
Rinnovato il Parlamento in Venezuela: vince la coalizione filogovernativa. Molto bassa la percentuale di votanti
Pochi votanti e in grande maggioranza per il presidente Nicolas Maduro: questo emerge dal risultato delle elezioni legislative in Venezuela celebrate il 6 dicembre, che hanno decretato la vittoria del partito filogovernativo “Gran Polo Patriottico” (Gpp) con oltre i due terzi dei suffragi. Ma a recarsi alle urne è stato solo il 30,5% degli aventi diritto, anche perché gran parte dell’opposizione, compresa quella che fa capo a Juan Guaido - l’autoproclamato presidente riconosciuto da una cinquantina di Stati ocidentali - ha boicottato il voto.
Non è ancora nota la distribuzione dei 277 seggi dell’Assemblea nazionale (il Parlamento) che si insedierà il 5 gennaio prossimo e dovrebbe durare in carica cinque anni. Certo è che ora la maggioranza è passata in mani filogovernative, capovolgendo la situazione del Parlamento uscita dalle elezioni del 2015.
Juan Guaido grida alla «truffa», denuncia «censura» e «diffusione del terrore» e il movimento che fa capo a lui ha chiamato i venezuelani a una «consultazione popolare» che dovrebbe svolgersi entro il 12 dicembre. Si voterà online scaricando una app o in “seggi” distribuiti in tutti i Comuni. Ai votanti viene chiesto di esprimere il proprio rifiuto per le elezioni appena concluse e di dare mandato al tavolo dell’opposizione.
La Chiesa venezuelana non sarà contenta della prova elettorale. Il 2 dicembre avevano diffuso una nota secondo cui nella consultazione per il rinnovo dell’Assemblea nazionale «trasparenza e garanzie sufficienti sono nuovamente in dubbio, nonostante gli sforzi del "chavismo" per apparire normali. I dubbi sono tali che la maggior parte delle forze di opposizione non parteciperà alla nomina elettorale». I vescovi preconizzavano anche che «i principali organi della comunità internazionale, guidati da Washington e dall'Unione Europea, si preparano a respingere il risultato».
Nel prosieguo della nota ratificavano «quanto precedentemente indicato dicendo che “l'evento elettorale indetto per il prossimo 6 dicembre, lungi dal contribuire alla soluzione democratica della situazione politica che stiamo vivendo, tende ad aggravarla” (Messaggio del 15/10/2020) e non aiuterà a risolvere i veri problemi delle persone. Allo stesso modo, ribadiamo l'urgente appello a tutti coloro che dedicano i loro sforzi alla politica e alle varie organizzazioni della società civile affinché continuino a compiere "sforzi congiunti per ripristinare i diritti democratici della nazione" (Ibid)». E ben venga, secondo i vescovi, il referendum che si sta organizzando: «Tutte le iniziative sono necessarie e importanti», aggiungevano, «come la consultazione popolare proposta in linea con l'articolo 70 della Costituzione nazionale. Il popolo ha il pieno diritto di esprimersi attraverso i canali legittimi garantiti dalla Costituzione, esprimendo la propria opinione come autentico soggetto sociale».
La nota terminava con l’invito all’incontro e non al confronto: «Il popolo venezuelano anela certamente a un cambiamento pacifico della situazione, per il quale vuole esprimersi con il voto, in condizioni giuste, eque e uguali per i partiti. Separati, dandosi le spalle, senza riconoscersi e accettarsi, qualsiasi risultato rafforza il confronto più della sincera ricerca di una soluzione in cui tutti hanno una parte. Senza incontrarsi, senza riconoscimento reciproco e senza dialogo autentico, non ci sarà soluzione che porti benessere e fratellanza».
*Nicolas Maduro. Foto tratta da Flickr, immagine originale e licenza
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