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Con Medellín siamo un esercito di sognatori

Con Medellín siamo un esercito di sognatori

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 33 del 29/09/2018

Tra il 30 agosto e il 2 settembre, il Terzo Incontro Continentale di Teologia Latino-Americana e Caraibica è stato celebrato in El Salvador, in occasione dei 50 anni di Medellin (1968), l’incontro dei vescovi latinoamericani e caraibici che sancì la grande svolta della Chiesa verso i poveri e la loro liberazione. Diamo qui parte del rapporto finale che ci offre un riassunto dell'evento sponsorizzato dalla Rete Amerindiana all'Università UCA di San Salvador. I presenti - più di 600 tra teologi, teologhe e operatori pastorali, tra cui Leonardo Boff - hanno poi sottoscritto un testo di supporto a Papa Francesco di fronte all'opposizione e alla resistenza che ha sofferto ultimamente da parte dei gruppi più conservatori della Chiesa.  

1. Siamo qui presenti giovani studiosi e teologi, così come alcuni fratelli e sorelle di Chiese evangeliche e pentecostali.

2. Stiamo vivendo un'esperienza segnata da gioia e affettuosa convivenza, espresse in belle feste, dialoghi di gruppo, conferenze, teatro, musica, danza e pellegrinaggio ai luoghi santi del martirio dell'arcivescovo Romero e di altri martiri. Le nostre Chiese hanno iniziato a spostare il loro sguardo da una prospettiva un tempo centrata su di sé a una prospettiva di Chiesa o, come dice ora papa Francesco, «in uscita». Medellín ci ha dato una missione: essere «una Chiesa povera, missionaria e pasquale, al servizio della liberazione di tutta l'umanità e di ogni essere umano in tutte le sue dimensioni» (Medellín 5, 15).

3. In questi giorni stiamo re-imparando a leggere la nostra fede e a viverla a partire dai principi che ci ha insegnato l’arcivescovo Oscar Romero, il sacerdote assassinato Ellacuría e tanti altri fratelli e sorelle, nostri maestri e maestre alla sequela di Gesù. Tutti loro ci rivelano che dobbiamo vivere la fede riservando attenzione e importanza alla realtà sociale, politica e culturale, guardando alla causa degli impoveriti.

4. A Medellín, la Chiesa si è inserita nei processi di trasformazione sociale e politica vigenti nel continente. Non riposeremo fino a quando non potremo vivere un'economia al servizio del bene comune e prenderci cura della Terra, dell'acqua e di tutta la natura a cui apparteniamo come figli e figlie.

5. In tutto il continente, continuiamo a mettere in discussione ciò che Medellín chiamava "violenza istituzionalizzata". Ad oggi, la società dominante non rispetta né apprezza le comunità indigene di diversi gruppi etnici e le loro culture ancestrali.

6. Ci uniamo alle lotte delle donne che, in tutti i Paesi, sono vittime di vari tipi di violenza. In questi 50 anni, abbiamo riconosciuto i contributi della teologia nera e dei popoli indigeni e, in modo particolare, la proposta avanzata dalla teologia femminista di pensare una Chiesa reale fondata sul discepolato di uguali. Assumiamo la causa delle vittime di abusi sessuali commessi su bambini, adolescenti e donne, e fratelli e sorelle LGBT. È urgente cambiare la struttura patriarcale e clericale delle nostre Chiese.

7. Conosciamo i massacri di giovani, specialmente poveri e in alcuni Paesi per la maggior parte neri, vittime del deterioramento delle condizioni di vita e della violenza urbana. Alcuni dei nostri giovani teologi e teologi stanno accompagnando queste lotte in modo creativo.

8. Le conquiste derivanti da nuovi processi sociali e politici appartengono al popolo e meritano di essere difesi fin dalla base.

9. Denunciamo la responsabilità dell'impero americano, che persegue la sua politica di destabilizzazione dei governi che non si piegano alle loro pretese coloniali. Noi continueremo a combattere le politiche xenofobe, razziste e disumanizzanti del presidente degli Stati Uniti contro i migranti, in particolare i nostri poveri fratelli e sorelle che cercano di passare la frontiera verso il nord americano.

10. La Conferenza di Medellín proponeva una Chiesa profetica, al servizio della liberazione dei nostri popoli a partire dall'opzione per i poveri. Oggi vogliamo impegnarci nel progetto di una Chiesa più sinodale e coraggiosa, in dialogo permanente con l'umanità e soprattutto con i movimenti sociali, organizzati per cambiare il mondo.

11. Riconosciamo come segno dello Spirito la proposta del "Buen vivir", che riceviamo dai popoli originali del continente e che comprendiamo come cammino verso una società di comunione, che privilegia il bene comune rispetto al bene particolare e prende sul serio i diritti della Madre Terra e della Vita.

Gli zapatisti del sud del Messico ci hanno insegnato: siamo un esercito di sognatori. Quindi siamo invincibili. Come diceva Oscar Romero, «Continuiamo a fare ciò che possiamo fare, ma l’importante è farlo». In questa speranza ferma e incrollabile, il potere dello Spirito espresso nella forza dei poveri ci illumini e ci guidi attraverso le vie del Regno.  

* Immagine della locandina del III Congreso Continental de Teologia Latinoamericana y Caribeña, tratta dal sito web

 

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