Nessun articolo nel carrello

L'inganno delle mezze verità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 47 del 29/12/2012

Un giorno ho capito che si poteva mentire dicendo la verità, la peggiore fra le menzogne», scrive lapidariamente Jean Sulivan, cui fa eco la confessione spiazzante di Ennio Flaiano che nel suo Diario degli errori scrive: «Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l'errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un’altra verità, altrettanto valida, e l'errore un altro errore». Questa tossica miscela di “verità” che in effetti, poi, risultano essere delle “mezze verità”, accompagna quale diabolico viatico la critica di Berlusconi al governo Monti a giustificazione della sua ennesima riridiscesa in campo: «Il suo è il governo delle banche»; oppure: «Tutti gli indici sono negativi»!. Sacrosante verità che in bocca a Berlusconi diventano perfide mezze verità.
Non abbiamo nessun debole per il governo Monti, cui tuttavia riconosciamo un comportamento da statista rispettabile, serio e in aperto stridore con i balletti clownisti del suo predecessore. Ma abbiamo l’impressione che se la politica di Monti, che nelle intenzioni originali voleva coniugare severità ed equità, si è trovata poi di fatto a dover modulare solo il termine dell’austerità sulla pelle viva dei soliti noti, ciò si debba anche al “no” tassativo che il PdL ha sempre opposto ad ogni tentativo di tassazione delle rendite e/o dei capitali.
Questa è una prima mezza verità che il mentitore nasconde financo a se stesso.
L’altra mezza verità è questo contraddittorio sfiduciare Monti e nel contempo invitarlo a guidare la sua “coalizione dei moderati”, promettendo, nel caso, di ririfare (anche qui…) un passo indietro! Non si capisce il gioco e non si conosce cosa si nasconda dietro.
Ma c’è, ancora, una terza mezza verità “indicibile”: è il tipo di crisi che stiamo attraversando e alla cui origine la politica di destra di Berlusconi ha contribuito a dare linfa e al cui avanzamento ha sempre spalancato le porte. In altre parole, ci chiediamo: perché, quando si parla di crisi, non si menziona mai il lungo processo che ha permesso all’economia di farla da padrona senza regole alcune, di aprirsi impunemente alla speculazione finanziaria e al profitto immediato (di pochissimi) a tutti i costi? E chi ha reso la politica “impotente” all’intervento?
Questo processo di emancipazione dell’economia da ogni controllo politico e sociale ha avuto inizio negli anni ‘80 ad opera della crociata reazionaria di Reagan e Thatcher, una specie di controffensiva conservatrice cui Berlusconi e i suoi governi hanno fatto da bordone. Lui gridava nelle piazze e negli studi televisivi, a voce e tramite giornali-sicari: «Più mercato e meno Stato!». E, ancora: «Privato è bello!».
Siamo ormai dentro questa trappola; ma si tratta di una trappola preparata da decenni di fede assoluta nel denaro e nel mercato.
È chiaro: il governo Monti si muove all’interno di questa trappola e le stesse sinistre sembrano agitarsi dentro questo mondo senza osare ribaltarlo.
Ci rendiamo conto delle difficoltà, considerata anche la complessità della situazione, che non è solo e non più politica o economica o sociale, ma culturale. Le voci che con lucidità hanno studiato i totalitarismi del Novecento, scrive il filosofo Roberto Mancini, (da Horkheimer e Adorno a Foucault, da Arendt a Girard) ci hanno avvertito: «Il sistema organizzativo che più minaccia la libertà umana e la vita comune, quello più pericoloso per forza, capacità di sovranità e di ricatto, è il sistema economico». Ma proprio perché questo sistema fa un tutt’uno con il sapere e il sentire di un popolo, proprio perché lo stesso immaginario del popolo è stato colonizzato e clonato sui parametri della produzione e del possesso, dell’acquisto e del consumo, «gli ostacoli che si frappongono alla liberazione, alla sicurezza sociale, alla giustizia, a una società più umana e al rispetto della natura sono in primo luogo ostacoli di ordine culturale, che riguardano la mentalità collettiva, la credulità, la malafede di alcuni e l’ottusa “buonafede” di moltissimi».
Ma, soprattutto, quella cultura dell’amnesia o della memoria corta di cui, il Caimano, come un virus, ha infettato questo Paese con le sue televisioni e le sue televendite trasmesse urbi et orbi. In diafana opalescenza, così come nella trasmissione “Domenica Live” del 16 dicembre scorso.
«Le bugie più pericolose - secondo un aforisma di Georg Christof  Lichtenberg - sono le verità leggermente deformate»!

* Parroco ad Antrosano (L’Aquila)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.