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PRIMO PIANO. Terra: un giubileo per salvare il futuro

PRIMO PIANO. Terra: un giubileo per salvare il futuro

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 19/09/2020

La Terra «ha molte spine ma nessun confine, chiuderla nei recinti dietro i muri è impresa vana: la terra è vento e non si fa arrestare. Ha l’anima di polvere e la tosse di cenere, scatarro di vulcani. La terra è oggi, ma chissà domani» (Erri De Luca, Bizzarrie della provvidenza).

È sicuramente una bella idea quella di papa Francesco di “indire” il Giubileo della Terra, per tentare di costruire, per la Terra e per noi che la abitiamo, un “domani” migliore. Già oltre trent’anni fa, era il 1989, il patriarca ecumenico Bartolomeo I, lanciava la Giornata di preghiera per la salvaguardia del Creato, fissandola al primo settembre di ogni anno. Recentemente papa Francesco ha voluto associarsi a questa iniziativa estendendola alla Chiesa cattolica. Poi la “giornata” è stata prolungata fino al 4 ottobre, festa di san Francesco, ed è diventata il "Tempo del Creato". Inoltre il 2020 è “l’anno Laudato si”, proclamato da papa Francesco a cinque anni dall’enciclica che prende il nome dal Cantico del poverello di Assisi che chiedeva ai suoi frati di lasciare un angolo di orto incolto, dove la terra poteva “esprimersi” naturalmente.

Insomma, se ho capito bene, il “Giubileo della Terra” è stato scelto dal Consiglio Mondiale delle Chiese e dal papa, per sottolineare l’importanza e l’urgenza di prenderci cura della Casa comune.

Seguendo il papa, il patriarca ecumenico e il Consiglio Mondiale delle Chiese, i cristiani di tutto il mondo dovrebbero abbracciare questo tempo come parte integrante del proprio calendario annuale e del proprio impegno pastorale. Ma si fa fatica a districarsi tra le varie iniziative che, anche nelle varie Chiese, riguardano la salvaguardia del creato.

Soprattutto si nota, almeno dal mio modesto osservatorio, che alle tante iniziative che inflazionano un po’ il tema, corrisponde una triste indifferenza da parte di buona parte dei cittadini e dei potenti di turno; nemmeno i cristiani sembrano interessarsi veramente ai problemi riguardanti i cambiamenti climatici e la tutela della piccola palla azzurra, dispersa nell’infinità dell’universo, che chiamiamo Terra; questa dovrebbe terminare il proprio ciclo naturale più o meno tra 5 miliardi di anni, tanti quanti già ne ha vissuto; lo stesso non vale per noi che la abitiamo: continuare a vivere o perire prematuramente lo decidiamo noi col nostro comportamento di custodia o di sfruttamento del creato.

Curare il creato, avere piena cura della nostra casa comune, rispettarla ed amarla come ci è stata donata da Dio senza stravolgimenti ulteriori, è questo ciò che papa Francesco chiede per il “Giubileo della Terra”: un tempo di preghiera e di impegno a favore del nostro Pianeta. Ha detto: «Abbiamo spremuto i beni del nostro Pianeta come fosse un’arancia. Dobbiamo tornare a prenderci cura di lui, perché non possiamo più permettere che ci siano, nel mondo, ancora persone che soffrono la fame e la sete».

Quante cose sono cambiate rispetto al cosiddetto “Grande” Giubileo del 2000! Dietro quell’imponente macchina messa in moto dall’entourage di Wojtyla fu evidente la grande tentazione farisaica dell’esteriorità. Sicuramente non fu il Giubileo di cui parla il libro del Levitico dove è descritto come un tempo di liberazione e di riscatto: un tempo di rappacificazione e di incontro con Dio e con il prossimo e di riconciliazione con la terra, che non deve diventare oggetto di sfruttamento. «Spalancate le porte a Cristo», amava ripetere Giovanni Paolo II; ma a volte dimenticava che si sarebbero dovute spalancate le porte soprattutto ai povericristi. La vera porta santa da spalancare non è quella imponente di bronzo delle basiliche pontificie, ma la porta nascosta e sgangherata degli scantinati della storia e dell’umanità. La porta veramente santa delle favelas e di tutte le periferie, delle case di cartone dei barboni, dei campi profughi, dei reparti d’ospedale, delle celle dei detenuti, delle case dei disoccupati e degli sfruttati, di ogni luogo dove è vivo il dolore e troppo debole la speranza. Porte attraverso cui poter entrare, porte attraverso cui qualcuno potrà finalmente uscire. E occorre spalancare sempre più la porta dell’interesse per la nostra “Casa comune” prima che sia troppo tardi. Nel “Grande” giubileo del 2000, anziché queste porte, si aprirono soprattutto le porte delle banche, degli uffici dei progettisti e delle mega imprese, dei burocrati, dei politicanti e degli affaristi, si permise che si aprissero ancora di più le porte dei ricchi; invece, le porte del Dio dei poveri, per molti, restarono saldamente sprangate. Il “Grande” Giubileo del 2000 fu esattamente il contrario di tutto quello che dovrebbe essere il Giubileo.

Poi è arrivato papa Bergoglio e molto è cambiato, anche nella celebrazione dei “giubilei”. Non so se dietro la sua elezione ci siano strategie di marketing chiare o opache, come non so se dietro i “Giubilei” voluti da papa Francesco ci sia una voglia di riappropriarsi dell’idea biblica del tempo della riconciliazione. Un fatto è certo: i temi evidenziati dal papa sono motivo di critiche, più o meno aperte, nei suoi confronti. In realtà le critiche pubbliche sono poche, ma come purtroppo è costume nella Chiesa, quelle striscianti e sotterranee sono tante e squallide. Accanto all’opposizione silenziosa o sguaiata di alcuni cardinali e vescovi, e di tanti sacerdoti, quel che è peggio è che sono troppi i fedeli laici che criticano il papa per il suo insistere sulla misericordia e su temi sociali ed ecologici, come se questi potessero essere slegati dal Vangelo e dall'essere cristiani.

Papa Francesco appare sempre più isolato e “perdente”, soprattutto dentro la Chiesa cattolica, al di là delle folle plaudenti che non si negano a nessuno. E forse per questo mi è diventato sempre più simpatico!

«Oggi, non domani, oggi, dobbiamo prenderci cura del Creato con responsabilità. Preghiamo affinché le risorse del pianeta non vengano saccheggiate, ma condivise in modo equo e rispettoso. No al saccheggio, sì alla condivisione», supplica Francesco. Davanti a un mondo che vede aumentare sempre più la divisione fra chi ha tutto e chi non ha nulla, in un mondo dove la situazione climatica sta peggiorando repentinamente, in un mondo dove nuove malattie nascono ogni giorno, Francesco ci chiede di fermarci e di riflettere: cosa stiamo facendo noi per arrestare tutto questo? Un tema che sembra condiviso, ma che in realtà è impopolare, perché tocca gli interessi consolidati di molti. Forse per questo c’è una gara a boicottare il papa quando si occupa di certi argomenti, da parte di chi vede intaccati i propri guadagni sproporzionati dovuti allo sfruttamento di persone e risorse, ma anche di comuni cittadini instupiditi da messaggi e notizie, profuse abbondantemente e ad arte su tutti i mass media, che sminuiscono gli allarmanti appelli degli scienziati e di chi, come il papa, ci richiama al senso di responsabilità nei confronti dei nostri figli e nipoti.

Insomma, finché il papa celebra le messe e infonde speranza, ad esempio, durante il look down, si grida “viva il papa” e si diffondono sue immagini e parole, ma appena tratta certi argomenti, come la salvaguardia del creato o la difesa dei poveri, allora si censura, si ridicolizza o si sminuisce il suo messaggio. Il peggio è che la maggioranza dei cattolici si lascia trascinare in questa “istigazione” all’indifferenza.   

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino

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