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SINODO E MEDIA: L’OPACA “TRASPARENZA” SUI CONTENUTI DEL DIBATTITO

Tratto da: Adista Notizie n° 36 del 18/10/2014

37817 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Una premessa. Durante lo svolgimento dei Sinodi, è sempre stato costume di Adista informare sul dibattito che avviene all’interno dell’Aula riportando contenuti, sintetizzati o virgolettati, di interventi significativi dei partecipanti. Lavoravamo sulla base (ma non solo) dei testi – tutti i testi, con i relativi autori – che la Segreteria del Sinodo pubblicava: un servizio indispensabile, dato che i giornalisti non erano, e non sono, ammessi a presenziare ai lavori. A questo eravamo pronti in occasione dell’attuale Sinodo speciale per la Famiglia (v. notizia precedente; v. Adista Notizie nn. 15, 26, 33 e 35), ma amara è stata questa volta la sorpresa riservata ai media da Oltretevere: quanto detto dagli oratori viene sommariamente riassunto con brevi cenni, ovviamente insufficienti rispetto ad un testo breve o lungo, ma argomentato, e soprattutto sempre con soggetto impersonale, tipo: «È stato auspicato…»; «Si è sottolineato…»; «È emersa la necessità…». Ma il “chi dice cosa” è fondamento e garanzia di correttezza dell’informazione. Non sono sufficienti le conferenze stampa quotidiane, le interviste o le frasette messe in tweet fosse pure da ogni membro sinodale. Vogliamo seguire i lavori all’interno dell’Aula, anche con tutte le limitazioni – e ce n’erano – esperite in passati sinodi. Ci stiamo invece scontrando con incompletezza ed evasività, perfino incertezza dell’autenticità delle dichiarazioni che leggiamo: come si fa ad essere sicuri che non siano state operate per esempio delle censure (ma basterebbero eventuali possibili incomprensioni) sul canovaccio del dibattito avvenuto? Sarà una domanda poco elegante o di ingiustificata malignità, ma in tale situazione ci sembra legittima. E dove sono la trasparenza, l’apertura al mondo, il dialogo, il rapporto diretto, la preminenza dell’essere umano sulle strutture che papa Francesco non si stanca di invocare?

Divorziati, risposati, annullati, coppie di fatto

Sic stantibus rebus, il resoconto del dibattito dei primi tre giorni di lavoro assembleare sui temi più “caldi” non può che essere il seguente.

Qualcuno – o alcuni dei padri sinodali – ribadendo l’indissolubilità del sacramento del matrimonio, avrebbe sottolineato che la verità è Cristo e non un insieme di regole, ma che queste regole vanno osservate cambiando le forme concrete della loro attuazione. Tale dottrina va applicata con discernimento spirituale. Dei divorziati risposati comunque si dovrà parlare, con la prudenza richiesta dalle grandi cause. C’è anche chi il divorzio l’ha solo subìto. 

Quanto a dare la comunione a cotanti peccatori, sembra che qualcuno abbia ribadito che l’eucarestia «non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino», secondo le parole del sunto sinodale. Chissà chi è questo “vescovo” che sembra aver già deciso in cuor suo di perdonare i divorziati risposati. E chissà chi è stato a richiamare che le situazioni imperfette bisogna considerarle con rispetto: ad esempio le unioni di fatto (anche le omo? Non si evince dalla traccia diffusa) in cui si convive con fedeltà ed amore: anche esse presentano elementi di santificazione e di verità.

Ai divorziati risposati bisogna inoltre far comprendere, avrebbero ribadito alcuni, che la non ammissione al sacramento dell’eucaristia non elimina del tutto la possibilità della grazia in Cristo e che è importante anche la comunione spirituale. Pare che altri abbiano messo le mani avanti: queste proposte manifestano dei limiti e certamente non vi sono soluzioni “facili”.

Per quanto riguarda l’annullamento del vincolo matrimoniale, alcuni (quanti? Chi?) hanno appoggiato la soluzione avanzata nella Relatio introduttiva (v. notizia precedente).

Più vescovi avrebbero messo in luce la necessità di adeguare il linguaggio della Chiesa affinché, leggiamo, «la dottrina sulla famiglia, la vita, la sessualità sia compresa nel modo giusto: bisogna entrare in dialogo con il mondo» e «il dialogo si può basar su temi importanti quali la pari dignità fra uomo e donna e il rifiuto della violenza».

«Un altro invito – virgolettiamo dalla traccia della Segreteria del Sinodo – ha riguardato la necessità di riflettere anche sul clero sposato delle Chiese orientali, che spesso vive anch’esso delle “crisi familiari”, che possono giungere alla domanda di divorzio» (chissà cosa avrà mai voluto dire, nel contesto di una riflessione sulla famiglia, l’anonimo padre sinodale!).


L’omosessualità al Sinodo

Ogni sessione dei lavori sinodali (due al giorno e sono dette congregazioni) è dedicata ad un tema tratto dall’Instrumentum laboris e introdotto da uno dei presidenti delegati che sono tre: il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, il card. Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila, e il card. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, presidente della Conferenza episcopale brasiliana. 

Le brevi presentazioni sono pubblicate integralmente dal bollettino del Sinodo. Damasceno Assis ha introdotto la sesta congregazione (8/10, pomeriggio) su «Le situazioni pastorali difficili (II parte dell’Instrumentum, cap. 3)», ovvero, come egli ha specificato, da una parte i molti tipi di «situazioni familiari difficili» e «dall’altra le unioni tra persone dello stesso sesso». In relazione alle quali la discussione sinodale «si apre ai seguenti temi: il riconoscimento civile di tali unioni (nn. 110-112 dell’Instrumentum); la valutazione che ne fanno le Chiese particolari (nn. 113-115); alcune indicazioni pastorali in proposito (nn. 116-120)». Ha anche aggiunto empatiche parole sull’accoglienza che la Chiesa deve riservare ai gay, subito riportate dalla stampa. Ha detto: «Lungi dal chiuderci in uno sguardo legalista, vogliamo dunque calarci nel profondo di queste situazioni difficili per accogliere tutti coloro che vi sono coinvolti e per far sì che la Chiesa sia la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».

E la risposta dei padri sinodali? In questa sesta congregazione, come se si fossero trovati in mano una patata bollente. Pare si siano limitati a dire il sempre detto: «Anche per la pastorale per le persone omosessuali si è insistito sulla importanza dell’ascolto, e anche di gruppi di ascolto», leggiamo nella traccia vaticana. (eletta cucuzza)

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