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«Inaccettabile»: virus e governo non fermano la produzione di F35

«Inaccettabile»: virus e governo non fermano la produzione di F35

Dal 30 marzo sono ripartite le attività di assemblaggio dei cacciabombardieri F35 nello stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, dove operano circa 200 operai, oggi a rischio contagio per poter garantire la filiera della produzione di aerei da combattimento ideati per trasportare ogive nucleari, ritenuti evidentemente indispensabili, come il pane e come i farmaci.

Una «decisione inaccettabile sulla pelle dei lavoratori» commentano Rete Italiana per il Disarmo, campagna Sbilanciamoci! e Rete della Pace. «Nonostante le richieste di questi ultimi giorni delle nostre campagne e reti, da associazioni ed organizzazioni della società civile il gruppo – denuncia la nota – Leonardo ha deciso (sfruttando il consenso preventivo e “in bianco” ottenuto dal governo) di riaprire lo stabilimento», «rischiando di far ammalare centinaia di lavoratori». Quella degli F35 «non è certamente una produzione essenziale e strategica per il nostro Paese». Non lo è stata mai, sottolineano le organizzazioni per la pace, ma non lo è «in particolare in questo momento di crisi sanitaria».

La giustificazione di Leonardo è la perdita di commesse e di occupazione: cioè «la falsa motivazione legata alla perdita di posti di lavoro, che invece è il solito stratagemma del “ricatto occupazionale” da sempre utilizzato dall’industria militare. E comunque si tratterebbe dello stesso rischio che stanno vivendo migliaia di imprese e milioni di lavoratori e professionisti che sono a casa seguendo correttamente le indicazioni di distanziamento sociale del governo ma che rischiano di finire in cassa integrazione e poi, magari, di perdere davvero il posto di lavoro». «Mentre il Paese avrebbe bisogno di mascherine, ventilatori, professionalità e materiale sanitario – conclude la nota – si rischia di far ammalare i lavoratori per un cacciabombardiere. Una scelta sbagliata e inaccettabile».

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