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Nuovo vescovo a Genova: la mobilitazione della base prima della nomina

Nuovo vescovo a Genova: la mobilitazione della base prima della nomina

Papa Francesco, scrive su Liguri Tutti Giacomo D’Alessandro (genovese, animatore di progetti ecclesiali, culturali e sociali sul territorio cittadino, collaboratore di numerose riviste tra cui Adista), «ancora una volta pare aver saputo mettersi in ascolto, più che cedere a correnti ed influenze». Il tema è l’elezione di p. Marco Tasca dei francescani conventuali a nuovo vescovo di Genova, arcidiocesi presieduta per circa 20 anni anni dai cardinali Tarcisio Bertone prima e Angelo Bagnasco poi.

Tre rilevanti iniziative, spiega D’Alessandro, hanno preceduto la nomina di Tasca e raccontano i mutamenti da tempo in atto nella diocesi. Prima fra tutte la petizione di febbraio dal titolo “Chiediamo per Genova un vescovo sulle orme di papa Francesco” (v. Adista Notizie n. 8/20), che ha raccolto circa 750 adesioni in pochi giorni e che parla di una Chiesa «al bivio tra un processo di rinnovamento missionario che rimette al centro i valori evangelici (processo favorito e incarnato da Papa Francesco) e la tendenza ad un “accanimento dottrinale”, di difesa e conservazione dell’esistente, di separazione tra “puri e impuri”, spesso in nome di tradizioni che hanno caratterizzato solo una parte della Chiesa e un pezzetto della sua storia». I primi firmatari – tra i quali Angelo Cifatte, Angelo Chiapparo, Carlo Ferraris, Anna Raybaudi, Giuseppe Rolandi e Marina Sartorio – si dicevano credenti in una «“Chiesa in uscita”, che ascolta e lavora per conformarsi di più al Vangelo di Gesù, e per farsi “ospedale da campo” dell’umanità sofferente. Credere in questa conversione richiede applicazione e competenza, non un semplice consenso di facciata né una timida gestione dell’ordinario».

È di metà marzo invece la lettera di 60 capi scout Agesci di Genova al Nunzio apostolico in Italia che parla dei giovani e del tessuto ecclesiale della diocesi. La lettera, spiega l’autore dell’articolo, chiedeva, «tra le altre cose, nell’occasione della nomina di un nuovo vescovo, maggiore capacità di ascolto dei giovani, di andare nei luoghi dove vivono più che “calare dall’alto” proposte o testimonianze». Chiedeva inoltre coinvolgimento di laici e giovani nei processi decisionali, più audacia nella pastorale, nuova vitalità e creatività per la Chiesa genovese.

La diramazione genovese dell’Associazione Nazionale Donne per la Chiesa ha scritto a fine marzo a papa Francesco una lettera aperta, chiedendo un vescovo «capace di ascolto e condivisione delle necessità della porzione di gregge che gli è affidata, autentico nelle parole e nei gesti, credibile come persona, aperto al confronto, audace nelle scelte». Il giovane gruppo di donne non chiedeva solo «un uomo di grande fede e umanità. Abbiamo bisogno di qualcuno che apra una strada nuova, mai percorsa ma una strada che nel contempo sia anche una riscoperta e abbia il sapore di un ritorno alle origini».

Spiega D’Alessandro: «Ho tenuto a ricordare in un momento di passaggio queste tre azioni in particolare, perché raccontano più di molti ragionamenti ed opinioni quanto impegno, dedizione, “angosce e speranze”, esperienze vissute e visioni concrete permeano il tempo di attesa che ha preceduto questa nomina. Insieme a chi ha ha scelto di esporsi e prodigarsi dal basso, è giusto ricordare anche tutte le persone, quei preti, quei religiosi, quelle laiche e laici che non hanno voluto o potuto esporsi per proteggere spazi ecclesiali vitali, differenti, sperimentali, i quali solo così arrivano vivi e vegeti alle soglie di una nuova stagione».

Ora inizia il vero lavoro di riforma, spiega l’autore, con la consapevolezza di una cultura che affonda le sue radici nella storia della diocesi e che non può essere cambiata in pochi mesi, neppure da un “supereroe”. Il cambiamento di Genova potrebbe essere un po’ come la riforma di Francesco, che fatica ad affermarsi a Roma perché incontra quotidianamente ostacoli e opposizioni. «Ora a Genova è tempo di guardare avanti – conclude Giacomo D’Alessandro – con le energie che sono rimaste e quelle che è possibile risvegliare, riappassionare, focalizzando le conversioni necessarie di cui ciascuno di noi ha bisogno per farsi “esistenza in uscita”, Buona Novella al centro delle grandi sfide del nostro tempo. Forse così, un passo alla volta, vino nuovo sarà versato in otri nuovi. E l’improvvisa, curiosa pennellata di colore a cui stiamo assistendo potrebbe presto trasformare ogni altro lascito soltanto in un ricordo».

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