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Ior, affari, vigilanza e processi: cosa succede in Vaticano

Ior, affari, vigilanza e processi: cosa succede in Vaticano

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 01/08/2020

40358 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Se vuoi una rendita sicura, investi nel mattone; questo almeno è quanto dice la vulgata del buon risparmiatore, anche se la cosa non vale sempre e non per tutti. Di sicuro il principio si applica con qualche difficoltà per le strutture economiche del Vaticano. Se infatti già la vicenda dell’acquisto di un immobile di lusso a Londra da parte della Segreteria di Stato si è trasformato in un intricato affare da circa 300 milioni di euro sul quale sta indagando la magistratura vaticana, un’altra grana è scoppiata nel marzo scorso a Malta e anche stavolta si tratta di un investimento immobiliare andato male.

Un tribunale civile maltese infatti, ha autorizzato il sequestro di beni per 29,5 milioni di euro dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, da parte di tre società, due maltesi (Futura Funds Sicav e Futura Investment Management), una lussemburghese (Courgar Real Estate), coinvolte in una lunga disputa giudiziaria con la “banca vaticana” cui contestano gravi inadempienze contrattuali. Nel 2013 infatti il Vaticano attraverso lo Ior aveva investito 41 milioni di euro in un affare immobiliare di peso: l’acquisto e la valorizzazione di un edificio di pregio a Budapest (il palazzo della borsa); di quella somma era stata investita solo una parte, 17 milioni, quindi il Vaticano aveva cercato di ritirarsi dall’affare.

Secondo quanto dichiarato da un portavoce di “Futura” alla testata Expert Investor (https://bit.ly/32OCFcL), «a titolo di garanzia per il risarcimento dei danni materiali subiti dal fondo Futura e Futura IM, il tribunale ha emesso un ordine di sequestro di 29,5 milioni di euro di beni appartenenti allo IOR a Malta». Sempre secondo “Futura”, se le società non riuscissero a recuperare il denaro attraverso le attività dello IOR a Malta, perseguiranno la banca vaticana in altre giurisdizioni europee dove detiene beni. La storia è complessa, ma in sostanza si tratta di un investimento compiuto dallo Ior fra 2012 e 2013 nel fondo “Futura Kappa” appartenente a “Futura Funds” che, a sua volta, fa capo alla lussemburghese “Optimum” (gestite entrambe dal finanziere Alberto Matta); l’istituto vaticano aveva da parte sua avviato un procedimento giudiziario per ottenere un risarcimento sostenendo di essere stato vittima di un raggiro finanziario e quindi di essere in realtà una vittima. Si vedrà come finirà la battaglia legale, se le ragioni della Santa Sede troveranno ascolto, certo quel sequestro di 29,5 milioni di euro di beni (se la cosa dovesse avere seguito) è destinato a pesare non poco sul bilancio dell’istituto, si pensi che nel suo ultimo bilancio lo Ior ha fatto registrare un utile netto di 38 milioni di euro. Non solo: dal punto di vista della credibilità, della capacità manageriale dello Ior e del lavoro compiuto per renderlo affidabile come soggetto finanziario internazionale, la storia maltese non depone a suo favore, per quanto risalga a qualche anno no fa. Va detto che nel caso di Sloane Avenue lo Ior era invece stato chiamato in causa dal Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Edgar Peña Parra, per cercare di recuperare in tempi stretti ben 150 milioni di euro necessari a estinguere il mutuo che pendeva come una spada di Damocle sull’immobile (mentre ad avviare l’investimento in origine fu il predecessore di Peña Parra, il card. Angelo Becciu). Fu lo stesso Ior, poi, a denunciare ai giudici vaticani, insieme all’ufficio del Revisore generale, l’operazione come sospetta. In realtà, da parte della banca vaticana c’era probabilmente anche il tentativo di riportare le centinaia di milioni gestiti autonomamente dalla Segreteria di Stato attraverso altri istituti fra i quali per esempio il Credit Suisse (coinvolto nelle indagini sulla compravendita di Sloane Avenue e che starebbe collaborando con la giustizia vaticana) sotto il suo stesso controllo. In entrambe le vicende, tuttavia, al di là di aspetti tecnici importanti ancora da chiarire, emerge una certa propensione vaticana a tentare operazioni spericolate, mettendosi nelle mani di intermediari e attori finanziari non sempre fra i più affidabili, magari con l’illusione di realizzare profitti significativi in tempi rapidi.

In arrivo i controllori

In ogni caso a settembre Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa di verificare l’attuazione delle legislazioni in materia di antiriciclaggio degli Stati, è atteso in Vaticano; un’ispezione che segue altre dello stesso tipo già effettuate in passato, una routine normale quando uno Stato aderisce al sistema antiriciclaggio internazionale. Ma stavolta gli ispettori svolgeranno la loro visita Oltretevere dopo la tempesta di Sloane Avenue, e l’apertura di un altro procedimento interno per l’assegnazione irregolare di appalti da parte della Fabbrica di San Pietro, l’ente cui «è affidata la complessa gestione della più grande chiesa del mondo e delle strutture sul territorio adiacente di sua pertinenza». La Fabbrica è stata per questo anche commissariata dal Papa. «Il team di Moneyval – ha detto al Sole 24 Ore il nuovo presidente dell’Aif, l’autorità d’informazione finanziaria, Carmelo Barbagallo – è atteso a Città del Vaticano per il 29 settembre. La visita durerà all’incirca due settimane; si tratta di un assessment importante: il precedente era sul quadro normativo, questa volta riguarderà anche l’efficacia dell’azione di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Ci aspettiamo dei suggerimenti ma anche dei riconoscimenti della strada percorsa; un grande lavoro è stato compiuto in questi anni e ora va consolidato, anche con l’aiuto di Moneyval». La carne al fuoco certo non manca, in particolare Moneyval aveva sottolineato in passato, oltre a riconoscere una buona impostazione normativa generale, una certa carenza nell’azione giudiziaria in campo finanziario da parte dei pm vaticani.

Giudizi pendenti

Di certo ci sono giudizi pendenti, come quello contro un ex storico presidente dello Ior, Angelo Caloia, a suo tempo accusato di peculato e autoriciclaggio, oppure il procedimento contro Gianpietro Nattino, ex numero uno di Banca Finnat, che vantava forti entrature in Vaticano. L’indagine su Nattino per la verità risulta archiviata in Vaticano, anche se dai sacri palazzi non è giunta nessuna comunicazione ufficiale in merito. Il banchiere aveva in passato conti all’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica) e allo Ior (chiusi da diversi anni) e contro di lui furono aperte inchieste giudiziarie in Italia e in Vaticano; Nattino è stato indagato per manipolazione del mercato azionario, insider trading, e riciclaggio da una parte all’altra del Tevere, in particolare era stato accusato di aver condotto operazioni illecite attraverso la compravendita di titoli della stessa Banca Finnat per alterane fittiziamente il valore, messi sul mercato e ricomprati attraverso l’Apsa usata come schermo con la complicità di alcuni funzionari vaticani. Lo stesso Vaticano fece partire rogatorie verso l’Italia la Svizzera per acquisire documentazione anche relativa all’accusa di riciclaggio. Il caso Nattino aprì fra l’altro la strada alla collaborazione fra autorità investigative italiane e della Santa Sede. Una vicenda complessa della quale non si è saputo più nulla.

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