
Archivio Disarmo: le armi leggere e il futuro della pace
Diceva il Segretario Generale Onu, Kofi Annan, che le vere armi di distruzione di massa sono, paradossalmente, le armi piccole e leggere (Small Arms and Light Weapons, Salw). Lo conferma il recente rapporto di ricerca “Il traffico illecito di armi piccole e leggere nel Mediterraneo allargato”, realizzato dall'Istituto di Ricerche Internazionale Archivio Disarmo (Iriad) con un contributo del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci). Il rapporto sarà pubblicato dopodomani, 29 marzo, sul sito dell'Istituto.
Secondo l'indagine condotta sui Paesi del cosiddetto “Mediterraneo allargato” – spazio geografico che comprende, oltre agli Stati che affacciano sul mare, i Balcani, il Maghreb, il Medio Oriente e il Corno d’Africa – dalla fine della Seconda guerra mondiale le armi leggere e quelle piccole sono state responsabili del 90% delle vittime dei conflitti, il 70-80% delle quali sono civili.
Non incoraggiano poi i dati sui numeri delle Salw (ne circolano oltre un miliardo nel mondo) e sui loro traffici: «Il commercio internazionale di Salw tra il 1996 ed il 2016 ha visto una crescita continua, coinvolgendo sempre più Paesi e mostrando valori sempre più elevati».
Interessante anche scorrere la graduatoria dei principali esportatori, che vede l'Italia seconda solo agli Stati Uniti e seguita da Brasile, Germania, Corea del Sud, Austria, Federazione Russa, Repubblica Ceca, Turchia, Belgio, Svizzera, Francia, Croazia e Israele. Ancora una volta, un'indagine scientifica sulle armi conferma che l'Occidente vende, mentre Africa e Medio Oriente comprano.
In merito al commercio illegale di Salw, il rapporto di ricerca sottolinea che «la dimensione tipica del traffico clandestino di armi piccole e leggere si svolge prevalentemente su scala regionale o locale, attraverso forniture di dimensioni contenute, ma continue». Si tratta del cosiddetto ant trade, un lavoro appunto "da formichina", quasi invisibile ma incessante, che consente di accumulare sul lungo periodo ingenti quantità di armi. «Gli acquirenti sono prevalentemente gruppi criminali, terroristi, milizie armate non statali, fazioni ribelli o forze rivoluzionarie (soprattutto in contesti di conflitto armato)», che ricevono le merci su tre canali privilegiati: la rotta balcanica («dai Balcani tramite l’Italia, la Croazia e la Slovenia, raggiunge l’Europa occidentale» «ma anche l’Africa e il Medio Oriente, passando dai paesi dell’Europa meridionale»; la seconda via è definita «rotta orientale» e «parte dagli immensi depositi dei paesi dell’ex Urss e dall’Europa dell’Est, puntando tradizionalmente verso l’Africa, ma recentemente anche verso l’Europa occidentale»; infine, il terzo canale di distribuzione, definito «infraMENA» (Middle East North Africa), «rappresenta un mercato prettamente interregionale, che dal Nord Africa, in particolare dalla Libia, distribuisce armi negli stati confinanti, in Medio Oriente, e, in minor misura, in Europa».
Il rapporto, oltre ad esporre accuratamente lo stato del traffico di armi piccole e leggere, allarga il discorso sugli sforzi internazionali messi in campo per arginare il fenomeno, sulle difficoltà delle istituzione globali a stare al passo con i tempi di un commercio in continuo adattamento, sulla nuova frontiera dei traffici rappresentata dal “lato oscuro” di internet (il cosiddetto dark web) e sui rischi legati al rapido sviluppo di stampanti 3D, che un giorno saranno forse in grado, a partire da semplici file, di “stampare” armi (peraltro senza matricola e in quantità incontrollata) con materiali capaci di tollerare le esplosioni di proiettili.
Appuntamento allora il 29 marzo sul sito dell'IRIAD per leggere tutto l'interessante rapporto di ricerca.
* Immagine di DVIDSHUB, tratta dal sito Flickr. Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite
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