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Gesù e la modernità. Una relazione complessa indagata da Mauro Pesce

Gesù e la modernità. Una relazione complessa indagata da Mauro Pesce

Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 06/04/2019

39766 ROMA-ADISTA. Esperto internazionale di storia del cristianesimo, Mauro Pesce ha dato un contributo importante alla conoscenza delle origini del cristianesimo, e alla divulgazione al di fuori dei ristretti settori accademici. Nel corso di anni di studi e ricerche, Pesce e la sua scuola storiografica hanno compiuto una campagna tenace per contrastare gli immaginari pubblici stereotipati di Gesù, dei suoi seguaci, nonché della nascita della religione cristiana e del suo sviluppo. Ci fa quindi particolarmente piacere contribuire alla diffusione della sua ultima fatica bibliografica, Il cristianesimo. Gesù e la modernità. Una relazione complessa (Carocci, 2019, p. 279). Sfogliando questo denso e ricchissimo volume si ha come l’impressione di avere tra le mani una sorta di compendio della produzione dell’autore o quantomeno di un suo segmento rilevante. A partire dalla premessa che è possibile individuare un’unità sistemica della storia cristiana, il libro si articola attorno a tre questioni distinte dal punto di vista contenutistico e cronologico, ma tra loro profondamente intrecciate: la figura storica di Gesù, la nascita del cristianesimo e, infine, il suo rapporto complicato con la modernità.

Come scrive Pesce, «la riscoperta della figura storica e dell’ebraicità di Gesù, e la conseguente percezione dei processi di discontinuità e continuità tra cristianesimo e ebraismo sono, infatti, uno degli esiti dell’impatto della modernità sul cristianesimo». Si comprende quindi, come l’esperimento dell’autore non consista nell’indagare le radici cristiane della modernità – un tema che gode di un’ampia letteratura – quanto, piuttosto, nel cercare di riannodare alcuni fili che spaziano dai movimenti interni al cristianesimo tardomedievale alla successiva riscoperta di un cristianesimo originario, «che da quello antiebraico tardoantico era stato in qualche modo abbandonato e occultato». Seguendo questi due assi – la critica del cristianesimo e la riscoperta del cristianesimo originario – i diversi capitoli si focalizzano su alcuni aspetti specifici.

Nel primo viene presa in esame la costruzione del sistema simbolico tardoantico, al cui interno rientra lo sviluppo storico della teologia cristiana. L’autore si concentra, per esempio, sulla lotta per l’interpretazione della Bibbia e ci ricorda come le dottrine teologiche, per essere correttamente interpretate, non debbano essere disgiunte dai rapporti di forza del contesto in cui si sono sviluppate. Osserva Pesce che «le dottrine teologiche non vanno viste come puri prodotti dottrinali. Sono profondamente connesse con le culture del loro tempo, dalle quali non sono isolabili. Una storia del cristianesimo che non tenga conto, in ogni sua fase, del rapporto con i sistemi culturali, con i sistemi di potere politico, con le scienze naturali e con l’ebraismo finisce per ridurre tutto a idee teologiche e a rimanere nel campo di una visione confessionale e apologetica». Nel secondo e nel terzo capitolo, l’autore affronta direttamente la questione della natura ebraica delle Scritture, mettendo a fuoco quando, come e perché è nato il concetto di eresia e quindi come si è data storicamente la cristianizzazione della Bibbia ebraica. Se questi capitoli mostrano l’azione critica esercitata dalle scienze moderne sulle concezioni teologiche cristiane, per esempio nella critica al concetto stesso di eresia a partire dal XVI secolo, il quarto vuole mostrare l’impatto della scienza moderna sull’intero sistema teologico. Il caso dell’astronomia, e in particolare lo studio della Lettera a Cristina di Galileo, risulta funzionale a mostrare come l’evoluzione della scienza abbia provocato un ridefinizione radicale del cristianesimo, una volta messo in crisi il complesso di concezioni relative alla natura su cui si erano fondate le culture antiche e medievali.

Il quinto capitolo prende di petto la questione politica attraverso la lente della storia della tolleranza, assumendo come emblematica della dialettica interna al cristianesimo la vicenda di Cassiodoro. Il capitolo successivo entra nel merito dei problemi dell’età contemporanea dal punto di vista delle religioni con un approfondimento sui sistemi che hanno regolato i rapporti tra fedi e politica e sulle risposte delle confessioni cristiane e dell’islam. Chiudono questa ricchissima disamina di temi e contesti le pagine dedicate alla «complessa riscoperta di Gesù dalla prima età moderna in poi», e più precisamente dalla lezione di Hermann Samuel Reimarus. Si tratta di un tema particolarmente caro a Pesce che avanza la necessità di una decostruzione del concetto di modernità. Tale decostruzione non è solamente il punto di arrivo, ma anche probabilmente la ragione stessa dell’intero volume.

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