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RINTOCCHI DI CAMPANE

Tratto da: Adista Documenti n° 118 del 21/11/2009

È naturale che i capi di Stato coltivino il sogno di vincolare la propria memoria ad una grande opera perenne. Brasilia è il monumento che ha reso immortale Juscelino Kubitschek. Immagino che Lula, nordestino che ha sofferto la sete nel semiarido, e si è caricato sul capo recipienti d’acqua, possa star sognando di legare il proprio nome al nordestino rio São Francisco, simbolo dell'integrazione nazionale, trasformando il grande sertão della siccità in un'oasi benedetta grazie a un gigantesco progetto di deviazione delle sue acque. Il progetto non avrebbe nulla da invidiare alla Transamazônica (la gigantesca autostrada progettata dal presidente Emílio Garrastazu Médici, durante la dittatura militare, ndt) o a Itaipu (la grande diga idroelettrica situata sul fiume Paraná, al confine tra Paraguay e Brasile, ndt).

Ciò spiega, chissà, la sua appassionata ostinazione nel voler portare avanti quest'opera malgrado le innumerevoli reazioni contrarie da parte dell'organo giudiziario, dei mass media, degli scienziati, dell'episcopato cattolico, delle organizzazioni sociali, di coloro che vengono danneggiati dalle grandi opere: contadini, quilombolas, gruppi indigeni.

Nella sua visita lungo il progettato canale, in compagnia di Ciro Gomes e della candidata Dilma Rousseff, non è mancato, da parte del presidente, l'irato messaggio a quanti egli considera come ostacoli alla trasposizione. Contestualmente, ha richiamato l'attenzione di molti il gesto del vescovo di Barra, dom Luiz Cappio, che ha fatto suonare a morto le campane in cattedrale mentre Lula passeggiava per quella città.

Le campane sono il secolare e inconfondibile segno della cultura cristiana nei templi delle grandi metropoli e nelle piccole cappelle dell'interno. Accompagnano gioie e speranze, tristezze ed angosce della comunità nei suoi eventi più importanti o segnano, con il loro lugubre rintocco, la morte degli esseri amati e il Giorno dei defunti. Conoscendo personalmente i sentimenti di quest'uomo, che non ha esitato a offrire la sua vita al popolo del fiume e alla rivitalizzazione del São Francisco, posso dire che questo gesto, questo rintocco a morto delle campane, ha, proprio come quello del digiuno (lo sciopero della fame intrapreso dal vescovo nel settembre del 2005 e nel novembre del 2007, ndt), il peso di una profezia. Questi simboli stanno ad indicare che la trasposizione del São Francisco non verrà portata a termine. Morirà. Riposerà in pace. Requiem, allora, per quest’opera!

Molte persone sono convinte dell'impraticabilità del megaprogetto. Eccone le ragioni. La trasposizione intende sollevare a un livello di 300 metri 2,1 miliardi di m3 dell'acqua più cara del mondo, destinata al Nordest, che, a sua volta, già ne accumula 37 miliardi di m3 a costo zero. Se il problema della siccità del Nordest non si risolve con questi 37 miliardi di m3, potrà essere risolto con i 2,1 miliardi di m3 della trasposizione?

Una certezza sono in molti ad averla: le 70mila dighe del Nordest costruite in questi cento anni dimostrano che nella regione l'acqua non manca. Quello che manca è la distribuzione di quest'acqua. Basterebbe allora impiantare un vigoroso sistema di serbatoi‑adduttori, come quello proposto dall'Agenzia Nazionale delle Acque, per mezzo dell'"Atlante del Nordest", un progetto insabbiato dal governo.

Si tratta di condurre l'acqua per mezzo di una maglia di tubi e serbatoi‑adduttori a tutta la popolazione diffusa del semiarido per il rifornimento umano, senza la trasposizione. Mentre la trasposizione interesserebbe, secondo i dati ufficiali, 12 milioni di persone in quattro Stati, il progetto alternativo ne raggiungerebbe 44 milioni in dieci Stati. Costo: metà del prezzo della trasposizione. In questa matassa di conflitti, esiste un rintocco di campana pieno di speranza. Se, da un lato, è ancora dominante l'industria della siccità (in cui la trasposizione si inscrive), che rende una fortuna ai politici e agli imprenditori e mantiene il popolo nella situazione del "flagellato retirante" (termine che in Brasile indica colui che da solo o in gruppo emigra verso la costa delle zone interne del Nordest per sfuggire alla siccità, ndt), secondo la poetica espressione di Luiz Gonzaga, di Portinari, di Graciliano Ramos, di João Cabral de Melo Neto ecc., dall'altro lato sta sorgendo nelle comunità popolari una nuova coscienza carica di speranza di liberazione.

Si tratta della convivenza con il semiarido. Come i popoli dei ghiacci, delle isole e del deserto riescono a convivere bene con il loro habitat, così questo popolo comincia a scoprire la straordinaria ricchezza di vita del Nordest. La questione non è "eliminare la siccità", ma adattarsi all'ambiente in modo intelligente. In questa linea, un muratore sergipano ha inventato la tecnologia rivoluzionaria delle cosiddette cisterne familiari di raccolta dell'acqua piovana per il consumo umano. Già sono state costruite in mutirão (lavoro collettivo, ndt) 290mila cisterne come parte di un progetto di 1,3 milioni di cisterne per la raccolta di acqua piovana. Si sta realizzando, dunque, una trasformazione del popolo e della terra dal basso, in una rispettosa convivenza, liberandosi da progetti faraonici devastanti, imposti in maniera autoritaria dall'alto. Questo umile rintocco di campana, gioioso e festivo, si può già ascoltare con nitidezza, poiché questo cambiamento, pieno di vita e di speranza, è una realtà nel grande sertão nordestino.

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