è da scartare, a meno che non si scelga chiaramente di definirsi organo ufficiale e in quel caso però notizie, commenti e opinioni non sono più tali. A me piacerebbe un quotidiano cattolico davvero libero, che non sia un organo ufficiale della Cei, che non dica di essere infallibile, che scriva quello che ritiene opportuno senza però avere censure, o smentite, un po’ come è La Croix in Francia. Invece qui spesso accade che Famiglia Cristiana – che è settimanale cattolico ma indipendente – dica qualcosa e subito dopo arrivi il comunicato della Cei a smentire.

 

Pensi che in Italia sia possibile realizzare un quotidiano cattolico così?

Fin quando sarà la Cei a finanziarlo e a controllarlo no. Sarei quasi tentato di scrivere una lettera in vista del prossimo incontro dei vescovi, il 21 settembre – quando dovrebbe essere scelto il nuovo direttore di Avvenire – per dire loro: ‘Cari vescovi, state tranquilli, i cattolici sulle questioni fondamentali sono d’accordo, ma per quello che riguarda l’orientamento politico, culturale, sociale ci sono varie opzioni, accoglietele in modo che il giornale sia pluralista’. Insomma mi piacerebbe più dibattito, più apertura al mondo e meno paura. (luca kocci)

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