La “verità senza compromessi” di mons. Romero. In memoria dell’arcivescovo a 34 anni dal martirio
Tratto da: Adista Documenti n° 15 del 19/04/2014
DOC-2610. ROMA-ADISTA. È in un clima assai più favorevole che si celebra ormai l’anniversario del martirio di mons. Oscar Romero, ucciso sull’altare il 24 marzo 1980. Se era in atto già da tempo un processo di appropriazione istituzionale dell’arcivescovo salvadoregno - grazie ad un accorto lavoro di neutralizzazione della sua figura, opportunamente spogliata della sua più scomoda dimensione profetica (v. per esempio Adista Documenti nn. 33/10 e 14/13) - è però seguendo la scia di papa Francesco che la gerarchia ecclesiastica sembra aver lasciato definitivamente cadere le sue riserve nei confronti di San Romero d’America. Come infatti ha ricordato Tonio dell’Olio, responsabile del settore internazione di Libera - durante la tradizionale celebrazione ecumenica in memoria dell’arcivescovo martire svoltasi a Roma il 28 marzo per iniziativa del Cipax e del Comitato romano Oscar Romero - papa Bergoglio è «profondamente convinto» non solo della santità dell’arcivescovo, ma anche del carattere martiriale della sua morte: quel martirio in odium iustitiae (anziché semplicemente in odium fidei) che la Chiesa gerarchica, ha evidenziato ancora Dell’Olio, ha fatto (e probabilmente fa ancora) tanta fatica ad accettare. E se anche stavolta, come era accaduto pure lo scorso anno, Bergoglio non ha fatto alcun riferimento a mons. Romero il 24 marzo, la speranza che giunga presto a conclusione il suo processo di canonizzazione, avviato a Roma nell’ormai lontano 1996, è per molti una certezza (v. Adista Notizie n. 20/13). Qualcuno, come per esempio Luisiana de Beltrán della Fundación Romero, si spinge persino ad ipotizzare una data, in realtà neanche troppo vicina: il 2017, 100° anniversario della sua nascita. Dell’imminenza della canonizzazione si dice convinto il vescovo ausiliare di San Salvador Gregorio Rosa Chávez (che tuttavia già nel 2008 esprimeva la sua impressione che ci si trovasse «nella retta finale del processo»; v. Adista n. 29/08): «Tutti i segnali – ha dichiarato in conferenza stampa il 23 marzo – indicano che il momento si sta avvicinando». Romero, ha aggiunto, «avrebbe compiuto 100 anni nel 2017: crediamo che prima di questa data lo vedremo sugli altari» (Religión digital, 23/3).
Neppure esisterebbe più il rischio che la figura dell’arcivescovo possa rappresentare un ulteriore fattore di divisione in un Paese ancora fortemente polarizzato: rischio su cui hanno posto sempre l’accento con grande enfasi i conservatori di Curia e di El Salvador, convinti che un santo debba necessariamente essere segno di unità e dunque far contenti tutti, le vittime salvadoregne come i loro carnefici, finanche quelli che hanno brindato alla notizia dell’assassinio dell’arcivescovo. Il “pericolo”, in ogni caso, sarebbe ormai venuto meno: Romero, ha spiegato Rosa Chávez, «sarà un fattore di unità» una volta elevato agli onori dell’altare. «Vi sono state tante calunne ai suoi danni - ha spiegato -, ma il tempo ha rimesso le cose a posto», per quanto sia stato necessario «superare molte resistenze». Così, «ogni anno c’è sempre più gente che chiede perdono» a Romero «per non averlo capito, per averlo calunniato, per aver festeggiato alla sua morte: tutti stanno comprendendo chi fosse quest’uomo». Anche se, a giudizio del teologo Juan Hernández Pico, ci sono ancora «alcuni settori cattolici delle classi alte che considerano la sua figura politicamente nefasta» e non vorrebbero mai vederla sugli altari (Ihu on line, 24/3).
In ogni caso, un nuovo riconoscimento alla figura dell’arcivescovo è venuto in El Salvador - dove le celebrazioni per il 34° anniversario del suo assassinio sono durate una settimana, con eventi culturali, incontri di riflessione, veglie e pellegrinaggi - dal presidente uscente Mauricio Funes, il quale ha intitolato a mons. Romero l’aeroporto internazionale del piccolo Paese centroamericano, dove già era stato posto un grande murale in suo onore. Quanto al nuovo presidente, l’ex comandante guerrigliero Salvador Sánchez Cerén (v. Adista Notizie n. 11/14), ha già annunciato, lo scorso 27 marzo, di voler incontrare il papa, probabilmente a fine aprile, proprio per perorare la richiesta di provvedere in tempi rapidi alla canonizzazione dell’arcivescovo: «qualcosa – ha detto – che sta aspettando tutto il popolo salvadoregno e che sta aspettando tutta la comunità internazionale».
Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, i commenti del teologo Jon Sobrino (sul numero di febbraio di Carta a las Iglesias) e del direttore di Radio Ysuca (la radio della Uca di San Salvador) Carlos Ayala Ramírez (su Alai del 25/3), seguiti dagli interventi pronunciati durante la celebrazione romana in memoria dell’arcivescovo dal vescovo di Aysén, in Patagonia, Luis Infanti Della Mora e dalla pastora battista Gabriela Lio, segretario del Dipartimento d’Evangelizzazione dell’Ucebi (Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia) e vicepresidente della Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia). (claudia fanti)
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