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“Adista” e il rapporto con la Sinistra Indipendente e il Pci

“Adista” e il rapporto con la Sinistra Indipendente e il Pci

Tratto da: Adista Documenti n° 13 del 14/04/2018

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Vorrei innanzitutto ringraziare per questo invito ed esprimere tutta la mia gioia per queste nozze d’oro; per questi 50 anni che stiamo celebrando.

Sono stati 50 anni di fedeltà profonda alle proprie origini ed alle proprie ragioni; molti di quelli che c’erano allora non ci sono più; molti nuovi volti si sono aggiunti. Ma in ogni caso ad Adista siamo sempre gli stessi; siamo stati sempre gli stessi; non ci siamo mai lasciati. Ed è per questo che io parlo di nozze d’oro legate a una profonda fedeltà.

Faccio un esempio tra i tanti possibili: quando l’anno scorso ho chiesto ad Adista se intendevano sostenere l’iniziativa di rilanciare il cartello dei “Cattolici per il No” al referendum sulla Costituzione come avevamo già fatto nel 1974, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, la redazione di Adista mi ha risposto subito di sì, in maniera convinta. Mi è sembrato in quella occasione evidente la continuità che legava le scelte del passato a quelle attuali; mi è sembrato come se si riprendesse un discorso interrotto solo il giorno prima; come se non fossimo mai usciti da quella redazione in cui ci siamo trovati assieme a discutere e ragionare tante volte. E alla fine quel referendum, come il precedente, lo abbiamo vinto.

Permettetemi quindi di lanciare questo primo spot: con Adista si vince. E dobbiamo renderci conto che si vince, e che la vittoria al referendum della Costituzione, come anche altre vittorie, sono vittorie di tutti. Altrimenti la festa per questi 50 anni diventa solo la celebrazione di un amarcord. Ma non sono stati solo anni di sconfitte, nonostante ve ne siano state tante e di portata anche rilevante. Ma anche 50 anni di vittorie significative, che hanno cambiato il volto della Chiesa e della società italiana. Oltre quella del referendum voglio ricordare un’altra grande impresa patrocinata da Adista, quando rompemmo l’unità politica dei cattolici presentandoci come indipendenti nelle liste del Partito Comunista. Non voglio dire che fu grazie ad Adista che ce la facemmo a conquistare voti o seggi; a quello ci pensò il Pci. Non è quella più immediatamente visibile la vittoria che dobbiamo ad Adista. Con Adista vincemmo una battaglia culturale e politica, realizzammo un evento ecclesiale e politico di tale dignità e portata che dopo di esso la Chiesa non sarebbe stata più la stessa; e questo sia che avesse reagito alla nostra candidatura con la scomunica, sia che avesse accettato – come poi di fatto è avvenuto – la nostra scelta di laicità. Quello che noi volevamo cambiare era il quadro della democrazia in Italia, ma quella che cambiava in realtà era la Chiesa cattolica.

Allora permettetemi lanciare il secondo spot: con Adista la Chiesa non rimane più la stessa. Non intendo certo fare adesso una storia della Sinistra Indipendente in Italia. È una storia molto più ricca di quanto se ne sa o se ne dice; e c’è un enorme materiale su questo argomento disponibile sia nelle annate di Adista, sia negli atti parlamentari, sia nella memoria di molti di coloro che furono artefici di quella esperienza, sia in molti archivi – come il mio – che potranno essere messi a disposizione di chi ha interesse a studiare questa vicenda. Non farò qui questa storia sia perché non ce ne sarebbe il tempo, sia perché coinvolgerebbe troppo le emozioni di chi parla, perché devo dire che su quella scelta io ho messo in campo tutta la mia identità politica e religiosa, la mia appartenenza ecclesiale, le mie amicizie e la mia buona fama. Su quella scelta si è davvero giocata la mia vita. Naturalmente ne valeva la pena, perché in quella fase storica si aprivano delle questioni che andavano molto al di là del contesto immediato in cui si ponevano e anche al di là dello stesso caso italiano. Tali questioni si sono poi protratte nel tempo e solo ora si stanno sciogliendo. Nel rievocare la mia candidatura come indipendente di Sinistra alcuni mesi fa Adista, in un articolo di Alessandro Santagata, ha ricordato come io motivassi la mia scelta sostenendo che essa interrogava la strategia di fondo della Chiesa del Dopoguerra. Perché la Chiesa italiana dopo la caduta del fascismo si era rifugiata nei privilegi offerti dal Concordato e nelle garanzie offerte dal monopolio politico del partito cattolico. Quando giunse il momento in cui queste garanzie iniziavano a venire meno e la sinistra proponeva la sua candidatura al governo del Paese – in particolare il Partito Comunista – quella sinistra e quel partito smettevano di essere antireligiosi e anticlericali. Davanti ad un partito e ad una sinistra laica la Chiesa, scrivevo, si trovava davanti a un’alternativa: privilegiare la sua natura di comunione di fede, di sacramento di salvezza per tutto il popolo di Dio. Ma allora la Chiesa avrebbe dovuto porre in modo del tutto diverso il suo rapporto con il mondo, accettando la propria fenomenicità storica; oppure avrebbe dovuto rivendicare se stessa come una società separata e indipendente, al prezzo però di riaprire la questione romana: una Chiesa già spogliata da Porta Pia, ma poi spogliata anche nelle urne avrebbe dovuto cercare altri modi per ricostituire un regime di cristianità, se avesse compiuto quella scelta.

Ebbene, l’alternativa tra una Chiesa intesa come comunione e come istituzione separata è rimasta irrisolta per 50 anni, nei quali ci sono stati da parte della Chiesa maldestri tentativi di una rivincita temporale e mondana. Come quelli avvenuti sotto il pontificato – che io definirei neo carolingio – di Wojtyla, che credeva di essere stato lui a far cadere il muro di Berlino; o quelli legati al progetto culturale e ai valori non negoziabili di Ruini. Fallite queste strade il nodo è venuto ora al pettine e comincia ad essere sciolto. E oggi papa Francesco ha operato precisamente la scelta di privilegiare la Chiesa come comunione di fede di promuovere non la salvezza della Chiesa ma la salvezza dell’umanità – come ha affermato il 2 dicembre scorso la biblista Rosanna Virgili nella sua relazione all’assemblea romana di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” –, di impostare in modo del tutto diverso il rapporto con il mondo. E proprio quando nel 2016 la vecchia Europa gli portava a Roma il premio Carlo Magno, quasi a rie vocare Il sogno di Costantino, il papa indicava l’uscita della Chiesa dal regime di cristianità e confermava la rinuncia alla regalità. Rivendicava cioè le radici cristiane non dell’Europa, ma della pluralità e comunione di tutti i popoli europei, compresi quelli non cristiani e non cattolici che avevano fatto l’Europa. Del resto, il cristianesimo al di fuori dei confini di Roma e dell’Italia è stato portato in Europa dai Goti, cioè dagli ariani, i seguaci di Ario guidati dal vescovo Ulfida. Se sotto il pontificato di Francesco accade tutto questo vuol dire che non si è lottato invano; e che non è stato invano che Adista ha contrastato il neo temporalismo della Chiesa romana, anche se lo faceva e lo fa in condizioni di precarietà e di debolezza. Permettetemi allora il terzo spot: con Adista si lotta anche se si è deboli. Che cosa ha permesso che le ragioni profonde che stavano dietro alla scelta della Sinistra Indipendente trovassero uno spazio pubblico, ottenessero consenso, non fossero banalizzate o sfregiate; entrassero insomma nel dibattito pubblico? La risposta è Adista. Noi non avevamo mezzi, non avevamo giornali, i talk show televisivi ancora non c’erano, e quando una volta mi invitarono a un dibattito radiofonico fu perché mi avevano preparato un agguato. Le forze erano impari e Paolo VI poteva affacciarsi alla finestra e dire che noi avevamo tradito; che i suoi amici più cari e colleghi più fidati, i confratelli della medesima mensa si erano ritorti contro di lui. E noi non avevamo le stesse finestre per replicare. Adista era la nostra sola finestra, piccola, povera, ma sempre pronta e appassionata nel difendere le ragioni di chi non aveva voce. Ed è stato straordinario che attraverso una finestra così piccola siano riuscite a passare ragioni così forti da farsi ascoltare allora e a continuare a farsi ascoltare sino ad oggi. Bisogna infatti dire che quella ragione ecclesiale che aveva dato vita alla Sinistra Indipendente e che era passata attraverso le pagine di Adista ha continuato a fermentare fino a ritrovarsi poi 40 anni dopo insieme ai movimenti popolari nell’aula vecchia del Sinodo ad ascoltare un papa che invitava a continuare la lotta. Inutile dire che il papa non ha cambiato abbastanza cardinali. Non è questa la novità del pontificato di Francesco. Riprendendo il discorso di Giovanni Avena, quell’antinomia che lui ha individuato tra la vocazione di Dio e la vocazione per gli uomini è stata una drammatica contraddizione che ha attraversato i secoli. Quella antinomia quella contraddizione ora è finalmente sciolta: quello che sta dicendo questo papa è infatti che la vocazione di Dio e la vocazione degli uomini sono la stessa cosa e che la Chiesa sono gli uomini e donne; la Chiesa siamo noi; la Chiesa è la salvezza annunziata al mondo. La novità è questa ed è per questo che dico abbiamo vinto. Che ci importa allora degli ultimi residui di un vecchio Concordato quando sta cambiando l’annuncio fondamentale a cui noi abbiamo dedicato le nostre vite?

Questa che abbiamo di fronte non è la novità di un momento, legata alla circostanza di un papa che si è affacciato dal balcone e ha detto “Buonasera”. Non è questo! Nell’arco di questi 50 anni si è chiuso un processo che è iniziato con il Concilio Vaticano II ed è terminato con papa Francesco. E adesso si ripercuote sulla Chiesa e sul mondo. Questi 50 anni sono 50 anni in cui è cambiata la Chiesa e noi dobbiamo essere consapevoli dell’importanza di che cosa vuol dire essere portatori di questo annuncio. Rappresentiamo la continuità di questo processo, la dobbiamo rivendicare, perché a queste novità abbiamo concorso con le lotte di questi 50 anni. Adista è stata dentro questa dinamica di trasformazione, con tutte le contraddizioni e se volete anche con tutti gli sbagli e gli eccessi che è possibile commettere: se non riconoscessimo la fecondità di questo percorso dovremmo chiuderci nella disperazione, nello sgomento, nella delusione. Come è potuto accadere questo miracolo di fedeltà, di lungimiranza e di ininterrotta informazione, nonostante le difficoltà? Credo sia avvenuto per la qualità delle idee, delle argomentazioni, per la coscienza ecclesiale salda di quelli che allora apparivano i contestatori, i traditori; per la qualità delle informazioni, della riflessione; per la capacità professionale di quelli che facevano Adista; e anche per la rete di contatti, di relazioni che si sono potuti creare nel grande bacino della comunità cristiana, del cattolicesimo politico e della sinistra laica.

Permettetemi un quarto spot: non è nella contestazione ma nella forza delle proposte che Adista ha contribuito a riformare la Chiesa. Quello della Sinistra Indipendente è solo uno dei capitoli del contributo che Adista ha dato alla maturazione di una coscienza ecclesiale e politica e dell’informazione religiosa in questo Paese. Ma questo spezzone può essere preso come argomento forte per sostenere che Adista deve continuare, deve essere sostenuta: la sua eclisse provocherebbe una zona d’ombra, un vulnus per componenti e dimensioni importanti della Chiesa e della società. E allora non si potrebbe più dire che con Adista si vince; che con Adista la Chiesa cambia; che con Adista si lotta anche se si è deboli; che con Adista si vince non con il grido della protesta ma con il tentativo di argomentare una proposta.

Permettetemi di concludere con un ultimo spot: Adista è un bene comune. Questo è un periodo in cui se non si salvano i beni comuni si perdono anche i beni personali e perciò preservare e potenziare i beni comuni è una responsabilità comune. Buon compleanno Adista

* Raniero La Valle (foto di Giampaolo Petrucci)  

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