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Pareggiare i conti con le donne

Pareggiare i conti con le donne

Tratto da: Adista Documenti n° 12 del 28/03/2020

«Dobbiamo rifarci a quando avevo 16 anni: ero al ginnasio, mio fratello al primo corso dell’università – leggiamo nelle prime pagine di La sonata a Kreutzler di Tolstoj –. Non conoscevo le donne, ma come tutti gli sciagurati ragazzi del nostro ambiente non ero più innocente: già da un anno ero stato indotto al male da altri ragazzi. I sollievi della solitudine mi erano disgustosi. Ed ecco che un compagno di mio fratello, di quelli che si usa chiamare simpatici ragazzi che equivale a dire fieri mascalzoni ci insegnò a bere, a giocare a carte e una sera, dopo una sbornia, ci convinse a seguirlo in una certa casa. Vi andammo. Anche mio fratello, come me, cadde quella notte. E io, ragazzo a 16 anni, insozzai me stesso e contribuii a insozzare una donna senza rendermi conto di quel che facevo, poiché nessuno dei più anziani mi aveva mai spiegato che ciò che facevo era male... In verità lo si potrebbe trovare nei precetti del Vangelo, ma si sa che quelli s’imparano solo per quel tanto che serve a rispondere all’esame del sacerdote, che in pratica servono ancor meno della regola sull’uso dell’ut nelle proposizioni finali... Si trattava di imprese virili e perciò piene di merito… anche i dottori sostengono che un po’ di licenza torna utile alla salute».

È il racconto tormentato di un omicida della moglie, un lungo flash-back di una vicenda che sfocia nel femminicidio. Un gesto che si incardina negli intimi meandri di una relazione matrimoniale, marchiata dall’ossessione dell’uomo per la figura femminile, in una torsione esistenziale dove i toni esasperati dell’invenzione letteraria sono però quelli verosimili di tanti casi reali. E chi conosce la biografia dello scrittore sa che è proprio dalla propria vita che egli ha tratto ispirazione e materia da trasfigurare in romanzo.

Pochi scrittori hanno saputo scandagliare l’animo maschile avviluppato nelle spire dell’attrazione/ repulsione per la donna con altrettanta meticolosità da entomologo.

Dunque il protagonista, Pozdnysev, racconta al suo interlocutore disorientato la storia completa del suo crimine. Nell’assunzione della colpa, si squaderna progressivamente un quadro ancor più feroce: emerge una colpa originaria, riconducibile a una cultura, religiosa e civile, che inculca (negli uomini soprattutto, ma le donne, seppur dipendenti, ne sarebbero complici) e legittima famelici “eccessi bestiali” nella sfera sessuale. «La passione carnale, in qualsiasi modo si voglia presentarla, è un male », sostiene il protagonista. Ma ciò su cui qui ci concentriamo è però l’intreccio tra fede e virilismo. Nel brano che abbiamo letto c’è una frase assai pungente riguardo al fatto che quei ragazzi – dediti al vizio cioè al consumo del corpo femminile – fossero pur sempre dei cristiani: [ I precetti del Vangelo] s’imparano solo per quel tanto che serve a rispondere all’esame del sacerdote, che in pratica servono ancor meno della regola sull’uso dell’ut nelle proposizioni finali». Nel raffinato sarcasmo, la lucida critica è folgorante!

Nei secoli e nelle differenti aree geografiche, i profili delle Chiese cristiane sono apparsi assai diversificati. Ma, per lo più (con la esclusione – solo nei periodi recenti – di alcune Chiese evangeliche) essi hanno ricalcato una struttura patriarcale della società, vista e vissuta non in contraddizione con la fede, ma coerente col disegno divino. Questo è il punto decisivo.

Le Chiese dei primi secoli, pur originatesi dall’insegnamento di un maestro che aveva adottato nel suo stile di vita uno svuotamento dello status privilegiato di maschio, cedono alle lusinghe degli assetti patriarcali.

Riporto qui solo tre esempi assai significativi: i primi due sono tratti dal canone stesso. Testimoniano che fin dall’inizio lo status di primazia maschile viene riaffermato, in discontinuità con il Maestro.

«L’uomo non deve coprirsi il capo perché è immagine e gloria di Dio, mentre la donna è gloria dell’uomo. Infatti l’uomo non ebbe origine dalla donna, ma la donna dall’uomo, né fu creato l’uomo per la donna ma la donna per l’uomo… Tuttavia, né l’uomo può fare senza la donna, né la donna senza l’uomo, nel Signore; poiché come la donna fu tratta dall’uomo, così l’uomo nasce dalla donna… » (1Cor 11,7-12).

«La donna impari in silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio. Infatti Adamo fu formato per primo, e poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione; tuttavia sarà salvata partorendo figli, se persevererà nella fede, nell'amore e nella santificazione con modestia» (1Tim 2,11-15).

Il terzo è tratto da un caposaldo della teologia cristiana, e cattolica innanzi tutto: san Tommaso, che ha costituto per secoli per il magistero romano un fondamento. Riguardo la natura femminile, egli scrisse: «Rispetto alla natura particolare, la femmina è un essere difettoso e manchevole. […] Infatti la virtù attiva racchiusa nel seme del maschio tende a produrre un seme prefetto simile a sé di sesso maschile. Il fatto che ne derivi una femmina può dipendere dalla debolezza della virtù attiva, o da disposizione della materia» (San Tommaso, Summa Theologica I,92, I, ad I).

Insieme a tanti altri di cui la teologia femminista ha dato conto, tali brani sono le pietre miliari di un impianto millenario che, sia nella teologia sia nella ecclesiologia, e giù giù sino alla pastorale/catechesi quotidiana, ha sorretto l’economia simbolica della relazione maschio/femmina nella prospettiva cristiana, e conseguentemente della istituzione familiare, uno dei cardini del fortilizio dottrinale della religione cristiana.

Un clero – esclusivamente maschile – formato all’ammaestramento della supremazia maschile (naturaliter secondo la “legge di natura”) perché mai avrebbe dovuto insegnare a quei ragazzi sciagurati che le donne tutte, anche chi è stata catturata dalla prostituzione, sono creature? Esso aveva appreso della tentacolare seduzione femminile, dell’invito al peccato che la donna esercita; era stato sottoposto alle istruzioni ricevute: la donna è un essere votato alla “maledizione” (Eva docet), che può riscattarsi solo prestandosi come contenitore al seme/nome dell’uomo e partorendogli figli (mi limito a ciò, ma la lista sarebbe lunga). Di tali enunciati, obliati nel tempo ma mai sconfessati, quindi sempre appartenenti al corpus formale della dottrina, perché non ci si ricor da? Perché non li assume responsabilmente come propria tradizione, facendoci seriamente i conti?

Ma torniamo a un enunciato precedente: perché l’impianto patriarcale non viene percepito in contraddizione con le fedi?

Azzardo le mie ipotesi. Il nucleo centrale che impedisce una visione di Alleanza è la questione del pareggiare i conti con le donne. Cosa voglio dire? In un vero sussulto, illuminato e illuminante, qualche anno fa Sergio Quinzio recriminava, simpaticamente, pressappoco così: «Ma insomma, donne, perché volete il sacerdozio: lasciateci almeno quello! Voi avete già questo rapporto misterioso con un irraggiungibile, inarrivabile; lasciate a noi la gestione del sacro esterno visto che voi avete già la gestione del sacro interno!» (Marinella Perroni, Tradizioni e tenerezza, Intervista a cura di Patrizia Morgante, Mosaico di pace, 2013, aprile, dossier). Una vera perla! Una fecondissima intuizione che avrebbe potuto contribuire a rischiarare il nodo opaco delle dinamiche profonde tra i sessi/generi e il religioso. Con icastica ironia, Quinzio ci consegna una chiave ermeneutica preziosissima che potrebbe portare alla luce ciò che invece rimane destinato ad un’assenza di rappresentazioni. L’innominata angoscia maschile di fronte al ruolo di comprimario giocato nella generatività e un inconfessabile desiderio di rivalsa esercitato proprio nell’universo del religioso.

Secondo l'antropologa e teologa M. C. Jacobelli, la ragione prima dello sbarramento delle donne a tale campo è costituito dalla potenza originaria generatrice femminile, incarnata dal mito della Grande Madre. Nelle culture arcaiche la capacità generativa delle donne era segno di potenza arcana, venerata e temuta. La potenza femminile risultava debordante e generava sospetto, in quanto sfuggente al controllo della mente maschile. Con il progredire della civilizzazione, alle donne doveva essere interdetto l'accesso alle istituzioni: intollerabile era quel "surplus" di potenza nella eventualità che si fossero accomunate le due sfere.

A questo riguardo, la teologa Maria Cristina Bartolomei, ha scritto: «Il vero oggetto del contendere è invece chi insegna e chi guida. Chi è a capo, chi rappresenta il potere, chi ammette o esclude. Questo è il vero ruolo che gli uomini rivendicano per sé, mossi dall'ancestrale angoscia di non averne altrimenti un altro specifico e proprio, garantito, da contrapporre alla stupefacente potenza naturale della donna di generare bambini. Sulla rivendicazione del potere degli uomini da contrapporre alla potenza naturale femminile è precisamente fondato l'ordine patriarcale del mondo, sino a ieri inconcusso e che da soli pochi decenni e nelle società avanzate è stato scardinato. Che la Chiesa ne abbia subito l'influsso è una ovvietà» (Donne presbitere: sono proprio ragioni quelle del no, in Protestantesimo, primo trimestre 95).

Quanto la salace battuta – o giocosa arringa difensiva – di Sergio Quinzio colga nel segno nel lasciarsi sfuggire il sintomo è palese. Ciò non toglie che la prospettiva sia assolutamente maschile, che trasudi, ahimè, di vittimismo e revanscismo («siamo svantaggiati, per questo siamo autorizzati ad una “(La) difesa della razza” che ci salvaguardi, ANCHE SE AI DANNI DI ALTRI/E; ma ci autoilludiamo di perseguire invece quel giusto ordine che proprio noi abbiamo il compito di edificare »). E ciò non toglie che i “rimedi” che gli uomini hanno messo in campo per compensare quello svantaggio abbiano prodotto una superfetazione della loro egemonia e nel contempo una infantilizzazione delle loro anime. L’è peso el tacon del buso (peggio il rattoppo del buco) dice un saggio proverbio padovano! 

Paola Cavallari è responsabile dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne; è socia del Coordinamento Teologhe Italiane e redattrice di Esodo.

* Karl Fedororovich Cakceh (1864-1923), La sonata a Kreutzler - fonte foto del dipinto: Art Aucton House of Russia; tratta da wikimedia commons, immagine originale e licenza

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