
La popolazione dello Yemen è allo stremo. E l'Occidente continua ad armare la coalizione che l'affossa
La popolazione dello Yemen va incontro alla più grave carestia: è stremata da anni di guerra, dalle difficoltà di accesso degli aiuti umanitari, dalle recenti inondazioni e d invasioni di locuste. «Questo – afferma il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres – deriva dalla combinazione della drastica riduzione dei finanziamenti per le operazioni di soccorso coordinate dalle Nazioni Unite nel 2020 rispetto al 2018 e 2019, del fallimento nel supportare il sostegno esterno per l'economia del Paese, dell'impatto del conflitto in corso e degli impedimenti imposti dai potenti yemeniti e da altre parti al lavoro salvavita delle agenzie umanitarie».
I tassi di malnutrizione acuta – riassume Vatican News di oggi – tra i bambini sotto i 5 anni, registrati in Yemen da Fao, Unicef e Word food programme e resi noti il mese scorso, sono i più alti mai riscontrati in alcune zone del Paese e superano la quota di 500mila nei distretti meridionali. E in questa situazione si sono innestate la pandemia di coronavirus e un’epidemia di colera.
Il Paese vive in guerra dal 2014, iniziata come conflitto interno, tra i ribelli Houthi e il governo del presidente Hadi, e poi aggravata con l’intervento, nel 2015, di una coalizione a guida saudita a sostegno del governo di Hadi. Una tragedia della quale fornisce alcune drammatiche cifre Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, in un’intervista a corredo del servizio di oggi oggi. «Dopo oltre 5 anni e mezzo di conflitto – afferma a Vatican News – lo Yemen è un Paese distrutto, ha già avuto 100mila vittime, tra cui più di 12mila sono civili e i bambini sono i più colpiti. A causa dell’aumento dei combattimenti, 10 milioni di yemeniti soffrono la fame e 20 milioni non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari, su circa 29 milioni di popolazione complessiva».
In tutto ciò aumenta l’export di armamenti dai Paesi del G20 verso l’Arabia Saudita, che guida la coalizione, e i suoi alleati: dal 2015 al 2019 – è la denuncia di Amnesty International Italia, Movimento dei Focolarli, Oxfam Italia, Save the Children Italia e Rete Italiana Pace e Disarmo alla vigilia del vertice G20, che si conclude oggi ed è ospitato proprio dall’Arabia Saudita – sono stati esportati 17 miliardi di euro in armi, tre volte il valore degli aiuti stanziati dagli stessi Paesi per alleviare le sofferenze del popolo yemenita. «Questo - sottolinea Vignarca - fa capire l’incoerenza del richiamare il principio umanitario e poi continuare invece a perseguire una logica fondata su profitti di guerra. È davvero incredibile che Paesi evoluti continuino su questa strada e purtroppo su questa strada sta andando anche l'Italia».
Riassume Vignarca che, tra il 2015 e 2019 l’Italia ha autorizzato 845 milioni di euro di export di armamenti verso l'Arabia Saudita a cui si aggiungono oltre 700 milioni di euro verso gli Emirati Arabi Uniti. Negli ultimi mesi si registrano consegne di armi e munizioni per un valore di decine di milioni di euro, mentre è in vigore da metà 2019 un blocco voluto dal Parlamento e dal governo per la spedizione di alcuni sistemi d’arma, missili e bombe, verso questi Paesi. Il blocco dovrebbe scadere all'inizio del 2021. «Noi chiediamo che invece venga rinnovato e che riguardi qualsiasi arma – aggiunge il coordinatore di Rete pace e disarmo - e che le promesse di finanziamenti per la ricostruzione siano mantenute, perché non si può continuare a vedere la sofferenza del popolo yemenita».
Ma a quanto pare gli armieri italiani non intendono. Malgrado il fermo voluto dal Parlamento italiano, malgrado sia in essere dal 17 settembre 2020 una risoluzione del Parlamento europeo che esorta i Paesi membri Ue «ad astenersi dal vendere armi e attrezzature militari all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabii Uniti e a qualsiasi membro della coalizione internazionale, nonché al governo yemenita e ad altre parti del conflitto», «le aziende leader del complesso militare-industriale italiano – come ha denunciato qualche giorno fa Antonio Mazzeo https://www.adista.it/articolo/64501 – esternalizzano la produzione di sistemi di morte utilizzando i cantieri d’oltreoceano in mano alle proprie società controllate».
«Il 27 dicembre 2019 – spiega Mazeo – il gruppo Fincantieri di Trieste ha reso noto che la Marina Militare USA aveva assegnato ad un consorzio guidato dal colosso mondiale “Lockheed Martin” e di cui fa parte Fincantieri Marinette Marine (società del gruppo con sede negli Stati Uniti), la costruzione di quattro unità navali MMSC – Multi Mission Surface Combatants destinate all’Arabia Saudita. “Fincantieri - riportava la nota del gruppo italiano - sarà il costruttore delle navi presso il suo stabilimento di Marinette, nel Wisconsin, recentemente visitato dal Vice Presidente degli Stati Uniti Mike Pence”».
*Foto di Mohammed Huwais / Getty Images, immagne originale e licenza
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