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Fede e politica: un poliedrico ritratto di Israele

Fede e politica: un poliedrico ritratto di Israele

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 26/03/2016

38494 WASHINGTON-ADISTA. È un ritratto complesso quello che il Pew Research Center tratteggia di Israele in un ampio studio – dal titolo “Israel’s Religiously Divided Society” – diffuso l'8 marzo scorso.

Il dossier – elaborato a partire dalle interviste faccia a faccia condotte con 5.600 israeliani adulti dall'ottobre 2014 al maggio 2015 – rileva infatti divisioni profonde tra i cittadini israeliani (sia tra ebrei e arabi che tra gli stessi ebrei, i quali rappresentano l'81% della popolazione) tanto sotto il profilo politico quanto rispetto al ruolo della religione nella vita pubblica.

Uno Stato ebraico e democratico?

Nonostante Israele non sia più una società composta prevalentemente da immigrati (attualmente circa il 75% dei cittadini israeliani è nato in Israele), è parere unanimemente condiviso tra gli ebrei israeliani (98%) che tutti gli ebrei ovunque nel mondo debbano godere del diritto di trasferirsi in Israele e di ottenere immediatamente la cittadinanza (come prevede la Legge del ritorno emanata nel 1950). Un'idea che è probabilmente almeno in parte legata alla percezione di un sempre più diffuso anti-semitismo: il 76% degli ebrei israeliani ritiene infatti che questo sia in crescita ovunque nel mondo e circa il 91% sostiene che uno Stato ebraico sia necessario per la sopravvivenza a lungo termine del popolo ebraico.

La stragrande maggioranza della popolazione ebraica (76%) ritiene che Israele possa essere al tempo stesso uno Stato ebraico e uno Stato democratico senza che ciò implichi alcuna contraddizione. A scorgere qualche profilo di incompatibilità sono gli haredim (gli ultra-ortodossi, che costituiscono il 9% degli ebrei israeliani) tra i quali coloro che ritengono non vi sia contraddizione si attestano al 58%: un dato che ovviamente non sta a significare un approccio laico, come si evince dal fatto che l'89% degli haredim ritiene che, in caso di contraddizione tra principi democratici e legge religiosa (halakha), debba essere quest'ultima a prevalere, mentre per il 56% dei masortim (ebrei conservatori, 29% degli ebrei israeliani) e l'89% degli hilonim (i “secolarizzati”, che costituiscono il 49% degli ebrei israeliani) vale il contrario (a livello globale è il 62% degli ebrei israeliani a pensare che debbano prevalere i principi democratici).

Il disaccordo circa il ruolo della religione nella vita pubblica è dunque piuttosto significativo. E il sondaggio lo mette in evidenza anche rispetto a situazioni concrete: per esempio il 96% degli haredim e l'85% dei datim (ortodossi moderni, 13% degli ebrei israeliani) pensa che i trasporti pubblici si debbano fermare durante lo shabbat, mentre è contrario il 94% degli hilonim. E ancora, l'81% degli haredim e il 66% dei datim è contrario al fatto che le donne possano pregare al muro del pianto, mentre il 55% degli hilonim è favorevole (a livello globale, gli ebrei israeliani sono spaccati a metà: il 45% è favorevole, il 47% è contrario). 

Come vivono gli arabi israeliani?

Il 48% degli ebrei israeliani ritiene che gli arabi israeliani debbano essere espulsi dal Paese (il 46% pensa di no): il picco si registra tra i datim (71%) mentre tra gli hilonim la maggioranza (58%) sostiene il contrario (ciononostante all'interno di questo gruppo, che è quello che si definisce secolarizzato, è comunque un cospicuo 36% a essere a favore dell'espulsione). Su tale questione incide fortemente l'appartenenza politica: tra quegli ebrei israeliani che si definiscono di destra (il 37% del totale) è il 72% a essere favorevole all'espulsione, mentre tra quelli che si definiscono di sinistra (l'8% del totale) l'87% è contrario.

Non dovrebbe quindi sorprendere che il 79% degli arabi israeliani dica che in Israele i musulmani subiscono molte discriminazioni, mentre solo il 21% degli ebrei israeliani condivide questa affermazione. Quanto alle esperienze di discriminazione vissute personalmente, un musulmano israeliano su sei ha dichiarato di aver subìto un interrogatorio da parte di funzionari della sicurezza (17%), che gli è stato impedito di viaggiare (15%), che è stato fisicamente minacciato o attaccato negli ultimi 12 mesi a causa della sua religione (15%), mentre il 13% ha dichiarato di aver subìto danni materiali. In generale, il 37% dei musulmani dice di aver subìto almeno una di queste forme di discriminazione a causa della propria confessione religiosa.

D'altronde il 79% degli ebrei israeliani ritiene che agli ebrei debba essere riservato un trattamento preferenziale.

E la Palestina?

La percentuale di quanti, tra gli arabi israeliani, ritengono possibile una coesistenza pacifica tra Israele e uno Stato palestinese indipendente è drasticamente scesa negli ultimi anni: dal 74% del 2013 al 50% rilevato dal sondaggio appena pubblicato (che è precedente all'Intifada scatenatasi nell'ottobre 2015: è quindi ipotizzabile un ulteriore calo; bisogna poi rilevare che il sondaggio non ha preso in considerazione l'ipotesi della soluzione “Stato unico”). Più bassa ma piuttosto stabile la percentuale di ebrei israeliani che la ritengono praticabile: dal 46% del 2013 al 43% del 2015. Tra gli ebrei israeliani sono gli hilonim, con il 56% di “possibilisti”, i più positivi e gli haredim, con un stiracchiato 22%, i più negativi.

Anche in questo caso gioca un ruolo importante l'appartenenza politica: tra gli ebrei israeliani che si dicono di sinistra è l'86% a credere che sia possibile una coesistenza pacifica tra due Stati indipendenti, mentre tra quanti si definiscono di destra è solo il 29% a ritenerlo possibile.

Le colonie…  

Sulla questione delle colonie costruite illegalmente in Cisgiordania si registra una certa pluralità di opinioni. Secondo il 42% degli ebrei israeliani la crescita delle colonie giova alla sicurezza di Israele, mentre per il 30% la danneggia e per il 25% non fa alcuna differenza. È tra gli hilonim che si registra la percentuale più alta di coloro che ritengono le colonie un pericolo per Israele (42%; il 31% le vede invece favorevolmente); mentre tra i datim si registra la percentuale più alta di quanti pensano che giochino un ruolo positivo (68%). Anche in questo caso c'è uno stretto legame con il posizionamento politico: l'81% di quanti si definiscono di sinistra vede le colonie negativamente per la sicurezza di Israele, mentre il 62% di quanti si definiscono di destra le considera positivamente.

Tra gli arabi israeliani il 63% pensa che siano di ostacolo alla sicurezza di Israele e in particolare la pensa così il 61% dei musulmani, il 66% dei drusi e il 79% dei cristiani.

… e i coloni

Gli ebrei israeliani che vivono nelle colonie illegali (circa il 4% della popolazione ebrea-israeliana, esclusa Gerusalemme est) presentano una forte connotazione religiosa: sono perlopiù ortodossi (63%) e al loro interno si registra un 26% di haredim e un 36% di datim (percentuali ben più alte, come abbiamo visto, dell'insieme degli ebrei israeliani). Elemento che si riflette sulla loro visione di Israele. L'85% dei coloni sostiene infatti che Dio abbia dato Israele al popolo ebraico (mentre lo pensa “solo” il 60% degli altri ebrei israeliani). I coloni sono inoltre meno ottimisti circa la possibilità di una convivenza pacifica con uno Stato palestinese indipendente: è solo il 33% a ritenerlo possibile. Mentre sono maggiormente inclini, rispetto agli altri ebrei israeliani (68% contro 55%), ad affermare che il governo israeliano sta facendo sinceri sforzi per arrivare a un accordo di pace. Tra gli arabi israeliani è solo il 20% a pensarla così. 

* Immagine di Edgardo W. Olivera, tratta dal sito Flickr. Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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