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FIGLI DELLA PACHAMAMA

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 12/05/2012

Molte voci si leveranno questo 22 aprile in tutto il mondo per richiamare l’attenzione sulle aggressioni nei confronti della Madre Terra. Sì, è il Giorno della Terra e, come ogni anno, le organizzazioni, gli intellettuali e persino gli Stati inviteranno ad “averne cura”. E così continuerà ad essere finché non comprenderemo che la Madre Terra non è un oggetto, ma un soggetto di diritto.

La domanda chiave è questa: noi esseri umani siamo parte della natura o solo suoi ospiti? Il dibattito, come segnala Raúl Zaffaroni nel suo saggio La Pachamama y el ser humano, non è nuovo: già i filosofi dell’antica Grecia discutevano del tema. Dalla risposta a questa domanda potremo dedurre se continuare o meno ad attribuirci la condizione di “proprietari” della Madre Terra.

Per i popoli indigeni la questione è chiarissima: noi ci sentiamo figli della Madre Terra. È su questa identificazione che si basa la nostra cosmo visione, il nostro modo di concepire e di praticare la democrazia comunitaria, la nostra economia, la nostra cultura, la nostra spiritualità, il nostro stile di vita, la nostra identità. Per noi, la Pachamama è un essere vivente e, pertanto, soggetto di diritto.

ANIMA E RAZIONALITÀ

Il diritto occidentale è totalmente antropocentrico. Nel corso della storia, solo l’essere umano è stato riconosciuto come soggetto di diritto. Il fatto che, durante il Medioevo, gli animali venissero processati potrebbe far pensare che li si ritenesse legati ad obblighi e norme da rispettare e dunque anche titolari di diritti. In realtà, si processavano solo i maiali che sbranavano bambini o i topi e gli insetti per i danni che causavano agli esseri umani.

Del resto, il diritto occidentale ha un’altra caratteristica, è essenzialmente punitivo: si giudica per castigare, non per redimere. Nel diritto originario, l’obiettivo è piuttosto quello del ritorno all’equilibrio che si è spezzato a causa di una mancanza.

Ma torniamo al nostro tema. L’idea della presunta superiorità dell’essere umano sul resto della natura trae origine, fra l’altro, dalla separazione del corpo dall’anima da parte delle religioni. Tale separazione ha fatto sì che venisse esaltato nell’uomo il carattere di essere razionale e di unico detentore del libero arbitrio, la capacità di decidere se “agire bene” o “agire male”. E parliamo di “uomo” perché c’è anche un carattere sessista in questa concezione. Si ricordi che nel medioevo si discuteva se la donna avesse un’anima e se fosse figlia di Dio o del demonio. E a partire dal XVI secolo, quando gli europei iniziarono a invadere altri continenti, si aggiunse un nuovo ingrediente a questa visione: il razzismo. Si cominciò così a discutere se gli indios e i neri avessero un’anima, la qual cosa dava agli europei il diritto di sottometterli.

Poi, nel XIX secolo, fa irruzione la teoria dell’evoluzione delle specie di Charles Darwin. Duramente combattuta dalla Chiesa, tale teoria, male interpretata, è stata anch’essa usata per giustificare la tesi della superiorità dell’essere umano: superiorità dovuta al fatto che, essendo l’uomo più forte, è riuscito a imporsi sulle altre specie e a conquistarsi per questo il diritto di dominarle.

Così, che lo si guardi dal versante della scienza o da quello della religione, il risultato è la persistenza dell’antropocentrismo, il fatto di considerare l’essere umano al di sopra di tutte le altre forme di vita, le quali, in quanto non razionali e prive di anima, non possono essere soggetti di diritto.

Tuttavia, come nota Zaffaroni, per Darwin il più adatto non era il più forte ma il più fecondo. Gli esseri più vulnerabili si associano tra di loro per difendersi dai predatori, adattandosi alle condizioni avverse. L’evoluzione, allora, non privilegia la competizione ma la cooperazione.

È per questo che il capitalismo non può offrire opzioni di vita: perché privilegia la competizione e l’individualismo, il dominio dei forti sui deboli, il narcisismo umano, l’antropocentrismo radicale. Per i popoli indigeni, invece, la cooperazione tra tutte le forme di vita è parte integrante dei loro saperi e delle loro pratiche millenarie: la reciprocità, la complementarità, l’equilibrio.

ECOLOGIA E DIRITTO AMBIENTALE

Con la modernità, si è passati dal castigare gli animali al punire i maltrattamenti nei loro confronti, secondo il principio che l’essere umano può anche utilizzarli per i propri scopi, ma senza superare il limite. Nasce quindi l’ecologia, che non si occupa solo degli animali ma dell’intera natura, passando a considerarla come soggetto di diritto. Sorge il diritto ambientale, sempre vincolato al sistema universale dei diritti umani, e l’ambiente diventa un bene giuridico.

Ma, come sempre, i Paesi potenti oppongono resistenza a queste norme internazionali, come dimostra il fatto che il Protocollo di Kyoto, unico strumento vincolante in materia di emissione dei gas ad effetto serra, non sia mai stato sottoscritto dagli Stati Uniti.

Anche tra gli ecologisti esistono differenze: l’ecologia ambientalista pone l’accento sull’essere umano come titolare di diritti e di obblighi rispetto alla natura; l’ecologia profonda, invece, sulla natura come titolare di diritti. Si continua a considerare la preservazione della vita come una “responsabilità morale” dell’essere umano. Per i popoli indigeni, invece, noi umani non siamo qualcosa di esterno alla natura né suoi ospiti, ma siamo parte di essa. In questa prospettiva, il nostro dovere non è “proteggerla” bensì contribuire al suo equilibrio.

DIRITTI DELLA MADRE TERRA

L’adozione di una Dichiarazione dei Diritti della Madre Terra da parte delle Nazioni Unite fa già parte dell’agenda internazionale. L’Accordo dei Popoli, frutto della Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, celebrata a Tiquipaya, in Bolivia, nell’aprile del 2010, contiene proprio questa proposta. La Costituzione Politica dell’Ecuador dedica un capitolo ai diritti della natura e lo Stato Plurinazionale di Bolivia conta su una legge relativa ai diritti della Madre Terra.

Nel 1982, l’Assemblea Generale dell’Onu approva la Carta Mondiale della Natura, un’importante dichiarazione ecologica mondiale. Cinque anni dopo, nel 1987, la Commissione Mondiale su Sviluppo e Ambiente dell’Onu, nel suo rapporto “Il nostro futuro comune”, noto come Rapporto Brundtland, invita a elaborare una Carta che contenga i principi fondamentali per una vita sostenibile. (…). Quindi, nel 1992, i movimenti sociali, riuniti in un incontro parallelo al Vertice della Terra di Rio de Janeiro, elaborano un documento da cui sarebbe poi nata la Carta della Terra, approvata nel marzo del 2000, in una riunione celebrata nella sede dell’Unesco, a Parigi, e lanciata il 29 giugno dello stesso anno a L’Aia.

Dal II Vertice della Terra a Stoccolma, nel 2002, derivano importanti strumenti internazionali come la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) e la Convenzione sulla Biodiversità e, di conseguenza, il Protocollo di Kyoto. La Conferenza mondiale di Tiquipaya si svolge in risposta al fallimento della Cop15 (15.ma Conferenza delle parti della Unfccc) di Copenhagen, concludendosi, dopo un intenso dibattito tra migliaia di partecipanti di tutte le latitudini, con l’“Accordo dei Popoli” (v. Adista n. 38/10, ndr), accompagnato da un progetto di “Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra”, che, fra l’altro, prevede il diritto della Pachamama alla vita e all’esistenza; ad essere rispettata; al mantenimento dei propri cicli e processi vitali; il diritto all’acqua come fonte di vita, all’aria pulita, alla salute integrale, alla libertà da contaminazione e inquinamento, da rifiuti tossici e radioattivi; il diritto ad una riparazione piena e immediata per i danni che le sono stati inflitti dalle attività umane. (…).

Di fronte all’attacco neoliberista rappresentato dallo sfruttamento irrazionale delle risorse della Terra, i popoli indigeni esigono che la casa grande dell’umanità sia protetta e riconosciuta titolare di diritti. E, di fronte alla crisi globale, si propongono di superare lo sfruttamento e la mercificazione, recuperando l’equilibrio attraverso il Buen Vivir.

Continuiamo a lavorare per l’adozione universale di una Dichiarazione dei Diritti della Madre Terra.

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