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Don Cosimo Scordato: «Perché aumentare gli stipendi dei consiglieri regionali siciliani?»

Don Cosimo Scordato: «Perché aumentare gli stipendi dei consiglieri regionali siciliani?»

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 13/01/2018

39199 PALERMO-ADISTA. Botta e risposta fra don Cosimo Scordato, docente alla Facoltà teologica di Sicilia e rettore della chiesa di San Francesco Saverio all’Albergheria (Palermo) dove anima una vivace comunità cristiana, e Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’Assemblea regionale siciliana (Ars) da poco eletta. Tema del confronto, o dello scontro: gli stipendi dei deputati dell’Ars per i quali – come del resto anche per quelli dei senatori della Repubblica – dal primo gennaio 2018 è decaduto il tetto massimo di 240mila euro annui. Una norma che Micciché difende e anzi rivendica. E che invece don Scordato critica, in nome della giustizia sociale e della dignità della politica. «Caro onorevole Miccichè, abbiamo apprezzato il discorso pronunziato nel giorno del suo insediamento a presidente dell’Assemblea regionale, soprattutto condividiamo con lei il desiderio di una Sicilia bellissima, per sviluppo e trasparenza», scrive don Scordato in una lettera aperta diffusa immediatamente prima di Natale. «Ma ci risulta fortemente imbarazzante – prosegue – il passaggio nel quale lei afferma: “Sono assolutamente contrario al taglio degli stipendi alti, ma da tempo il mondo ha dichiarato fallito il marxismo: non tutti gli stipendi possono essere uguali, non tutto il lavoro è uguale”; sottintendendo che va data rilevanza a meriti e responsabilità diversi».

Continua il prete dell’Albergheria: «Avremmo preferito focalizzare l’attenzione sui bisogni e i diritti fondamentali di tutti i siciliani, senza dare precedenza a quelli acquisiti dal personale regionale»; e comunque, «se proprio vogliamo parlare di merito, ci chiediamo quale merito ha maturato l’amministrazione regionale (governo e Parlamento siciliano) nella sua storia: la Sicilia è tra le ultime regioni per il livello di occupazione e per la qualità delle infrastrutture (ferrovie, strade, collegamenti…), con la pesante compromissione del turismo; presenta gravi inefficienze nel servizio ospedaliero (con particolari criticità nei pronto soccorso), spingendo molta gente a cercare cure fuori dall’isola; bassi sono i risultati conseguiti nella qualità della vita, tanto più che in diverse città ancora oggi non si riesce a risolvere il problema della raccolta dei rifiuti». Tanto che, ammonisce Scordato, «dovremmo parlare di demerito e addirittura, ma è solo una provocazione, dovremmo parlare di restituzione di stipendi e di premi assegnati».

Inoltre, aggiunge, «è proprio vero che nei posti di responsabilità le persone siano state scelte per competenza e professionalità, e non per appartenenza clientelare, mentre tanti giovani plurilaureati, per farsi apprezzare devono andare fuori dalla Sicilia?». Ma se vogliamo parlare davvero di merito, «c’è la difficoltà di scegliere a chi dare la precedenza; pensiamo allo stuolo di insegnanti che giorno dopo giorno (soprattutto nei quartieri popolari) si trovano a portare avanti i ragazzi in mezzo a tante difficoltà e qualche volta con rischio personale; pensiamo a tutte le persone impegnate in lavori umili e anonimi, dalla pulizia delle strade alla guida degli autobus, a tante persone che fanno i turni di notte; pensiamo al personale ospedaliero che, spesso in condizioni veramente precarie, porta avanti la responsabilità di salvaguardare la vita dei malati; pensiamo agli stessi impiegati del servizio pubblico che dietro gli sportelli debbono far fronte alle esigenze della gente; e come non ricordare i piccoli e medi imprenditori che, spesso schiacciati dalle tasse e da una concorrenza spietata, sono costretti ad abbassare la saracinesca vivendo tristemente in solitudine personale e familiare la propria sconfitta».

Gli stipendi sono già fortemente squilibrati, il venir meno del tetto aumenterà ancora di più la forbice, spiega don Scordato. «Cosa possiamo rispondere a tanti anziani che vivono con una pensione tra 600 e 800 euro; a tanti giovani dei call center che si debbono accontentare di mille euro (o spesso anche di meno!); ai lavoratori comuni che debbono sbarcare il lunario con 1.200 euro mensili quando a certi impiegati pubblici e alla stessa classe politica vengono garantiti dai 100mila ai 400mila euro l’anno? Non sarebbe giusto che ci fosse una certa eguaglianza/perequazione (o almeno una distanza minima) tra gli stipendi? Quel passaggio del suo discorso fa insinuare in noi il sospetto che tante volte la classe politica e l’alta burocrazia (nonostante la buona volontà di alcuni singoli) non sembra promuovere il bene comune e in comune tra tutti i cittadini; piuttosto, sembra promuovere prevalentemente se stessa».

Non si fa attendere la risposta di Miccichè, che sottolinea con puntiglio la «legalità» dell’atto, perché appunto previsto dalla legge.

E allora «cambiate la legge con la quale siete agganciati agli stipendi del Senato», replica don Scordato. «Ci sembra che parlare di legalità diventi comodo mentre in verità si sta andando contro la giustizia, ovvero secondo il criterio di una equità, quella condizione che deve far sentire uguali o almeno vicini i cittadini tra di loro, anche a partire dalla vicinanza dei loro stipendi. Dovreste essere ben contenti di percepire cifre che valgono dieci volte tanto lo stipendio medio di un lavoratore anche laureato, e venti volte tanto le grame pensioni di tanta povera gente!».

Oltre che un’evidente misura di equità sociale, il ridimensionamento – o quanto meno il non innalzamento – degli stipendi, secondo Scordato sarebbe un gesto anche per tentare di riscattare la classe politica.«Siamo convinti che l’assenteismo dalle votazioni sia il sintomo grave della distanza siderale che separa coloro che percepiscono stipendi d’oro e la gente comune in condizioni di vita, se non proprio di sopravvivenza o addirittura di morte (ricordiamo con tristezza e amarezza i gravissimi casi di clochard morti di freddo negli ultimi giorni per strada, a Palermo). Vorremmo riscattare il vostro buon nome dinanzi alla collettività»; «certamente ne guadagnereste non in soldi ma in stima da parte della gente».

* Aula dell'Assemblea regionale siciliana (Ars), Palazzo dei Normanni - Palermo; foto di Civa61 del 2013, tratta da Wikimedia Commns, immagine originale e licenza

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