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Donne consacrate: negli angoli più invisibili della Terra

Donne consacrate: negli angoli più invisibili della Terra

Tratto da: Adista Documenti n° 12 del 28/03/2020

Scrivo queste righe mentre il mondo è messo alla prova da una pandemia che sta spegnendo vite umane, sottoponendo a una durissima fatica gli operatori sanitari, piegando l'economia mondiale e soprattutto mettendo alla prova la verità delle nostre relazioni di solidarietà e fratellanza. Tutti ci siamo trovati impotenti, angosciati, vulnerabili. L’orizzonte attuale ci fa vivere nella precarietà, nella paura e ci trasmette una radicale insicurezza. In questi giorni ho riletto una testimonianza di qualche anno fa di alcune suore trappiste in Siria: «La gente cerca di lavorare, come può, di vivere normalmente... (…) E pensi che domani hanno deciso di bombardarci… Così. Perché “è ora di fare qualcosa”, così si legge nelle dichiarazioni degli uomini importanti, che domani berranno il loro thé guardando alla televisione l’efficacia del loro intervento umanitario… Noi con loro e tra loro abbiamo deciso di restare perché la loro vita è la nostra vita, la loro paura è la nostra paura, la loro speranza è la nostra speranza. Cristiani e mussulmani insieme: il dolore rende tutti universalmente fratelli e sorelle. Questo il mondo dei potenti ancora non lo capisce, ma i poveri si, lo hanno scritto nella loro carne. E noi vogliamo continuare ad essere povere con loro, non come loro perché non lo saremo mai. Questi sono i poveri del Vangelo, noi cerchiamo di assomigliarci almeno un poco».

Queste righe raccontano con efficacia cosa è, nel suo vissuto più intimo, la vita consacrata, chi sono le donne consacrate che oggi, come ieri, si offrono nel mondo per vivere “tra”, in quello spazio vitale che è una terra di mezzo di intercessione, fatica, gioia, compassione, carità, speranza. Esse abitano le linee di confine umano dove altri non vogliono più stare: poveri, ammalati, anziani, migranti, prigionieri, donne strappate alla tratta e alla prostituzione, bambini abbandonati, sfruttati. Lì, negli angoli più invisibili della terra, offrono la loro vita con coraggio, competenza, fedeltà a una missione che va oltre ogni razionale ragionamento. Parafrasando una immagine cara a papa Francesco, le donne consacrate abitano le periferie esistenziali del mondo di oggi. Se proviamo anche solo ad affacciarci riusciremo a comprendere qualcosa di ciò che anima questo mondo, della forza evangelica che ha, delle ferite drammatiche di cui soffre.

Cosa cerca oggi la donna nella vita religiosa?

Non c’è una sola ricerca, ma tante quante sono le persone. La ricerca della propria vocazione compone insieme istanze diverse e complementari, fa parte di un processo di ascolto e dialogo con Dio, di ricerca di modalità e forme di vita molto diverse tra loro, che desiderano incarnare, testimoniare e dare vita a valori evangelici riconosciuti come centrali per sé e per molti. Le ricerche più mature trovano la loro coesione attorno al desiderio di dare un senso profondo alla propria vita, trovano il loro centro nella relazione con Dio, in una vita che definiamo spirituale in quanto va ad assumere qualche tratto della vita di Gesù, della sua missione. Una vita che si radica nella storia senza farsi risucchiare da essa: un segno che rimanda ad un Altro che ne è la sorgente e la forza. Una vita quindi che desidera essere profetica.

Troviamo anche ricerche meno mature, come in ogni altra vocazione: bisogno di sicurezza e status sociale, di un gruppo di appartenenza che rafforzi identità più deboli e dia una certa protezione economica. Sono ricerche e decisioni che portano in sé fragilità e che ritroviamo più presenti in alcuni contesti dove le condizioni di vita rendono più complesso il discernimento e più difficile la formazione. Ci sono differenze di contesto, ma flessioni e aumenti attraversano oramai tutta la vita consacrata. Così come la grave crisi di vocazioni in Europa va interpretata all'interno di tutto il complesso movimento di scristianizzazione e di trasformazione dell'ordine dei valori che risponde a ciò che il papa ha richiamato anche nel discorso fatto alle Superiore maggiori nel 2016: la cultura del provvisorio, dell'individualismo, la fatica da parte dei cristiani di trovare vie di evangelizzazione che riescano ancora a parlare ai giovani.

Negli incontri a cui partecipo non incontro però una vita consacrata che sta morendo, ma in rinnovamento e in trasformazione; un passaggio che certamente chiederà degli anni, ma che non indica una realtà ecclesiale immobile. Questo dà speranza.

Ciò che più resiste al cambiamento è la struttura istituzionale. Le congregazioni ora si trovano davanti a una complessità di problemi difficili da affrontare dinanzi ai quali occorre molto discernimento. Questo passaggio è delicato e urgente insieme, e ha il suo peso nella vita delle consacrate: età che avanza, complessità della gestione, precarietà per il futuro, carico di lavoro che ciascuna deve portare. Dentro a ciò va considerata anche la fatica per le giovani generazioni di entrare in realtà in un certo senso a dismisura: sia per le giovani che entrano sia per le suore che entrano in passaggi di età più complessi. In altri Paesi del mondo gli ambienti sono più giovanili e vitali, le opere sono più adeguate ai nuovi numeri e ai nuovi contesti, ma proprio qui a volte possono trovarsi prospettive spirituali e professionali di profilo più basso e più frustrazione apostolica. Dentro al grande scenario internazionale ci sono però anche realtà in cui si riesce a rispondere meglio alle giuste attese, a proporre cammini di formazione più adeguati anche con sbocchi lavorativi e pastorali significativi, a favorire stili ed esperienze di vita fraterna ed evangelica che sono davvero segni luminosi di vangelo e di evangelizzazione delle diverse periferie esistenziali.

Abusi nella vita consacrata

Purtroppo anche la vita consacrata femminile porta in sé le ferite di abusi di potere, di coscienza e sessuali, che si consumano nel silenzio e in un dolore che va ascoltato con più consapevolezza, coraggio e determinazione. Dico una cosa forte: l'abuso su donne consacrate a causa di uomini e donne di Chiesa è un abuso – di famiglia, in famiglia – come l'incesto. E drammaticamente risponde alle leggi gruppali di tali abusi: il silenzio, il nascondimento, la copertura.

È una realtà dolorosa che deve farci interrogare. Occorre comprendere e affrontare le reazioni prevalenti e le resistenze costanti che possono scaturire dai diversi contesti culturali, ecclesiali, sociali, istituzionali e dalla storia individuale della persona: sottomissione all’autorità maschile; incredulità difensiva e sospetto verso la donna ferita che chiede aiuto; paura dello scandalo e negazione di ciò che è accaduto; difesa a oltranza dell’istituzione; paura del ricatto da parte dell’autorità ecclesiale soprattutto là dove le suore dipendono in tutto e per tutto dalle diocesi nelle quali prestano il loro servizio. Situazioni rischiose sono quelle delle giovani fondazioni diocesane cresciute attorno a figure carismatiche che hanno assunto poteri assoluti nella vita delle suore. Un ruolo importante viene anche attribuito alla cultura della colpa e dell’espiazione che porta a vedere come giusto e inevitabile ciò che è invece ingiusto. Dobbiamo poi considerare con rispetto e delicatezza anche le diversità culturali delle persone vittime di abusi; molte volte, tutto ciò che riguarda la realtà affettiva, emotiva e sessuale è taciuta dalla persona anche perché rimossa nella vita sociale e religiosa.

In tale complessità, dobbiamo innanzitutto conoscere il problema, promuovendo incontri, creando centri di ascolto esterni per accogliere le persone vittime di abusi, appoggiandosi a equipe di persone competenti alle quali esse possano rivolgersi nella certezza della riservatezza. Occorre vigilare attentamente sulle relazioni individuali che la suora vive, affinché da un lato sia tutelata la persona, la sua dignità, il suo diritto alla privacy; dall’altro la modalità di vivere il sacramento e la relazione spirituale sia sana, matura. Bisogna vigilare sulla idealizzazione e sulla mistificazione della figura del prete; troppi fondatori hanno abusato delle suore proprio a partire da forme di spiritualismo manipolatore. Vi sono forme di invadenza e intrusione nella coscienza, anche attraverso la lettura distorta e manipolata di alcuni passi della sacra scrittura, che aprono la porta alla violenza sessuale, come dimostra il recente caso di Jean Vanier.

Tale nesso tra abuso spirituale e sessuale va riconosciuto perché i predatori sessuali nelle strutture ecclesiali approfittano della loro posizione di dominio per distorcere e violare coscienze di persone che con sincerità aprono il loro cuore. Le donne consacrate, per diversi motivi, si trovano nelle posizioni più vulnerabili e si prestano a divenire vittime di tali aberrazioni. Anche per questo è necessario assicurare a tutte le religiose l’accesso a un confessore che non sia né il fondatore, né il vescovo locale, né il superiore del ramo maschile.

Un futuro per la vita consacrata

Spesso ci si confronta sulla necessità di rifondazione della vita consacrata. È importante quanto affermato dalla teologa domenicana Antonietta Potente (Cammini inediti…dialogando sulla vita religiosa femminile): alla radice di ogni partenza e di ogni vita di donna che ama il Maestro troviamo il “molto amore” testimoniato dalle donne del vangelo sfruttate dagli uomini: Maria di Magdala, la Samaritana, l'adultera. La forza profetica delle donne consacrate sta in questo dono coraggioso, sino alla fine, oltre la fine: essere là dove la vita degli uomini e delle donne del nostro tempo chiede una presenza che sappia comprendere con intelligenza e perspicacia i loro bisogni, invoca una speranza che sia luce nelle notti dell'umanità, implora giustizia e riconciliazione. Se le consacrate sapranno cogliere e rispondere a questi appelli che salgono dall'umanità la vita consacrata sarà quella limpida presenza evangelica di cui il mondo e la Chiesa hanno bisogno 

Suora dell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane di Milano. Pedagogista, Anna Deodato da diversi anni svolge a Milano un servizio di ascolto e accompagnamento delle religiose abusate. Nel 2016 ha scritto Vorrei rinascere dalle mie ferite. Donne consacrate e abusi sessuali (ed. Dehoniane). 

* Pietro Benvenuti (1769-1844), Samaritana, foto [ritagliata] tratta da it.wikipedia.org, immagine originale e licenza. Fonte foto: I Luoghi della Fede - Regione Toscana

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