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“Esistono ancora i cattolici democratici?”. Un dibattito sempre attuale

“Esistono ancora i cattolici democratici?”. Un dibattito sempre attuale

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 01/12/2018

39586 ROMA-ADISTA. Il dibattito, ciclicamente, torna ormai da oltre dieci anni, e si sviluppa sempre intorno alla stessa domanda: “Esistono ancora i cattolici democratici?”. Recentemente, a porla di nuovo è stato il vaticanista Paolo Rodari sul suo blog (www.paolorodari. com) il 12 novembre scorso, aprendo un dibattito a partire dal risultato elettorale del 4 marzo, con la quasi totale scomparsa – scrive – dei “partiti plurali” che accoglievano al loro interno culture politiche diverse, comprese quelle cattoliche. Anche perché, rileva ancora Rodari, non sono pochi coloro che si ritrovano fuori dal quadro politico attuale, pieno di populismi, nazionalismi, sovranismi: fra questi anche coloro che si sentono vicini al cattolicesimo politico, democratico e sociale italiano. «Una presenza importante ma oggi, come mai prima, incredibilmente flebile. Perché?». Rodari ritiene quella del cattolicesimo democratico una questione dirimente, poiché «consapevole che la conservazione e la qualità della democrazia italiana può dipendere anche da un riaffermarsi di questo cattolicesimo dalla storia non certo marginale».

Il primo ad intervenire è Piero Bargellini, 67 anni, militante Acli di Pistoia e collaboratore dell’Ufficio Studi del movimento, oltre che membro della redazione del giornale diocesano La Vita e della commissione della pastorale sociale della stessa diocesi di Pistoia.

Per Bargellini, «gli anni ’60 sono il periodo di massimo fulgore del cattolicesimo democratico; menti illuminate e il ricambio dei vertici della Chiesa lo assumono e lo fanno proprio. Molti operatori sono animati da due precise convinzioni: una è la convinzione delle nuove teorie economiche che stanno dando i loro buoni frutti, e l’altra è un forte spirito evangelico a servizio dei lavoratori vissuti come i più bisognosi di aiuto. Sarà proprio questa duplice motivazione che al tramonto del keynesismo porterà molti cattolici democratici a disperdersi in mille rivoli perdendo quella visibilità e forza che avevano avuto per almeno tre decenni». Negli anni ’70, prosegue Bargellini, «il cattolicesimo democratico nel suo aspetto più propriamente politico è ancora capace di portare a termine importanti riforme come il nuovo diritto di famiglia e la riforma sanitaria, inoltre dà il contributo di sangue di gran lunga maggiore al terrorismo, segno evidente che è ancora vivo e vegeto».

Poi però con la fine del comunismo, secondo Bargellini «cade l’ultimo legame che aveva tenuto assieme un quadro politico ormai logoro e senza più una prospettiva economicosociale » e «a distanza di qualche lustro possiamo dire che il cattolicesimo democratico, così come lo abbiamo conosciuto nel ’900, è scomparso; tuttavia rimangono i cattolici democratici». Qualcosa anche oggi resta: «Rimane la Cisl che però ha perso la cornice teorica all’interno della quale ascrivere il proprio operato; rimangono le Acli, anch’esse con lo stesso problema, ma con il vantaggio di stare sotto l’ombrello della Chiesa in attesa di tempi migliori; rimane l’Agesci che non avendo finalità politiche ma solo educative è stata poco coinvolta da questo cataclisma; rimangono le mille e mille associazioni di base, a cominciare dalle parrocchie, dove si svolge il volontariato sociale». Insomma, secondo il militante aclista, «I cattolici democratici non sono scomparsi, solo che non sono più immediatamente visibili, ma ci sono. Essi non hanno più una prospettiva comune sia economica che politica perché essa è morta sotto le macerie del muro di Berlino; non ce l’hanno loro come non ce l’ha tutta la sinistra italiana, politica o sindacale che sia; rimane tuttavia intatto lo spirito evangelico di servizio agli ultimi».

Qualcosa, insomma, continua a muoversi. E «Si va affermando un nuovo soggetto sociale, che per ora rimane tale, ma ha tutte le potenzialità per cresce e svilupparsi come soggetto autonomo culturalmente e politicamente» Non è d’accordo Stefano Ceccanti, costituzionalista dell'Università La Sapienza, deputato del Pd, già presidente nazionale della Fuci, che in un intervento pubblicato il 18 novembre risponde sia a Bargellini che a Rodari, esprimendo sostanzialmente tre dubbi ed una critica di fondo. Per quanto riguarda i dubbi, il primo concerne la scelta di «impostare un dibattito oggi di tipo intra-cattolico su dove siano i “cattolici democratici”: penso che sia una forma di autoghettizzazione».

Se infatti è vero «che sono in crisi le forze che sono state il perno del secondo sistema dei partiti, questo non rilancia affatto partiti identitari, ma nuove forme comunque plurali: la Lega è un partito nazionale anti-immigrati che raccoglie tutti con questa priorità e il M5s è un originale esperimento populista italiano molto eterogeneo come provenienze. Tutto sono, comunque, tranne un rilancio di vecchie identità. E, fermo restando il calo molto pronunciato della pratica religiosa nelle fasce più giovani, cattolici ne troviamo ovunque, sia nelle forze per il momento declinanti sia in quelle in ascesa».

Ceccanti dubita anche che «esista un cattolicesimo democratico nella società senza rappresentanza in politica perché è stata ed è l’offerta politica che ha plasmato quello che definiamo cattolicesimo democratico, trainando dalla politica l’evoluzione della Chiesa, ben più di quanto non sia accaduto in senso inverso». E ancora, il costituzionalista ed ex presidente della Fuci non è nemmeno convinto «che prima del 1989 il cattolicesimo democratico si definisse “tout court” come keynesiano senza aggettivi e senza problemi».

«A dir la verità, dal punto di vista culturale, il cattolicesimo democratico, sul piano della cultura politica, si è scomposto e ricomposto proprio su questa linea di frattura, cioè se lo Stato dovesse essere soprattutto regolatore più che gestore diretto. Chi ha proposto la prima impostazione (...) si è comunque ritrovato e si ritrova vicino al Pd di questi anni, insieme ad altri che vengono da altre tradizioni della sinistra che erano nate più liberali o che avevano assorbito nel tempo elementi di liberalismo».

Insomma, conclude Ceccanti, «non è esattamente che i cattolici democratici non esistano sul piano politico, è che a partire da quella tradizione si sono create divisioni e nuove convergenze che non sono reversibili (...). Per carità, altre cose potranno avvenire, ma non è che il filo si potrà riavvolgere come se nulla fosse accaduto».

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