In Francia; figli di preti e suore incontrano i vescovi: avviato un «lavoro comune»
Tratto da: Adista Notizie n° 24 del 29/06/2019
39873 PARIGI-ADISTA. Sono stati chiamati “figli del peccato”, ma da un po’ di tempo stanno finalmente ricevendo maggiore attenzione, nel mondo dei media e non solo, soprattutto in Francia: sono i figli di preti e suore, cui la Chiesa sta finalmente aprendo le porte (v. Adista Notizie n. 20/19). L’accelerazione con cui i media hanno cominciato a dedicare attenzione alle storie di queste persone ha infatti smosso le acque anche all’interno delle istituzioni e delle diocesi, per dare riconoscimento a una realtà molto più diffusa di quanto si pensi.
La Francia è capofila di questa nuova attenzione: il 19 giugno un documentario sui figli dei preti, realizzato dalla giornalista Karine Le Loët, è andato in onda sul canale France Culture, nell’ambito del programma “Les Pieds sur Terre”; la rivista Golias (n. 580, 13- 19/6) ha dedicato un lungo articolo alla questione, intitolato “Ne m’appelez plus jamais ‘enfant du péché!’” (“Non chiamatemi mai più ‘figlio del peccato’”), dedicando ampio spazio anche alla questione, correlata, del celibato dei preti; Le Monde ha dedicato un articolo all’incontro avvenuto, il 13 giugno scorso, fra tre membri dell’associazione Les Enfants du silence e alcuni vescovi parigini. Un incontro dall’altissimo valore simbolico, svoltosi a porte chiuse, che segna il riconoscimento da parte della Chiesa di questi uomini e donne dopo secoli di negazione e menzogne. «L’istituzione religiosa ha aperto finalmente le sue porte – ha affermato Anne-Marie Jarzac, 68 anni, presidente dell’associazione (che conta una sessantina di membri) e figlia di un prete e di una suora. «Non siamo ancora stati ricevuti in Vaticano ma resta comunque un grande passo». L’arcivescovo di Bourges, mons. Jérôme Beau, e la sua commissione incaricata di questioni relative alla formazione e alla vita dei sacerdoti (Cémoleme) hanno accolto la delegazione presso la sede della Conferenza episcopale francese.
Durante l’incontro, durato circa due ore, ha consentito ai figli di preti di raccontare il proprio vissuto e la propria sofferenza: «Si è svolto in un clima di confidenza, con un ascolto benevolo. Si è percepita la voglia dei lavorare insieme perché questi drammi non si ripetano», ha spiegato Jarzac. L’incontro è stato una sorpresa anche per mons. Beau: «Era la prima volta che incontravo figli di preti – ha detto –, ho scoperto ciò che l’inconscio collettivo ha fatto pesare su di loro. Questo incontro è importante perché permette di ridare loro fiducia e di essere fieri della loro storia». Non si tratta solo di un riconoscimento, ma dell’avvio di un lavoro comune, che si svolgerà con cinque obiettivi, ha spiegato il vescovo: un incontro per spiegare alla gerarchia le difficoltà incontrate; la nomina di un interlocutore in ogni diocesi, a cui gli uomini e le donne figli di preti e religiose possano rivolgersi; l’accesso agli archivi ecclesiastici affinché si possa risalire alle loro origini; l’accompagnamento «sociale, umano e psicologico» per loro e per i loro genitori, «al fine di permettere a ciascuno di accettare, umanamente, spiritualmente e psicologicamente, questa tappa della propria esistenza; infine, la prosecuzione di questo «lavoro comune».
Il prossimo incontro si svolgerà il primo ottobre, con l’ordine del giorno dell’apertura degli archivi: «È un tema molto importante – sottolinea Jarzac – perché fino ad ora i figli di preti non vi avevano accesso, e questo ci restituiva alla nostra condizione di figli della trasgressione». Il lavoro condotto in tandem con l’associazione permetterà di elaborare una Carta con istruzioni riguardo al comportamento da seguire qualora un prete avesse un figlio.
Il Vaticano ha già un suo documento interno, mai pubblicato, del 2009, che fissa le regole di questa delicata questione dando la priorità al «bene del bambino»: il prete abbandoni il ministero e riconosca il figlio, spiega mons. Beau; ma questa «griglia di comportamento » francese è necessaria «anche se rappresentasse un doppione, perché è stata elaborata con i diretti interessati».
La questione avrà ovviamente anche un impatto sulla formazione sacerdotale, e sarà affrontata nei seminari, «migliorando la formazione su un piano umano e affettivo».
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