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Oltre il quesito

Oltre il quesito

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 17 del 07/05/2016

Col referendum dello scorso 17 aprile si è aperta una stagione referendaria che in Italia non ha precedenti. Con la memoria possiamo, sì, tornare ai numerosi quesiti proposti a raffica dal Partito Radicale, alcuni certamente opportuni, ma diverso era lo spirito che li animava.

Si trattava in quei casi di affermazioni del diritto alla libertà del singolo essere vivente (compresi gli animali). 

I referendum composti da 11 quesiti abrogativi  sui quali  è stata avviata lo scorso 9 aprile la raccolta di firme su tutto il territorio nazionale sono caratterizzati dal prevalere di istanze sociali che si intrecciano e si completano come tasselli di una composizione che alla fine disvelerà  l’immagine progettata. Qui sta la grande novità. 

Il recente referendum contro la trivellazione del fondo marino in cerca di petrolio ha avviato questo processo. Il “sì” – al netto della disobbedienza al diktat renziano – non si è fermato all’aspetto tecnico di miglia marittime e trivelle, reso volutamente  incomprensibile ai più da un’informazione mediatica addomesticata, ma si è proiettato verso un’idea di società libera dalla sudditanza al petrolio, protesa verso energie rinnovabili, consapevole del limite invalicabile cui l’oro nero – dopo decenni e decenni di trionfi – ha condotto il mondo del progresso.

Ma un reale incremento nella ricerca e nell’utilizzo delle energie rinnovabili, emerse come esigenza ineludibile dell’umanità sullo scenario di Parigi COP21, non è ipotizzabile se non in assetti societari ispirati ai principi di uguaglianza, solidarietà, partecipazione, libertà e insieme coscienza del senso del limite. Sono queste le componenti  che sostanziano una democrazia vissuta e condivisa da cittadini e cittadine e dalle loro rappresentanze istituzionali. 

I quesiti referendari coi quali si chiede l’abrogazione di parti inaccettabili di leggi promulgate in diversi settori hanno come denominatore comune la difesa dei principi democratici.

L’ attacco a questi principi – purtroppo messo in atto da un governo di centrosinistra animato dall’intenzione dichiarata di voler rinnovare con riforme ciò che era stato lasciato dormire per anni –  è stato determinante per chiamare a raccolta tutti e tutte coloro che in quell’ansia di rinnovamento hanno visto la sepoltura di principi e di azioni coerenti col dettato costituzionale.

I 4 quesiti che chiedono l’abrogazione di parti della legge 107 /15 denominata “Buona scuola” contestano l’introduzione dell’arbitrarietà della chiamata dei docenti da parte del dirigente scolastico, l’introduzione di un premio per i docenti su criteri arbitrari da parte di un comitato di valutazione cui sono chiamati a partecipare anche genitori e studenti (conflitto di interessi?); l’introduzione di contributi liberali di privati alle singole scuole; l’introduzione di 400-200 ore di “scuola-lavoro” che allontana le classi dallo studio anziché offrire sostegni all’orientamento, funzione precipua della scuola superiore.

Se il referendum sulla scuola vincerà, avremo una scuola più vicina all’Art.33/Cost. e alla legge istitutiva degli Organi Collegiali: nessuna discriminazione tra docenti (già oggi ci sono strumenti normativi per procedere nei confronti di chi si sottrae ai propri doveri), nessuna discriminazione tra le scuole (le donazioni dovranno confluire nella fiscalità generale), autonomia degli Organi Collegiali nella definizione dell’orientamento di alunni e alunne verso esperienze lavorative.

I due quesiti gestiti dalla Cgil, aventi per oggetto il lavoro, vertono sulla cancellazione del cosiddetto lavoro accessorio, con forma di pagamento in voucher di prestazioni lavorative particolari ( di cui si sta abusando soprattutto nel Sud del Paese); sul riordino della giungla dei subappalti; sulla reintroduzione della possibilità di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa (ex art. 18).

Si tratta di ricondurre a un serio impegno lo Stato in osservanza dell’Art. 4/Cost. nei confronti di lavoratori e lavoratrici, dopo l’ubriacatura del jobs act.

I quesiti abrogativi relativi al “no” agli inceneritori e alle trivelle per terra e per mare configurano un più generale rispetto per la salute degli esseri viventi e un addio assoluto al petrolio che – secondo padre Alex Zanotelli –  «deve rimanere sottoterra».

Continua ad affermarsi l’idea di società che ha fatto capolino nel nostro Paese il 17 aprile. Una società che, partendo dalla lettera dei quesiti, si appresta ad andare oltre, pronta a battersi per  la sopravvivenza dell’umanità in un’ottica globale non più scindibile in assetti nazionali, fatta salva la tutela specifica dei principi democratici nel nostro contesto nazionale.

Giusto, dunque, in questa direzione, proporre a chi si reca ai banchetti la sottoscrizione della petizione popolare perché l’acqua, che un referendum con circa 27  milioni di votanti nel 2011 aveva decretato essere “bene comune”, sia finalmente sottratta – come il testo normativo conseguente prevedeva – alle gestioni privatistiche in tutto il Paese.

Sono stati fin qui esaminati otto quesiti abrogativi. Il filo rosso che li unisce è rappresentato da una visione di società ispirata alla giustizia sociale, alla consapevolezza, all’esercizio del principio di libertà  in un contesto di esigenze collettive, ma soprattutto dalla certezza che senza l’intervento diretto dei cittadini e delle cittadine le forze politiche che oggi ci governano, dominate da “un uomo solo al comando”, non intenderebbero mai “cambiare verso” alla loro strategia politica.

In questa direzione, fondamentale è la riuscita del referendum relativo ai tre quesiti “istituzionali”: due per l’abrogazione di parti del cosiddetto “Italicum” (legge elettorale), uno per dire “no” alla “deforma” del Senato.

Qui si gioca la partita decisiva, poiché l’organizzazione di una società più giusta può aver luogo solo se le sue istituzioni non sono inquinate da accordi pre-elettorali tra alcuni partiti che tendono a elettori e elettrici una trappola antecedente ai risultati elettorali. I capilista bloccati e il premio di maggioranza, conferito al partito vincente su un ballotaggio a prescindere dalla quantità dei voti ottenuti, consacrano il primato dell’organizzazione “partito” sulla libera volontà dei cittadini, mentre l’abolizione del Senato, insieme alla sua contestuale conservazione nell’esercizio di un ruolo oggi già svolto dalla Conferenza Stato-Regioni, rischia di confondere la cittadinanza, sensibile in prima istanza solo al maggior risparmio ottenuto dalla riduzione del numero dei senatori, in gran parte non in grado di distinguere il pericolo che sta dietro a tutto ciò: il rafforzamento del potere dell’esecutivo.

La nostra presentazione dei quesiti referendari non può che concludersi con un pressante invito a recarsi ai banchetti nei propri luoghi di residenza, consultando le mappe locali che indicano orari e sedi a ciò adibite, tenendo ben presente che ogni firma è un tassello per la realizzazione di quella società prevista – ma non ancora pienamente realizzata – nella nostra Carta Costituzionale.

Antonia Sani è dell’Associazione “Per la scuola della Repubblica”

* Immagine di John Mosbaugh, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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