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Dopo Torre Maura, Casal Bruciato: i ricatti dei fascisti, l'arrendevolezza delle istituzioni

Dopo Torre Maura, Casal Bruciato: i ricatti dei fascisti, l'arrendevolezza delle istituzioni

«Vi tiriamo una bomba», «vi devono impiccare tutti», «ti stupro»: a distanza di un mese dai fatti di Torre Maura è questo il tenore dell'ennesima “protesta” di una periferia romana contro l'assegnazione di alloggi popolari a rom. Questa volta sotto i riflettori sono puntati su Casal Bruciato, periferia est della Capitale, dove una famiglia di 2 bosniaci rom con 12 figli nati in Italia ha preso possesso dell'alloggio popolare in via Sebastiano Satta, loro assegnato dal Comune per allontanarli dal campo La Barbuta. Dal pomeriggio del 6 maggio una trentina di residenti, tra i quali anche alcuni militanti di CasaPound, hanno dato vita ad un presidio che ha costretto i 14 nuovi residenti a barricarsi in casa per evitare aggressioni.

In solidarietà con i 14 nuovi residenti e per opporsi alla protesta pilotata dai movimenti di estrema destra, il giorno seguente diverse associazioni hanno organizzato un presidio antirazzista e antifascista in via Satta. Tra gli altri, anche l'associazione Ketane, con l'appoggio di Cittadinanza e Minoranze (info: cittadinanza.minoranze@gmail.com), hanno promosso «una turnazione di volontari per tenere compagnia durante la notte alla famiglia rom di Casal Bruciato, terrorizzata».

La legge e i soprusi

Oggi, i 14 legittimi assegnatari «fanno i conti con manifestazioni di odio e razzismo nei loro confronti», ma non è la prima volta per Casal Bruciato, ricorda un comunicato dell'Associazione 21 luglio: ad aprile un'altra famiglia anch'essa proveniente dalla baraccopoli La Barbuta «è stata contestata da militanti neofascisti. Dopo giorni di presidio da parte dell’estrema destra al grido “Prima gli italiani”, la famiglia ha scelto di tornare a vivere nella baraccopoli e lo ha fatto sotto gli occhi delle amministrazioni municipali e comunali che hanno consentito ai militanti di organizzare un presidio fisso senza autorizzazione e di inveire con slogan e minacce verso i componenti della famiglia».

Anche le 77 persone trasferite a Torre Maura, dopo una violenta mobilitazione neofascista, «sono state portate via, smistate e divise, e due di esse si sono viste costrette, con il consenso degli operatori comunali, a trasferirsi in due insediamenti della capitale».

Sono tutti casi, denuncia l'associazione, in cui «i militanti di estrema destra hanno dettato la linea delle assegnazioni delle case popolari sul territorio comunale organizzando manifestazioni non autorizzate, occupando suolo pubblico con minacce e azioni di forza». Sotto gli occhi impotenti di forze dell'ordine e istituzioni.

«A partire da Torre Maura, l’Amministrazione Comunale sembra aver definitivamente ceduto al ricatto dell’estrema destra, manifestando una profonda debolezza e mostrandosi accondiscendente, di fatto, alle pulsioni neofasciste». In tal senso, il ritorno delle famiglie nei campi rappresenta «il fallimento del disegno politico» di Roma Capitale in merito alla chiusura degli insediamenti.

«Associazione 21 luglio esprime profonda preoccupazione per quanto sta accadendo a Roma e ancora di più per l’arrendevolezza dell’Amministrazione Comunale davanti alla violenza di manifestazioni di stampo razzista e xenofobo. Chiediamo alla sindaca Raggi una cosa molto semplice: far rispettare le leggi, garantendo ad ogni cittadino, al di là della sua etnia, la tutela dei diritti fondamentali e lottando, senza mezzi termini e tentennamenti, contro ogni minaccia e sopruso».

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