
Accoglienza: Salvini insulta le Caritas, "Avvenire" risponde
Ad oltre una settimana di distanza dalla notizia, la “macchina del fango” del ministro dell'Interno Matteo Salvini rilancia su Twitter una notizia di Oggi Treviso che racconta i drammatici effetti dei tagli imposti del Decreto Immigrazione e Sicurezza ai fondi destinati all'integrazione dei richiedenti asilo, necessarie per l'insegnamento della lingua italiana, la formazione professionale, l'inserimento lavorativo e abitativo, il sostegno psicologico per quanti hanno subito violenze e lutti, ecc. Una tale scarsità di risorse, spiega la notizia, ha costretto numerosi enti e cooperative «a non partecipare alla gara della Prefettura di Treviso per l'assegnazione dei servizi di accoglienza». A disertare i bandi, sottolinea la testata, anche le Caritas di Treviso e Vittorio Veneto. Secondo gli organismi caritatevoli, non ci sono più le condizioni per poter partecipare alle gare e fare accoglienza in una prospettiva – unica efficace – che punti all'inclusione, superando la logica emergenziale, unica invece ormai riconosciuta dalle istituzioni.
La MANGIATOIA è finita, chi speculava con margini altissimi per fare "integrazione", spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere.https://t.co/WTIsjQgCHE
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 25 aprile 2019
Salvini twitta con i soliti toni accusatori e sprezzanti nei confronti degli enti che si occupano di migranti: «La mangiatoia è finita», dice. «Chi speculava con margini altissimi per fare "integrazione", spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere». Il termine “mangiatoia” è urlato, scritto tutto maiuscolo, e la parola “integrazione” è fra virgolette, in senso canzonatorio: un messaggio dall'evidente intento propagandistico, diretto non tanto agli organismi interpellati ma piuttosto al suo elettorato.
Un messaggio che, tra l'altro, sembra chiudere ogni possibilità di dialogo con il settore dell'accoglienza il quale, dall'entrata in vigore del Decreto cosiddetto Sicurezza, lamenta lo svuotamento di significato dell'accoglienza stessa – che non si risolve solo in un posto letto di una grande struttura, in attesa di “giudizio” – e la ritirata dello Stato dal processo di integrazione dei rifugiati che, opportunamente finanziato, poteva garantire percorsi di autonomia e vita dignitosa ai nuovi venuti e, al contempo, anche una presenza di qualità degli stessi nei contesti territoriali, con un grande beneficio anche per le comunità accoglienti.
«Vede, signor ministro» – replica Francesco Riccardi in un editoriale pubblicato oggi su Avvenire – «quando parla sui social di “mangiatoia”, di “speculazioni con altissimi margini”, non offende tanto e solo un organismo ecclesiale, la Caritas, che rappresenta assieme alla fede il cuore dell’agire cristiano, ma migliaia e migliaia di persone di buona volontà che in Italia, nelle Caritas parrocchiali, dedicano il loro tempo ai poveri, insegnano la nostra lingua agli immigrati, li consigliano, cercano di integrarli nelle comunità con i nostri valori irrinunciabili, assistono chi è in difficoltà qualunque colore abbia la sua pelle, si prodigano nella raccolta e distribuzione degli abiti, portano pacchi alimentari a famiglie italiane e straniere, nei centri di ascolto si fanno carico di tanti disagi diversi. Non speculano, ci mettono del loro in termini di tempo e di soldi. Non sfruttano “mangiatoie”, condividono con chi ha meno. Cercano di rispondere gratuitamente, con carità appunto, ai bisogni delle persone. Incontrandole in carne e ossa, non incrociandole virtualmente sui social. Signor ministro, venga a vedere cosa fa davvero una Caritas per gli italiani e gli stranieri. Venga, e si ricrederà».
* foto di Hunter, immagine tratta da Flickr, immagine originale e licenza
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