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Al via la campagna “Stop Europa-Mercosur”

Al via la campagna “Stop Europa-Mercosur”

Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 11/07/2020

40332 ROMA-ADISTA. 265 organizzazioni e sindacati lanciano la campagna #StopEu- Mercosur contro il trattato di libero scambio fra Unione Europea e i Paesi Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) perché è «il trattato commerciale più tossico di sempre», aggrava la crisi climatica e danneggia seriamente – se ce n’era bisogno – l'Amazzonia e i popoli indigeni. La campagna è stata lanciata ieri con la pubblicazione del nuovo report di Stop TTIP Italia intitolato "Pianeta Svenduto" (https://bit.ly/2C6B3zx), un’analisi di 32 pagine che si conclude con una lettera firmata appunto da 265 organizzazioni europee e latinoamericane, 42 delle quali sono italiane e la cui lista è possibile leggere in fondo al rapporto.

Il problema è che la Commissione europea sta preparando il documento per la ratifica definitiva dell’accordo politico siglato nel giugno 2019 tra UE e Mercosur. L’approvazione finale di questo TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) spetta al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali, ma è anche vero che questo accordo è molto controverso: i Parlamenti di Austria, Olanda e Vallonia lo hanno addirittura respinto per com’è oggi, mentre alcuni Stati membri (Francia e Irlanda) hanno espresso chiare critiche: perché rischia di alimentare la distruzione dell'Amazzonia e le violazioni dei diritti umani, soprattutto per i popoli indigeni. Il tutto per aumentare gli scambi di prodotti particolarmente dannosi per il clima e l'ambiente.

«Da un lato – spiega Monica Di Sisto, portavoce della campagna – il trattato vuole facilitare l'industria automobilistica europea, mentre dall'altro aiuterà allevatori e agricoltori brasiliani e argentini a spedire in Europa centinaia di migliaia di tonnellate di carne, soia, biocarburanti e altri prodotti agricoli, tra cui OGM e prodotti trattati con pesticidi spesso vietati. Tutte produzioni ricavate spesso dalla deforestazione dell'Amazzonia, che con l'abbattimento di regole e controlli potranno entrare nei nostri mercati a prezzi così bassi da colpire duramente il settore agricolo nazionale e continentale. Non solo: anche se ormai è incontestabile il collegamento fra allevamenti industriali e pandemie, questo accordo rafforza un settore che sta contribuendo a una crisi ecologico-sanitaria senza precedenti».

L’Italia, informa il comunicato sulla campagna, si è allineata acriticamente alle posizioni favorevoli di altri Paesi europei, come dimostrano le dichiarazioni della viceministra degli Esteri, Marina Sereni e del Ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola. La speranza della Campagna #StopEuMercosur è di contribuire, con il rapporto “Pianeta svenduto” – dove il ruolo dell’Italia è messo particolarmente in luce – e con la lettera loro indirizzata, a far assumere ai nostri governanti una prospettiva più critica.

Un mercato di 750 milioni di persone

«La liberalizzazione commerciale – sintetizzano i firmatari della lettera – creerà un mercato transatlantico a condizioni preferenziali tra i due blocchi che coinvolgerà quasi 750 milioni di persone. L'UE spera di ottenere un accesso più facile al mercato per le sue esportazioni di macchine e macchinari industriali, prodotti agroalimentari, prodotti farmaceutici e finanziari, e la possibilità di fare offerte per appalti pubblici precedentemente preclusi alle società straniere. I Paesi del Mercosur sperano di ottenere un accesso più economico al mercato dell'UE per alcuni dei propri principali prodotti agricoli e di altri prodotti e di rendere più facile operare nell'UE per le proprie aziende, incluso un accesso più facile ai visti di lavoro». Nel blocco sudamericano festeggeranno dunque «agricoltori e allevatori» (Brasile, Argentina e Uruguay sono già i primi tre Paesi da cui l'UE importa carne bovina); «a cantare vittoria in Europa sarà principalmente l'industria automobilistica tedesca».

L'abbattimento dei dazi favorirà inoltre «le esportazioni di soia dal Mercosur, che già oggi fornisce all'UE il 90% della farina ricavata da questo legume (oltre 14 milioni di tonnellate) e utilizzata come supplemento proteico nei mangimi animali (46,4% dal Brasile, 40,9% dall'Argentina, 3.5% dal Paraguay). Il Brasile è anche la prima fonte europea di importazione di semi di soia con il 39,3%, seguito dagli USA al 38,3%, dal Canada (12,3%), dall'Ucraina (5,2%) e dal Paraguay (1,4%)».

Rischi tanti, controlli pochi

Rischi sanitari e pirateria alimentare sono dietro l’angolo, precisa la lettera: «Il manzo refrigerato e il pollame dal Brasile si sono classificati, per i casi di Escherichia Coli-Shigatoxin, nella top ten dei cibi più pericolosi per il numero di allarmi alimentari che hanno fatto scattare in Italia nel 2018 secondo le elaborazioni Coldiretti su dati RASSF. In Brasile dall’inizio dell’anno sono stati approvati ulteriori 211 pesticidi molti dei quali sono vietati in Europa. C'è poi la competizione con le eccellenze italiane: su un totale di 297 prodotti agroalimentari e 523 vini protetti da indicazione geografica dall’Unione Europea, l'accordo ne tutela dalla concorrenza sleale meno del 7% (appena 57 tra alimentari e bevande), che dovranno peraltro in molti casi convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati sudamericani, a partire dalla Fontina, dal Parmesan, Parmesano, Parmesao, Reggianito e Grana».

Con tutto ciò, «addio controlli e ispezioni indipendenti». Infatti, «l'ammorbidimento di controlli e ispezioni previsto dal trattato è una delle leve per facilitare gli scambi fra i due blocchi. La parte esportatrice preparerà un elenco di "stabilimenti riconosciuti" autorizzati a controllare i prodotti animali e vegetali che verranno esportati. Saranno certificati da un'autorità competente di quel Paese, che dovrebbe garantire che tali stabilimenti non violino i requisiti sanitari della parte importatrice. La parte importatrice avrà il diritto di effettuare verifiche e audit sul sistema di controllo ufficiale della parte esportatrice, ma dovrà annunciare tali controlli con 60 giorni di anticipo. Rendendoli di fatto inefficaci», concludono i formatari. Che aggiungono: «Tenendo conto del fatto che la quantità di prodotti a base di carne importati nell'UE aumenterà, si tratta di una prospettiva preoccupante per gli europei, soprattutto alla luce dei recenti scandali legati alla corruzione connessa ai controlli all’export alla carne bovina brasiliana e all'uso di ormoni della crescita vietati nell'UE».

E sarà pure un boom di emissioni: «Secondo i calcoli dell'ONG Grain, importare più manzo, formaggio, etanolo (da canna da zucchero), latte artificiale, pollame, riso, latte scremato in polvere e zucchero a basso costo dall’area del Mercosur, oltre a danneggiare seriamente i produttori europei creerebbe un incremento di circa 8,7 milioni di tonnellate di gas climalteranti l’anno rispetto ai livelli di emissione pre-Covid. Le emissioni legate al commercio di questi prodotti tra l'UE e il Mercosur (25,5 milioni di tonnellate), cresceranno nel complesso del 34%».

Popoli sotto scacco

Ne patiranno diritti, clima e deforestazione, campi per la cui protezione l’accordo non prevede concreti vincoli. Spiegano ancora i firmatari: «Le foreste, il clima e i diritti umani sono menzionati nel capitolo 14 del trattato, dedicato a “Commercio e sviluppo sostenibile”. In presenza di violazioni non sono però previste sanzioni di natura commerciale, a causa di un meccanismo di risoluzione delle controversie molto debole, basato sulla consultazione fra le parti ma senza divieti concreti o misure di ritorsione economica per chi concorre al degrado ambientale o alla violazione dei diritti umani.

Per quanto riguarda le foreste, ad esempio, ci si impegna contrastare il disboscamento illegale ma non si punta a penalizzare la soia, la carne bovina o lo zucchero coltivati su terreni disboscati illegalmente. Stando così le cose, è arduo ritenere queste disposizioni sufficienti a limitare lo sfruttamento intensivo dell'ecosistema e la compressione dei diritti umani. Il tutto mentre dal 2012 ad oggi l'Amazzonia ha visto tornare a crescere la deforestazione, con gli incendi boschivi che hanno toccato nuovi picchi nel 2019 e si sono intensificati perfino durante la pandemia, sfruttando minori controlli e un'opinione pubblica concentrata sulla propria incolumità». Per quanto riguarda l’Amazzonia, c'è stato – segnalano i firmatari – «un drammatico aumento degli attacchi agli indigeni, ad altre comunità tradizionali e ai loro territori. A febbraio 2019 almeno 14 territori indigeni protetti sono stati attaccati dai paramilitari assoldati per ‘liberarli’. Inoltre, il governo brasiliano ha abolito più di 35 consigli nazionali di partecipazione sociale. Gli attacchi alle persone che difendono i loro territori o le risorse naturali sono in aumento nelle aree rurali del Brasile, con conseguente aumento della morte di leader della comunità, contadini e attivisti».

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