HONDURAS: LA FARSA ELETTORALE È COMPIUTA. MA IL POPOLO DISERTA LE URNE GOLPISTE
Tratto da: Adista Notizie n° 126 del 12/12/2009
35342. TEGUCIGALPA-ADISTA. Il vero vincitore delle elezioni-farsa del 29 novembre in Honduras è stato il popolo, quel popolo che, malgrado le minacce alla popolazione e le intimidazioni dell’impresa privata nei confronti dei lavoratori, ha accolto l’invito del Fronte Nazionale di Resistenza a chiudersi in casa, in una sorta di coprifuoco volontario. L’astensione è stata, indubbiamente, la più alta nella storia del Paese: secondo la Resistenza, si sarebbe recato alle urne uno striminzito 21,5% degli elettori, nonostante manovre fraudolente come la partecipazione al voto di salvadoregni del partito di estrema destra Arena.
Come scrive da Tegucigalpa Giorgio Trucchi, responsabile del settore informativo dell'Associazione Italia-Nicaragua, quanti hanno girato per i seggi elettorali “sanno perfettamente che l’affluenza alle urne è stata insignificante, che la presenza dell’esercito e della polizia è stata asfissiante e minacciosa in tutto il Paese e che si sono registrati innumerevoli episodi di repressione e di violazione dei diritti umani”. Praticamente nulla, poi, la presenza di osservatori elettorali qualificati, dal momento che i pochi presenti, tutti appartenenti a organizzazioni sociali o politiche della destra nazionale e internazionale, “non hanno nemmeno fatto finta di svolgere il compito per il quale erano stati disperatamente chiamati dal Tribunale elettorale e dal governo de facto”.
I numeri della farsa, definita dall’ambasciatore Usa in Honduras Hugo Lorens “una festa civica”, indicano che il nuovo, illegittimo, presidente è il candidato del Partido Nacional, Porfirio Lobo, a cui è andato il 55,9% dei voti, contro il 38,2% del candidato del Partido Liberal, Elvin Santos, il quale ha pagato la profonda divisione del suo partito (lo stesso di Manuel Zelaya) tra quanti hanno appoggiato la rottura dell’ordine costituzionale e quanti sono invece rimasti fedeli al presidente legittimo.
Democrazia, addio?
Stando ai dati del Fronte di Resistenza, Porfirio Lobo, che si insedierà il prossimo 27 gennaio, non rappresenterà nemmeno un honduregno su dieci e, ad oggi, sarà riconosciuto solo da Stati Uniti, Israele, Costa Rica, Panama, Perù e, pare, Colombia. Ma, soprattutto, dovrà fare i conti con il Fronte Nazionale di Resistenza, il quale ha dichiarato che nessun atto del nuovo governo sarà riconosciuto dal popolo e che la lotta per la convocazione di un’Assemblea Costituente andrà avanti indefinitamente.
Il fatto che sia stato il popolo a vincere realmente le elezioni del 29 novembre, tuttavia, non basta a ripristinare la democrazia in Honduras. Il riconoscimento da parte dell’amministrazione Obama del nuovo governo, infatti, rischia, a lungo andare, di condizionare un gran numero di Paesi, a cominciare da quelli europei (per quanto la Spagna abbia già fatto sapere che non riconoscerà il risultato elettorale). Che i golpisti si sentano le spalle coperte dal sostegno statunitense, del resto, lo ha dimostrato anche la decisione del Congresso di votare a grandissima maggioranza (111 no e solo 14 sì) contro la restituzione del potere a Zelaya (il quale, peraltro, si era, ovviamente, già dichiarato non disponibile a prestarsi alla farsa).
Servono, ora, misure più radicali da parte dei Paesi latinoamericani, come suggerisce, in un’intervista rilasciata all’agenzia Adital, il sociologo Ricardo Arturo Salgado, convinto della necessità di un ritiro dell’Unasur (Unione delle Nazioni Sudamericane) e dell’Alba (l’Alleanza bolivariana dei popoli delle Americhe) dall’Oea, l’Organizzazione degli Stati Americani di cui la crisi honduregna ha rivelato una volta di più tutta l’inadeguatezza. “Perché la regione latinoamericana sopravviva politicamente, economicamente e socialmente - ha affermato - l’Oea deve scomparire”.
Il dito è puntato naturalmente contro gli Stati Uniti, la cui complicità con i golpisti è stata definitivamente messa a nudo dal loro riconoscimento del risultato elettorale. Come evidenzia l’avvocata statunitense-venezuelana Eva Golinger in un articolo dal titolo “Le elezioni illegali in Honduras e l’ipocrisia di Washington”, la stessa imposizione del presidente del Costa Rica Oscar Arias come mediatore tra i golpisti e il governo legittimo non rispondeva ad altro obiettivo che quello di dare al governo de facto la possibilità di guadagnare tempo e di consolidarsi. Quanto Arias fosse preoccupato per il ripristino della democrazia in Honduras lo avrebbe, infatti, dimostrato proprio in occasione delle elezioni, rivolgendo un appello a tutti i Paesi del mondo perché riconoscano il nuovo governo, sulla base dell’argomento che sarebbe ingiusto punire un popolo che “si è già troppo impoverito negli ultimi cinque mesi”.
“Che facciamo, restiamo seduti per quattro anni a condannare semplicemente il golpe?”, ha dichiarato un alto funzionario del Dipartimento di Stato a Washington, citato nell’articolo di Eva Golinger. Ebbene, fa notare l’avvocatessa statunitense-venezuelana, come mai gli Stati Uniti non hanno avuto alcun problema a restarsene seduti per 50 anni rifiutandosi di riconoscere il governo cubano? (claudia fanti)
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