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Contro gli atti del vescovo di Cadice

Contro gli atti del vescovo di Cadice

Tratto da: Adista Documenti n° 34 del 03/10/2020

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A tutti i gruppi cristiani, teologi e persone di buona volontà che sostengono le nostre petizioni. I sottoscritti sono molto preoccupati per le numerose azioni del nostro vescovo mons. Rafael Zornoza negli ultimi anni, che stanno causando grande disagio in ampi e diversi settori della diocesi di Cadice e Ceuta: religioso, politico, sociale, culturale, ecc.

Numerosi sono stati i licenziamenti di lavoratori (più di 20) nel Vescovato, nel Seminario, nella Caritas e nelle parrocchie. Diversi parroci hanno avuto problemi con il vescovo al punto che ne ha portato uno, il parroco di Vejer, Antonio Casado, al tribunale ecclesiastico di Siviglia, ancora in attesa di sentenza. Questo sacerdote è stato costretto a denunciare in tribunale il vescovo accusandolo di cinque crimini contro di lui. Un altro sacerdote, il parroco di Conil, si è dovuto rivolgere alla Congregazione per il Clero in Vaticano per difendere i suoi diritti. Ricevuta la delibera di detta Congregazione e, visto il disaccordo con essa, il Vescovo ha avviato un procedimento penale canonico. Un altro parroco è stato licenziato ad Algeciras e ha saputo del suo licenziamento quando i suoi parrocchiani gli hanno mostrato la stampa locale che informava del provvedimento, mentre egli non aveva ricevuto alcuna comunicazione.

Il parroco di Conil, che è stato l'unico che ha osato criticare pubblicamente alcuni di questi atti, è stato oggetto di emarginazione da parte del vescovo che lo ha sollevato dalla funzione di cerimoniere della Cattedrale, che svolgeva da anni, e lo ha licenziato da professore al Seminario, dopo 23 anni di insegnamento, anche se, grazie alla delibera della Congregazione per il Clero, il vescovo ha dovuto revocare la destituzione del sacerdote. Ha anche minacciato di rimuoverlo dai suoi uffici ecclesiastici e lo ha retrocesso nominandolo amministratore parrocchiale, quando era parroco da molti anni, mentre confermava tutti i suoi colleghi nelle loro posizioni. Successivamente lo ha allontanato anche dalla parrocchia, nominandolo cappellano dell'Hospital Clínico de Puerto Real a tempo pieno. Questa rimozione ha causato grande disorientamento tra i parrocchiani, che hanno dato vita a importanti mobilitazioni nel paese e nella città di Cadice e hanno dato vita a una piattaforma chiamata “per la giustizia nella dicoesi di Cadice e Ceuta”. Come Gruppo Cristiano di Riflessione-Azione, composto da 17 persone, tutte donne laiche, abbiamo più volte proposto di trasferire alcuni dei tanti immobili di cui la diocesi è in possesso attraverso varie fondazioni, alle persone più bisognose – sfrattati, immigrati, senzatetto – senza ricevere alcuna risposta. Gli abbiamo proposto di rinunciare al Seminario, attualmente quasi vuoto, almeno in parte, sempre a favore delle persone bisognose ma, anche in questo caso, nessuna risposta. Abbiamo anche denunciato la politica dei licenziamenti in massa (più di 20) dagli uffici della diocesi, dalla Caritas, dal Seminario e dalle parrocchie.

Abbiamo presenziato a molti dei processi giudiziari seguiti ai licenziamenti, non pochi dei quali sono stati dichiarati licenziamenti abusivi, smascherando le ingiustizie commesse dal vescovo rispetto al lavoro dei suoi dipendenti e dimostrando la mancanza di esemplarità di un'istituzione che, socialmente ed evangelicamente, dovrebbe essere specchio di giustizia.

Rafael Vez, parroco di Conil, ha criticato molti dei licenziamenti senza giusta causa, ma anche denunciato fatti quali i trasferimenti di proprietà di beni che erano stati donati alle parrocchie di alcuni paesi, patrimoni di fondazioni passate di mano, opacità di informazione da parte delle fondazioni diocesane, consegna del patrimonio monetario e immobiliare alla Fondazione Educatio Servanda di recente costituzione, di interessi commerciali, che si stanno muovendo nella diocesi di Cadice e Ceuta, e l'atteggiamento tutt’altro che cristiano o evangelico verso alcuni sacerdoti: per esempio, verso p. Antonio Casado che ha chiesto al vescovo in numerose occasioni di incontrarlo, ricevendo come risposta il suo silenzio e che, ormai da tempo, si trova in ristrettezze economiche, vivendo grazie all'aiuto di alcuni amici e parrocchiani. Questi atti sono molto lontane dal Vangelo di Gesù di Nazareth, che stabilisce l'incompatibilità tra il servizio di Dio e il denaro. Risponde invece a criteri imprenditoriali guidati dal profitto e non dal servizio. Abbiamo sperimentato la sofferenza di persone licenziate, maltrattate e degradate dal vescovo – o dai suoi collaboratori più vicini, ma con il suo consenso –, malgrado anni di lavoro dedicati al servizio della diocesi. Il comportamento del vescovo non potrebbe essere più ignominoso, disumano e contrario al Vangelo.

E ancora ricordiamo l'enorme danno arrecato alla famiglia Madueño, alla quale è stato sottratto, tramite la fondazione Carneiro, il bar di proprietà del Vescovado, che la famiglia e i loro predecessori affittavano e gestivano esemplarmente da più di 100 anni.

Più di un anno fa sono state inviate al Papa ampie informazioni su tutto ciò che accadeva nella diocesi, senza ottenere pedò nessuna risposta. Abbiamo scritto anche al precedente nunzio e ai cardinali Osoro (Santander) e Omella (Barcellona), ottenendo brevi risposte dal nunzio e da Omella.

Crediamo che i fatti qui descritti costituiscano la migliore espressione del peccato di clericalismo, così diffuso nella Chiesa cattolica e più volte criticato severamente da papa Francesco, per il quale il clericalismo spegne lo spirito profetico, allontana le persone dalla Chiesa, annulla la personalità dei laici, che sono "il cuore della Chiesa", e non permette loro di crescere. In definitiva, le vittime del clericalismo, crede Francesco, sono persone umili e povere. Ci sembra che il vescovo di Cadice si comporti e agisca con l'atteggiamento clericale che il papa denuncia.

I fatti descritti non rispondono all'atteggiamento, allo spirito e alla pratica del servizio che dovrebbero caratterizzare i responsabili della comunità cristiana diocesana. Sono agli antipodi dell'opzione per i più vulnerabili, che è la traduzione etica ed evangelica dell'opzione per i poveri. Questi fatti riflettono un trattamento autoritario nel rapporto del vescovo con sacerdoti, collaboratori e collaboratrici, una rinuncia all'autocritica e una mancanza di rispetto per le persone che adottano un atteggiamento critico costruttivo. Chiediamo il vostro sostegno e la vostra firma perché assuma la responsabilità episcopale un pastore con sensibilità sociale, che sia solidale con le persone povere e con la lotta alla povertà, dotato di spirito di servizio e capacità di dialogo con i sacerdoti, i cristiani e le cristiane, le comunità ecclesiali di base e i movimenti sociali.

Invieremo la presente lettera con tutte le firme al Nunzio e ai responsabili della Conferenza episcopale spagnola. Se necessario, chiederemo al nunzio o al Vaticano di inviare preventivamente un visitatore apostolico perché con le persone colpite, che sono molte, e possa verificare sul campo il racconto che qui abbiamo sviluppato.  

* Il vescovo Rafael Zornoza in una foto [ritagliata del 2016] della Conferenza episcopale spagnola, tratta da wikimedia commons, licenza Creative Commons

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