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Corridoi umanitari: la ricetta funziona e sfida la politica

Corridoi umanitari: la ricetta funziona e sfida la politica

Il 29 maggio, 66 rifugiati siriani, di cui 21 under 14, sono arrivati ieri mattina all'aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino (Roma), nell'ambito del progetto sui corridoi umanitari, promosso dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) e la Comunità di Sant'Egidio e finanziato totalmente con l'8x1000 valdese e metodista.

Anche la Chiesa italiana, sempre in partenariato con Sant'Egidio, e sempre attingendo ai suoi fondi 8x1000, ha avviato un suo programma parallelo ma molto simile. Il 30 maggio, i corridoi umanitari targati Cei hanno condotto in Italia, sempre all'aeroporto di Fiumicino, 50 profughi del Corno d'Africa, tra cui numerosi bambini e malati, portando a quota 200 il numero dei migranti sui 500 complessivi previsti dal progetto. Per loro Caritas e Fondazione Migrantes hanno predisposto in tutta Italia «un percorso di integrazione nel nostro Paese, che prevede l’apprendimento della lingua italiana, la scolarizzazione dei minori e un rapporto costante con famiglie e realtà presenti sul territorio» (Sir, 30/5)

Ad oltre due anni dall'avvio del progetto pilota ad opera della Fcei e Sant'Egidio, la ricetta dei corridoi umanitari dimostra tutta la sua efficacia e sostenibilità di fronte alla recente crisi migratoria. Ma le istituzioni italiane ed europee, oltre a salutare la “buona pratica” nelle dichiarazioni ufficiali, ancora non si sono attrezzate in questa direzione, preferendo piuttosto puntare su politiche securitarie, di contenimento e di esternalizzazione delle frontiere, promuovendo accordi con Paesi terzi e finanziando governi dal dubbio profilo di democraticità e tutela dei diritti umani.

Quella dei corridoi, ha dichiarato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliato, «non è un’Italia della paura, ma un’Italia che invece vuole proteggere: è preoccupata, non di se stessa, ma degli altri. Da noi ci sono problemi, ma chi viene dalla guerra ha problemi ben più gravi». «Sono tante le famiglie, in tutte le regioni italiane, disposte ad accogliere. Un forte desiderio di dare risposte umanitarie, che si moltiplicano, a una crisi drammatica e che non finisce. Il tam tam dell’accoglienza precedente è stato talmente positivo che altri, liberamente, hanno deciso di accogliere».

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