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Cattolici e politica

Cattolici e politica

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 11 del 19/03/2016

Le vicende che hanno accompagnato l’approvazione in Senato della legge che sancisce diritti e doveri delle coppie di omosessuali riconoscendole come unioni civili, e il dibattito che si è sviluppato  dentro e fuori l’aula di Palazzo Madama hanno rivelato profonde divergenze non solo nella pubblica opinione, ma anche nel mondo cattolico.  

Inducono ad una riflessione sul rapporto Chiesa e politica, che il dibattito ripropone perché coinvolge due temi con indubbie implicazioni etiche su cui la gerarchia cattolica ha da sempre rivendicato piena ed esclusiva competenza: la famiglia  e la sessualità.  

Il card. Angelo Bagnasco, alla vigilia della discussione del disegno di legge, ha proclamato il dissenso della Cei, di cui è presidente. Un milione (???) di cattolici tradizionalisti ...hanno invaso il Circo Massimo a Roma per esprimere la propria radicale opposizione. I senatori che nel Partito democratico si qualificano come “cattolici”  erano pronti a fare obiezione di coscienza alla scelta del gruppo Pd di votare a favore del progetto Cirinnà. Non sono stati della partita, pur se in diverso modo, mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei; le dirigenze nazionali di alcune delle storiche associazioni del laicato cattolico; molti preti; i cattolici del dissenso. Lo stesso papa Francesco non si è coinvolto, dichiarandosi estraneo alla situazione italiana.

Renzi con il suo intervento ha risolto il problema ponendo la fiducia su un testo rimaneggiato secondo le richieste dei tradizionalisti. Resta però senza risposta l’interrogativo se cattolico è ancora una “categoria politica”, anche se non è più tempo di sanzioni o di scomuniche. 

Se ciascuno è, infatti, chiamato a compiere scelte coerenti con la sua fede, e c’è chi pretende di battezzare le sue come le uniche “cattoliche” possibili, si vanifica l’invito rivolto da p. Bartolomeo Sorge, in un’intervista su La Stampa (6/3),  a laici e cattolici affinché si trovi una grammatica etica per dialogare sui valori. Si corre, anzi, il rischio di finire nel ridicolo aprendo nelle parrocchie conflitti come quello minacciato da Renzi per sventare la minaccia di Gandolfini di promuovere il No al prossimo referendum sulle trivelle per punirlo per aver imposto la legge sulle Unioni civili.

Una rinuncia all’uso di criteri di valutazione dettati da condizionamenti confessionali, cioè “ideologici”, impone, però, la capacità di sostituirli con criteri “politici” e con l’impegno ad evitare che le condivisioni/appartenenze e le differenze/divisioni, che ne derivano, generino conflitti insanabili. La necessaria convergenza nella soluzione dei problemi in regime democratico deve essere ricercata attraverso la mediazione. Solo questa è funzionale ad evitare che il prevalere della maggioranza sulla minoranza diventi brutale prevaricazione in nome di principi: affermati assoluti dagli uni e non riconosciuti tali dagli altri.

Non può quindi essere demonizzata una legge che non persegue un bene comune condiviso da tutti, ma garantisce quello di alcuni senza nuocere ad altri. Consentire ai membri di una unione civile di adottare l’uno/a il figlio dell’altro/a, non ha nulla a che fare con il diritto della coppia Vendola ad affittare un utero per riprodurre i propri cromosomi. Un figlio già nato ha diritto a migliorare la sua condizione con l’acquisto di un secondo adulto responsabile. Nessun adulto ha diritto ad avere un figlio “naturale”, sia o non sia nelle condizioni di generarlo. 

Chi ha polemicamente negato questa distinzione, generando equivoci per opporsi a legittime  esigenze, deve interrogarsi se può  dichiararsi seguace di un Maestro che ha predicato un Regno in cui vige la legge del sì, sì; no, no, perché il resto viene dal demonio. Un Regno nel quale non sono ammessi equivoci, se valgono le parole di papa Francesco che in piazza il 2 marzo ha proclamato: «Io penso alcuni benefattori della Chiesa che vengono con l’offerta – “Prenda per la Chiesa questa offerta” – è frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata con il lavoro malpagato! Io dirò a questa gente: “Per favore, portati indietro il tuo assegno, brucialo”. Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio».

Marcello Vigli fa parte delle Comunità cristiane di base

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