L’Europa non aveva radici cristiane?
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 23 del 27/06/2015
Non è facile esprimere alcuni spunti di riflessione sulla tribolata questione dei profughi e richiedenti asilo che in questi giorni arrivano con maggior intensità e la cui presenza suscita reazioni diverse e contrastanti fra le persone e i rappresentanti della politica. La situazione è in continua evoluzione e quando si leggeranno queste note potrebbe essere accaduto qualcosa di nuovo; nello stesso tempo il fenomeno è strutturale, permanente, planetario.
Ho appena partecipato, qui al Centro di accoglienza e di promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano (Udine) – dove 27 anni fa è iniziata l’esperienza dell’accoglienza che dal 2003 vede la presenza media di 50 persone – a un momento di preghiera per ricordare la mamma di un ospite afgano. L’intreccio della preghiera ...musulmana e cristiana mi ha riconsegnato nell’intimo il senso profondo dell’accoglienza e della reciprocità.
Se posso comunicare i miei attuali vissuti, dopo questi anni di esperienza quotidiana e di impegno a diffondere una cultura ed una prassi dell’accoglienza, leggo nel mio sentire sdegno culturale, etico, spirituale per questa deriva verso la disumanità: «Meglio che muoiano in mare così non arrivano così numerosi da noi». Lo sdegno esige la responsabilità e l’impegno a resistere e a comunicare altri vissuti, altre dimensioni e prospettive, certamente riflettendo, analizzando, cercando di capire.
La crisi in atto non è solo economica. Riguarda soprattutto il venire meno di un progetto comune di umanità, in una visione planetaria in cui la giustizia, la pace, l’accoglienza, i diritti umani uguali per tutti, la custodia della Madre Terra e di tutti i viventi, i rapporti di conoscenza e dialogo con le culture e le fedi religiose diverse non siano aspirazioni dimenticate e non restino dichiarazioni teoriche, bensì diventino pratica quotidiana personale e comunitaria, etica istituzionale e politica.
La crisi, le difficoltà reali di tante persone favoriscono il rifiuto, anche con atteggiamenti e parole disumane. L’incertezza diffusa viene alimentata da presenze considerate estranee, pericolose, nemiche e in numero tale da alimentare le paure di situazioni via via crescenti e incontrollabili. L’emotività irrazionale può così diventare predominante ed essere facilmente assunta da forze politiche così rafforzate ad esprimere il rifiuto in modo inaccettabile per la politica e le istituzioni stesse perché in contrasto con la Costituzione, la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione di Ginevra. Queste posizioni e dichiarazioni di alcuni politici rafforzano l’emotività irrazionale dando vita a un corto circuito molto pericoloso.
La razionalità umana chiederebbe di dire la verità, a cominciare dal non confondere i 5 milioni di immigrati che da anni vivono nel nostro Paese, portatori di ricchezza umana, culturale, religiosa ed economica, con coloro che stanno arrivando in questo ultimo tempo. Verità esigerebbe, senza nascondere i problemi, di confrontare quanto avviene in altri Paesi. Ad esempio negli ultimi tre anni, in Turchia, Paese con oltre 25 milioni di cittadini, i rifugiati arrivati dalla Siria e dall’Iraq sono stati oltre due milioni: uno ogni 35 abitanti; 200mila sono arrivati in pochi mesi solo da Kobane per sfuggire all’offensiva dell’Isis. In Libano si sono rifugiati 2 milioni di siriani, una cifra immensa se si tiene presenti che i libanesi sono solo 2 milioni. Lo scorso anno sono arrivati da noi 170mila migranti dal mare, nei primi 5 mesi e mezzo del 2015 56mila, più qualche migliaio via terra, anche qui in Friuli Venezia Giulia.
Il confronto dovrebbe indurre a riflessione.
La politica europea e italiana sono state e sono disattente, incapaci, inconcludenti; disumane. Dov’è l’Europa che dibatteva sulle radici cristiane? E dov’è l’Italia, Paese cristiano cattolico, della cui appartenenza si vantano anche i razzisti, che non ha elaborato una nuova legge sull’immigrazione e non si è dotata di una legislazione sui richiedenti asilo?
È necessario un progetto di lungo respiro di vera cooperazione da iniziare quanto prima con i Paesi di provenienza, cominciando col rompere ogni nostra complicità con sfruttamento di ambiente, di risorse, di persone; con armi e guerre. E contemporaneamente un progetto e immediati interventi efficaci per impedire che queste persone finiscano nelle mani dei trafficanti e delle mafie e non siano oggetti di speculazioni e di guadagno quando sono accolti nel nostro territorio. L’operazione Mare Nostrum ha salvato decine di migliaia di persone… Un’azione decisiva che dovrebbe, anche con modalità diverse, continuare con questa finalità. Ma poi resta aperta la grande questione del progetto di accoglienza: dove, come, con quali finalità, con quali inserimenti.
È indispensabile la presenza e la partecipazione di noi tutti e di donne e uomini impegnati in politica che abbiano cuore e ragione, lungimiranza e capacità decisionale e organizzativa. Mi pare comunque imprescindibile liberarsi dalla percezione che questa sia una guerra contro chi arriva; nutrire la convinzione che siamo parte di un’unica famiglia umana: nei decenni della ubriacatura materialista-consumista il nostro mondo non si è preoccupato di loro, se non per sfruttarli; poi alcuni Paesi sono andati con gli eserciti a portare con presunzione libertà e democrazia. Ora, peggiorando alquanto le situazioni, arrivano a dirci che nel mondo esistono anche loro e ci presentano “il conto” che riguarda un lungo tempo storico di colonialismo, sfruttamento, violenze, dimenticanze...
Non possiamo dire: «Chi siete, da dove venite?» Altrimenti lo dirà anche a noi Gesù di Nazareth: «Voi di dove siete? Io non vi conosco».
Pierluigi Di Piazza è prete, fondatore del Centro di accoglienza “Ernesto Balducci” di Zugliano (Ud)
* Foto di Andrea Floris, tratta dal sito Flickr, licenza, immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite
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