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SOS Terra. I ghiacciai si sciolgono, le foreste bruciano. E l’anidride carbonica continua a crescere

SOS Terra. I ghiacciai si sciolgono, le foreste bruciano. E l’anidride carbonica continua a crescere

Tratto da: Adista Documenti n° 31 del 14/09/2019

DOC-3012. ROMA-ADISTA. Per il pianeta, è stata sicuramente un'estate maledetta. L'estate dello scioglimento senza precedenti dei ghiacci della Groenlandia, al ritmo di 11 miliardi di tonnellate al giorno, e della triste scomparsa del ghiacciaio Okjokull in Islanda, ricordato da una placca che riporta un messaggio per il lettore del futuro: «Questo monumento testimonia che noi siamo coscienti di ciò che sta accadendo e di ciò che va fatto. Solo tu sai se lo abbiamo fatto».

L'estate delle temperature record in Europa centrale – con più di 40 gradi in Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, fino al record storico assoluto di 42,6 gradi di Parigi – e in Alaska, dove a luglio si sono raggiunti i 32° C). L'estate, soprattutto, degli incendi in Amazzonia, ma anche in Alaska, Groenlandia, Siberia (dove, malgrado sia bruciata nel 2019 un'area di foresta delle dimensioni della Grecia, le autorità russe hanno rinunciato a combattere gli incendi, considerandoli privi di conseguenze per gli insediamenti umani e l'economia). E, ancora, nelle Isole Canarie, in Africa (Angola, Zambia, Repubblica Democratica del Congo), in Nuova Zelanda e in Indonesia (uno dei Paesi con il più alto tasso di deforestazione).

La situazione più drammatica si registra nella foresta amazzonica, che, solo nel suo versante brasiliano, ha perso, dal 1985 al 2018, l'equivalente di due volte e mezzo il territorio della Germania: secondo gli scienziati, se la deforestazione oltrepasserà la soglia del 25% (oggi è al 19%), la più grande delle foreste tropicali rimaste sulla Terra, con la sua natura esuberante, i suoi alberi giganteschi, i suoi fiumi immensi, la sua lussureggiante biodiversità, lascerà il posto, entro 40 anni, a una triste savana appena interrotta da alcuni boschi. E sono già molti i segnali che indicano tale possibile trasformazione, dalla morte delle specie di piante amazzoniche fino all'aumento della durata della stagione secca nel sud e nel sudest della regione.

Quanto all'Artico, dove il riscaldamento globale avanza due volte più rapido che nel resto del mondo, gli incendi nei boschi boreali sono dovuti proprio all'aumento delle temperature. Con conseguente avvio di un circolo vizioso che potrebbe non aver fine: gli incendi liberano grandi quantità di anidride carbonica nell'atmosfera provocando un aumento della temperatura che potrà causare in futuro ancora più incendi. E, con l'aumento del rischio di un maggiore scongelamento del permafrost, si registrerà anche una crescita delle emissioni di metano, ancor più pericoloso dell'anidride carbonica come gas a effetto serra.

Del resto, come ha spiegato l'esperto di incendi forestali Victor Resco, se le foreste assorbono il 30% delle emissioni di CO2, con la loro scomparsa tale percentuale finirebbe immediatamente in atmosfera, aggravando così la crisi climatica. E tutto ciò mentre la concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto e superato, nel maggio 2019, la soglia delle 415 parti per milioni (ppm), il 48% in più rispetto all’era pre-industriale (280 ppm).

Su tale crisi – la più grave che l'umanità è chiamata a risolvere se non vuole andare incontro allo stesso destino dei dinosauri – e sulle sue possibili soluzioni, riportiamo qui, in una nostra traduzione dal portoghese, ampi stralci dell'intervento di José Eustáquio Diniz Alves, docente della Scuola Nazionale di Scienze Statistiche dell'Ibge (Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística), pubblicato da Eco-Debate il 19/06 (e rilanciato dalla rivista Ihu on-line il 20/06) e della riflessione del sociologo e filosofo brasiliano radicato in Francia Michael Löwy, pubblicata da Socialist Register e riprodotta da Outras Palavras il 9/8.  

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