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Prima il silenzio, ora il rumore. E l'Africa resta vittima della disinformazione

Prima il silenzio, ora il rumore. E l'Africa resta vittima della disinformazione

Un rinnovato interesse per l'Africa e per gli africani nella stampa nazionale? Si, vero, ma purtroppo «non nel modo che speravamo». L'editoriale di Pier Maria Mazzola sul numero di marzo-aprile del bimestrale Africa, rivista della Provincia italiana della Società dei Missionari d'Africa (più noti come Padri Bianchi), prende le mosse dall'ultimo rapporto dell'associazione “Carta di Roma” e dell'Osservatorio di Pavia per riconoscere che, «forse per la prima volta dal Dopoguerra», l'Africa si ritrova «al centro dell’attenzione dei media e dell’opinione pubblica».

Finalmente, verrebbe da dire ricordando le innumerevoli occasioni in cui la stampa di settore, il mondo missionario e gli organismi umanitari hanno accusato i media mainstream italiani di provincialismo e scarsa attenzione alle vicende del continente nero. Campagne e mobilitazioni come per esempio quelle sulle “guerre dimenticate” o sui “minerali insanguinati” non hanno riscontrato l'eco che ci si attendeva, anche per la portata globale di quei drammi locali.

Eppure non c'è nulla da festeggiare, perché purtroppo oggi «l’Africa si è imposta all’attenzione esclusivamente come serbatoio di emigrazione inarrestabile». Con un trend in costante aumento (da poche centinaia a oltre 4mila notizie in 12 anni), la quantità di notizie sugli immigrati africani «ha neutralizzato la qualità» dell'informazione. I lanci e gli articoli che si occupano della questione, spiega ancora Mazzola, «sono quasi sempre di carattere emergenziale e, anche quando si parla di accoglienza, nella gran parte dei casi non è per raccontare storie positive ma per denunciare (giustamente, peraltro) storture, abusi e ruberie».

Negli ultimi anni il fiume in piena delle notizie sui migranti africani in Italia, sottolinea ancora l'editoriale, ha distorto nell'opinione pubblica l'immagine dell'immigrazione nel Paese, in un «crescendo di disinformazione sostanziale» nel quale «gli “africani” e i “neri” hanno acquisito un rilievo crescente sostituendo, nell’immaginario, l’invasione islamica». E il «nero a chilometro zero» – immagine formulata dal comboniano p. Alez Zanotelli – proprio non piace ad un pubblico che “amava” gli africani finché se ne restavano a casa loro ad accogliere le nostre elemosine, finché le adozioni erano, appunto, “a distanza”. «Ora che questa gente viene a casa nostra – diceva ancora Zanotelli – ci rivela che siamo razzisti».

L'editorialista punta poi il dito contro i nuovi “esperti” d'Africa, spuntati dal nulla per concorrere, insieme ai media nazionali, a costruire disinformazione e nuove demonizzazioni. L'esempio più calzante è quello della polemica, scatenata in seno al Movimento 5 Stelle, sul “Franco delle Colonie Francesi d'Africa” (Franco Cfa), moneta in uso in molte ex colonie francesi dell'Africa occidentale. «Il neocolonialismo esiste, eccome, francese e non solo», scrive Mazzola. «Ma non è forse un’operazione di neocolonialismo mentale – ai danni degli italiani non informati ancor prima che degli africani – leggere la storia e la situazione di un continente con schemi riduttivi fino all’infantilismo? Per di più con finalità palesemente strumentali (certo non per amore dell’Africa)».

«Il silenzio sull’Africa è stato rotto, sì. Purtroppo. Nel peggiore dei modi», conclude l'editoriale. «Perché ne è uscito solo un altro rumore che si aggiunge al fragore delle falsità, o delle mezze verità, che già ci assordava. E perché l’Africa e gli africani sono diventati, una volta di più, vittime e non soggetti: di polemica politica, di distrazione di massa, di una comunicazione miope e irresponsabile».

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