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La condanna a Lula, “un golpe dentro il golpe”

La condanna a Lula, “un golpe dentro il golpe”

Tratto da: Adista Notizie n° 4 del 03/02/2018

39230 PORTO ALEGRE-ADISTA. Che il colpo di Stato parlamentare-giudiziario-mediatico realizzato nell’agosto del 2016 contro la presidente Dilma Rousseff dovesse avere come epilogo la condanna di Lula e la sua esclusione dalle elezioni presidenziali lo avevano previsto in molti. “Un golpe dentro un golpe” è stato non a caso definito il processo, conclusosi con la condanna in secondo grado dell’ex presidente operaio per corruzione politica e riciclaggio di denaro e l’aumento della pena a 12 anni e 1 mese di reclusione (contro i 9 anni e 6 mesi della condanna in primo grado da parte del giudice Sérgio Moro). Una condanna basata, come hanno evidenziato centinaia di giuristi, su mere supposizioni, non essendoci prove a supporto dell’accusa per cui è stato processato l’ex presidente: quella del presunto occultamento della proprietà di un appartamento di lusso a Guarujà intestato all’impresa di costruzioni OAS, che Lula avrebbe acquistato a un prezzo vantaggioso in cambio del suo intervento a favore dell’assegnazione di appalti con la Petrobras.

Malgrado due anni di indagini e di intercettazioni, non un singolo documento è stato fornito che dimostri che sia Lula il proprietario dell’appartamento, come neppure è stato individuato il vantaggio che da tale operazione avrebbe tratto l’impresa. Tutto si è basato sostanzialmente sull’uso della delação premiada - la collaborazione con i magistrati in cambio di uno sconto di pena -, spesso e volentieri ottenuta esercitando pressioni indebite. E quanto fosse inconsistente l’impianto accusatorio lo ha poi definitivamente dimostrato la recente sentenza della giudice Luciana de Oliveira, la quale ha disposto il pignoramento dello stesso immobile a vantaggio dei creditori dell’OAS, con ciò eliminando ogni dubbio sul fatto che fosse l’impresa la proprietaria dell’appartamento. Per i giudici del TRF-4, João Pedro Gebran Neto, Leandro Paulsen e Victor Luiz dos Santos Laus, questo tuttavia non è bastato: come ha affermato Gebran, il primo a esprimere il proprio voto, vi sarebbero «prove al di sopra di ogni ragionevole dubbio» che l’immobile dell’impresa OAS fosse destinato a Lula e il mancato trasferimento della proprietà all’ex presidente non sarebbe essenziale per «comprovare il riciclaggio di denaro».

La condanna di Lula da parte dei giudici del TRF-4 non ha comunque piegato il Brasile democratico e di sinistra. Tutt’altro che scoraggiato è apparso l’ex presidente, che, al termine dell’udienza d’appello, parlando nella Praça da República di São Paulo di fronte a oltre 50mila persone, ha denunciato il carattere politico della sentenza – «Non potevano ammettere che un metalmeccanico senza diploma sia passato alla storia come il presidente che ha costruito più università» – e ha ribadito la sua volontà di continuare a lottare: «Non sono preoccupato, perché non potranno catturare le idee, le speranze, i sogni di libertà». E sul piede di guerra restano i movimenti riuniti nel Frente Brasil Popular, per nulla sorpresi da una condanna funzionale al programma di smantella mento dei diritti dei lavoratori e della distruzione dello Stato sociale. «Continueremo a denunciare che l’elezione senza Lula è frode, ed è il coronamento del golpe. Continueremo a combattere gli attacchi ai diritti conquistati dal popolo e al patrimonio della nazione. Solo l’unità e la mobilitazione popolare possono mettere fine a questa crisi e piantare semi di un futuro di vita degna per il popolo brasiliano».

Deciso a portare avanti la lotta in difesa della democrazia, nei tribunali – con i ricorsi che la difesa presenterà al Supremo Tribunale di Giustizia e al Supremo Tribunale Federale – «e soprattutto nelle strade», si è detto anche il Partito dei Lavoratori, che, come già più volte annunciato, sosterrà Lula come candidato alla presidenza della Repubblica. Spetterà poi al Tribunale Superiore Elettorale decidere, a partire dal 15 agosto, rispetto all’eventuale impugnazione della sua candidatura sulla base della Legge Ficha Limpa emanata dal governo Lula nel 2010, che proibisce a chi sia stato condannato in secondo grado di presentarsi alle elezioni (un processo che potrebbe anche non concludersi prima delle elezioni presidenziali di ottobre). 

Praça da República - São Paulo (particolare della Scuola Normale) in una foto di Guilherme Gaensly del 1890 ca., tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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