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Sic transit figura Congregationis

Sic transit figura Congregationis

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 01/08/2020

Il nuovo testo della Congregazione del clero – Istruzione sulla conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa – è rigorosamente diviso in due parti: dal paragrafo I al paragrafo VI presenta una “ecclesiologia della parrocchia” e la sfida della conversione pastorale con una certa libertà, attingendo a piene mani ai testi del Concilio e di papa Francesco. Dal numero VII al n. XI, invece, il testo entra nella articolazione giuridica della organizzazione territoriale delle comunità, cambiando sia l’uso delle fonti, sia il respiro del discorso. Nella prima parte si leggono anche testi forti, largamente tratti dalla profezia di questo pontificato: libertà, audacia, inquietudine, collaborazione, nuove possibilità da scoprire, il coraggio di osare...

Nella seconda parte, invece, le fonti normative, assunte quasi come un altro Vangelo, bloccano ogni possibilità di movimento, abbassano ogni pretesa, riducono ogni possibile all’esistente, se non per dettagli poco rilevanti (le offerte delle messe o il ruolo marginale di laici con ruolo di presidenza). Di qui una serie di considerazioni generali:

a) Dopo Veritatis Gaudium, e Querida Amazonia – documenti di altro livello e di più complessa elaborazione – questo è il terzo documento nel quale si manifesta una “interna discrasia”, che di fatto ne paralizza la efficacia. Un singolo documento può sopportare solo fino ad un certo margine di incoerenza: quando lo supera, diventa inefficace.

b) In una Istruzione, però, il difetto è più grave: se un documento operativo presenta, al suo interno, una tensione così forte tra riforma e eterno ritorno del medesimo, il problema passa dal livello occasionale a livello strutturale. Non è il problema di qualcuno, ma di tutta la Chiesa.

c) Una grande teologia che non sa tradursi in norme e una normativa priva di respiro teologico è ora davanti a noi in modo plastico. Come hanno bene sottolineato in due libri recenti Severino Dianich (Diritto e teologia) e Carlo Fantappié (Ecclesiologia e canonistica) qui emerge in piena luce un vizio della stagione postconciliare, che va ben al di là del singolo documento.

d) Il limite è strutturale. Per come è configurata, per i procedimenti interni di elaborazione dei documenti, oggi la Congregazione può elaborare questi testi: potranno eventualmente assumere il linguaggio di un Concilio o di un papa, ma le questioni di autorità dipenderanno sempre dalla vecchia logica della identificazione della Chiesa con la gerarchia, che non si lascia illuminare. Il lessico potrà essere anche del Francesco più profetico, ma il canone resterà quello tridentino. Senza una riforma della Congregazione, dei suoi procedimenti e delle sue strutture, i frutti saranno sempre ad immagine di questo albero.

Quello che Rosmini denunciava nel 1832 come una “piaga” – la divisione tra clero e laici – potrà forse essere la risorsa per attuare la conversione pastorale con il bilancino da farmacista? E addirittura, per rendere più facile il lavoro, possiamo forse “imporre un lessico” che nasconda i problemi già sul piano del linguaggio? La difficoltà nel percepire il “cambiamento d’epoca” si vede bene in questa caduta “paternalistica”, con cui ci si arroga il diritto di spiegare a tutti come devono parlare quando fanno esperienza di autorità nella Chiesa. Una cattiva teologia genera una normativa distorta. E una forma istituzionale si legittima con una dogmatica giuridica vecchia di 200 anni. Questo scivolone comunicativo rivela la autoreferenzialità del sistema, che può concedersi anche di parlare linguaggi più freschi e spigliati, ma appena decreta sulla autorità, non ha più “segni dei tempi” da imparare o “forme di vita” da considerare. Il documento, proprio con la sua interna discrasia, ci consegna un compito comune da assumere con coraggio: la riforma delle procedure teologiche e delle categorie giuridiche. Sic transit figura Congregationis.

Andrea Grillo è docente di Teologia dei Sacramenti e Filosofia della Religione al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e insegna Liturgia presso l’Abbazia di Santa Giustina, a Padova; è saggista e blogger,  (www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non)   

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