
Acs: «L'Isis non è morto». Il Sahel, l'ascesa dello jihadismo e la fuga dei cristiani
L’ennesimo allarme sulle trasformazioni sottovalutate del terrorismo di matrice jihadista è stato lanciato oggi da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Fondazione di diritto pontificio che sostiene le minoranze cattoliche minacciate in tutto il mondo. L’«Isis non è morto», sottolinea ACS, ma ha semplicemente spostato il suo baricentro altrove, in particolare in Africa, terra “lontana” dai riflettori e dagli interessi occidentali.
Aiuto alla Chiesa che Soffre racconta la delicata e inedita situazione che sta vivendo il Burkina Faso (Paese più volte colpito negli ultimi mesi da attentati di estremisti islamici) e in generale la regione del Sahel, crocevia di traffici di droghe, armi e esseri umani, sempre più sotto il controllo delle milizie jihadiste. E se il contesto è fortemente a rischio per tutti, lo è in particolare misura per le minoranze cristiane, vittime di violenze, distruzione e profanazione di luoghi e simboli sacri.
Interpellato dalla Fondazione, il vescovo di Fada ‘Ngourma, mons. Pierre Claver Malgo, racconta la sua esperienza di sostegno ai fedeli della diocesi, una delle più grandi e minacciate del Burkina Faso: «Le violenze hanno causato un altissimo numero di sfollati di cui ci stiamo prendendo cura. Per il momento li abbiamo alloggiati nelle aule delle scuole, anche se ciò significa non poter iniziare l’anno scolastico». Secondo il presule africano, l’ascesa del fondamentalismo islamico nel Paese è legato all’obiettivo principale delle diverse milizie attive, e cioè l’occupazione totale del Sahel.
Gli attacchi non colpiscono solo i cristiani, ma a questi ultimi viene imposto di convertirsi o di abbandonare le proprie case, sottolinea ancora ACS, informata dalle proprie fonti del grande esodo di popolazioni cristiane in fuga dal nord del Paese.
«Nel silenzio generale – conclude il direttore della Fondazione, Alessandro Monteduro – in alcune aree del Burkina Faso sta avvenendo quanto accaduto nel nord dell’Iraq nel 2014. Chi crede che il fondamentalismo sia finito con la sconfitta dello Stato Islamico in Iraq e in Siria, si sbaglia. Isis non è morto».
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