
Ratzinger, il disobbediente
Tratto da: Adista Notizie n° 3 del 25/01/2020
Sono profondamente rattristato dalla notizia della pubblicazione di un libro in cui il dimesso papa Joseph Ratzinger e un altro importante chierico, come il cardinal Sarah, si oppongono all’attuale sommo pontefice della Chiesa, papa Francesco. Il motivo dello scontro è la questione del celibato dei preti, che, come sembra, a giudizio del papa dimesso, la Chiesa deve mantenere come obbligo necessario, sebbene i cristiani dell'Amazzonia non possano avere preti che presiedano la messa e che possano aiutare quei cristiani in questioni per le quali la stessa Chiesa richiede la presenza di un prete.
Se è vero che il dimesso papa Joseph Ratzinger e il suo alleato Sarah vogliono opporsi all’attuale sommo pontefice per mantenere (a tutti i costi) il celibato dei preti, sia Ratzinger che coloro che sono d’accordo con lui in questa materia devono sempre considerare che la Fede e la Tradizione Secolare della Chiesa ci insegnano che il pensiero e il criterio di governo, da loro difeso, non possono opporsi al criterio fondamentale della fede e dell’unità della Chiesa, che comprende essenzialmente la comunione con il vicario di Cristo in terra, il vescovo di Roma. Ciò è stato definito dal Concilio Vaticano I come una questione di «fede divina e cattolica» (Costituzione Dei Filius, cap. 3°. Denz. - Hün., n. 3011 e dalla Costituzione Pastor aeternus, cap. 3 °, Denz. - Hün., n. 3060).
Per questo è incomprensibile che chi, come il card. Ratzinger, mentre era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha destituito tanti teologi per non essersi sottomessi incondizionatamente al magistero papale, ora si opponga a papa Francesco in merito a una questione che non influisce sulla fede della Chiesa.
In realtà è della massima importanza tenere presente che la questione e l’obbligo del celibato ecclesiastico non sono mai stati, e non lo sono attualmente, un dogma di fede. E non è neanche un dovere universale della Chiesa. Poiché nelle Chiese Orientali l'obbligo del celibato ecclesiastico non è mai stato mantenuto e non si mantiene.
Inoltre, l'autorità ecclesiastica dovrebbe tenere presente che nelle pagine del Nuovo Testamento, vige proprio la dottrina opposta all’attuale norma del celibato presbiterale. Secondo i Vangeli, Gesù non lo ha imposto ai suoi apostoli. San Paolo ha detto che lui, come gli altri apostoli, avevano "diritto" ("potere", exousía) di essere accompagnati da una donna cristiana (1Cor 9,5). E nelle lettere a Timoteo e Tito si afferma che i candidati al ministero ecclesiastico, compreso l'episcopato, devono essere uomini sposati con una donna, che sappiano governare la propria famiglia, perché «chi non sa governare la propria casa, come si prenderà cura della Chiesa di Dio?» (cf. 1 Tm 3, 2- 5.12; Tt 1,6).
Per il resto, è noto che anche nel Concilio ecumenico di Nicea il vescovo Pafnuzio della Tebaide superiore, celibe e venerato confessore della fede, gridò davanti all'assemblea «che non si doveva imporre questo pesante giogo sulle spalle dei chierici e dei preti, dicendo che è anche degno di onore l’atto matrimoniale, e immacolato è lo stesso matrimonio; che non recassero danno alla Chiesa esagerando in severità, perché non tutti possono sopportare l’ascesi dell’apátheia, da cui forse potrebbe derivare la difficoltà delle rispettive spose di conservare la castità» (Hist. Eccl. I, XI).
È evidente che i cristiani non possono essere privati dei sacramenti, in particolare dell’Eucaristia, a causa del mantenimento di una disciplina le cui origini sono state un’evidente contraddizione con ciò che il Nuovo Testamento ci insegna.
Infine, se realmente le idee di un papa dimesso si oppongono all’unico sommo pontefice, che attualmente governa la Chiesa, questa stessa Chiesa deve interrogarsi seriamente sul significato e sulle conseguenze che può avere – e sta avendo – la presenza nello stesso Stato della Città del Vaticano di un vescovo che è stato sommo pontefice, ma che non lo è più. Poiché ciò si presta alla possibilità di parlare di "due papi" e origina situazioni di confusione e divisioni nella Chiesa, non sarebbe necessario e persino urgente che il papa dimessosi viva altrove?
Articolo pubblicato anche sul blog del teologo José María Castillo in Religión Digital (www.religiondigital.com) il 13 gennaio 2020. La traduzione è a cura di Lorenzo Tommaselli
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