
L’insensato dualismo fra il corpo e lo spirito. Un libro di Teresa Forcades
Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 24/10/2020
40426 VERONA-ADISTA. Teresa Forcades è una teologa catalana, monaca benedettina, che si è fatta conoscere ed apprezzare anche al di fuori del mondo cattolico per le sue posizioni innovative e stimolanti in materia di teologia queer e femminismo. Attivista politica internazionale, ha studiato medicina e teologia attraversando alcune delle più prestigiose università del mondo (da Harvard alla Humboldt a Berlino). In questo piccolo libro edito da Gabrielli, Il corpo e la gioia. La materia come spazio di incontro tra divino e umano (96 pp., euro 13), la studiosa ripercorre alcuni dei capi saldi della sua visione religiosa sul corpo della donna. Il punto di partenza è la critica alla concezione dualistica e gerarchica del rapporto tra il corpo e lo spirito proposta dalla teologia dominante. Spiega la teologa: «Il maggio ‘68 e la liberazione sessuale associata si assumono solitamente come referenti di un cambiamento di mentalità e, soprattutto, di costumi in relazione al corpo: la civiltà di matrice cristiana passa dalla paura e dal sospetto nei confronti del corpo all’esposizione e al godimento dello stesso. L’atto di bruciare i reggiseni e quello di indossare la minigonna sono simboli significativi di questa fase di cambiamento, come pure la normalizzazione delle relazioni sessuali prima e al di fuori del matrimonio». Tuttavia, sostiene l’autrice, la civiltà occidentale ha dato vita a nuovi tabù che siamo chiamati oggi a superare, a partire naturalmente dalla Chiesa stessa.
Il libro si compone di tre parti. Nella prima sono considerati gli aspetti che la teologa considera ancora fortemente negativi della dottrina e della pastorale cristiana sulle donne. Nella seconda, propone una lettura alternativa e costruttiva del Vangelo per suggerire nuove direzioni anche per il magistero. Infine, nella terza, viene elaborata una vera e propria proposta teologica alternativa. Si legge nelle pagine conclusive: «Lo spirito cristiano non disprezza il corpo e neppure l’individualità, ma li onora: il corpo è il principio dell’individualità senza cui non è concepibile la nozione di persona […]. Se la vita che Dio ci offre e per la quale Dio ci ha creato è la vita felice che trova la sua pienezza nell’amore condiviso, tentare in maniera seria di metterla in pratica nel mondo così com’è senza dubbio ci provocherà sofferenza mettendo a dura prova la nostra salute. La cosa importante è evidenziare che questa apparente divisione tra vita biologica (corpo) e vita spirituale (spirito) non risponda a un dualismo che le contrapponga in modo intrinseco e necessario. Nella prospettiva cristiana non possono contrapporsi e neppure identificarsi automaticamente […]. Quindi è solo nella solidarietà di tutta l’umanità che si compie l’affermazione di Ireneo in forma non dualista: La gloria di Dio è che l’umanità viva». Molto interessante, dal punto di vista ecclesiologico, il passaggio che ne segue per cui, «da una prospettiva che riconosce la centralità e il carattere indispensabile dell’aiuto reciproco nella vita umana, acquista senso la nozione della Chiesa come “corpo mistico” o “Corpo di Cristo”». A nostri occhi, una rilettura efficace, e ovviamente completamente interna al magistero, di provare a forzare alcuni paradigmi storici.
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