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CONTRO LE IDEE, LA FORZA DI ISRAELE NON PUÒ NULLA

Tratto da: Adista Documenti n° 51 del 19/06/2010

Per 2000 anni gli ebrei hanno conosciuto la “forza” della forza solo in forma di frustate sulla schiena. Ora, per diversi decenni, siamo stati in grado di esercitare la forza noi stessi. Tuttavia questo potere ci ha intossicato sempre di più. Sempre di più immaginiamo di poter risolvere con la forza ogni problema che incontriamo. A un uomo con un grosso martello, dice il proverbio, ogni problema sembra un chiodo.

Nel periodo precedente alla fondazione dello Stato, gran parte della popolazione ebraica in Palestina non comprendeva i limiti della forza e pensava che potesse essere usata per raggiungere qualsiasi obiettivo. Per fortuna, durante i primi anni di vita di Israele, leader come David Ben‑Gurion e Levi Eshkol sapevano benissimo che la forza ha i suoi limiti, e furono attenti a non oltrepassarli. Ma, a partire dalla Guerra dei sei giorni nel 1967, Israele ha puntato tutto sull'uso della forza militare. Il ritornello è: ciò che non si può ottenere con la forza, lo si può ottenere con una forza ancora maggiore.

L'assedio israeliano della Striscia di Gaza è uno degli orribili prodotti di questo modo di pensare. Esso trae la sua origine dall'errata convinzione che Hamas possa essere sconfitto con la forza delle armi o, in termini più generali, che il problema palestinese possa essere schiacciato invece che risolto.

Ma Hamas non è semplicemente un'organizzazione terroristica. Hamas è un'idea. Un'idea disperata e fanatica che nasce dalla desolazione e dalla frustrazione di molti palestinesi. Nessuna idea è mai stata sconfitta con la forza, né da un assedio, né da un bombardamento, né dai cingoli dei carri armati, né dai commando della marina. Per sconfiggere un'idea bisogna offrire un'idea migliore, un'idea più attraente e accettabile. L'unico modo che Israele ha per scalzare Hamas è di raggiungere rapidamente un accordo con i palestinesi sulla creazione di uno Stato indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, definito dai confini del 1967, con capitale Gerusalemme Est.

Israele deve firmare un accordo di pace con Mahmoud Abbas e con il suo governo, limitando il conflitto israelo‑palestinese ad un conflitto tra Israele e la Striscia di Gaza. Quest'ultimo conflitto potrà essere risolto, alla fine, solo negoziando con Hamas o, più ragionevolmente, con l'inte-grazione del movimento Fatah del presidente Abbas con Hamas. Anche se Israele sequestrerà un altro centinaio di navi dirette a Gaza, anche se invierà truppe per occupare la Striscia di Gaza altre cento volte, e continuerà a dispiegare i suoi militari e la sua polizia e a compiere le sue azioni sotto copertura, non potrà comunque risolvere il problema.

Il problema è che non siamo soli in questa terra, così come non sono soli i palestinesi. Non siamo soli a Gerusalemme, così come non lo sono i palestinesi. Fino a quando noi, israeliani e palestinesi, non riconosceremo le logiche conseguenze di questo semplice fatto, noi tutti vivremo in un permanente stato di assedio: Gaza sotto l'assedio israeliano, Israele sotto un assedio internazionale ed arabo.

Io non sottovaluto l'importanza della forza. La forza militare è vitale per Israele. Senza di essa non saremmo in grado di sopravvivere un solo giorno. Guai al Paese che sottovaluta l'efficacia della forza. Ma non possiamo permetterci di dimenticare neanche per un solo attimo che la forza è efficace solo in termini di protezione: per impedire la distruzione e la conquista di Israele, per proteggere la nostra vita e la nostra libertà. Ogni tentativo di usare la forza non per protezione, non per autodifesa, ma come mezzo per an-nientare i problemi e reprimere le idee, porterà ad altri disastri, proprio come quello che abbiamo attirato su noi stessi in acque internazionali, in mare aperto, di fronte alle coste di Gaza.

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