
Chi cavalca la tigre?
Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 16/01/2021
È una magra consolazione dire che “lo avevamo detto”. L’Epifania del 2021 passerà alla storia (frase usata e “abusata” di questi tempi) come il giorno in cui gli Stati Uniti d’America si sono trovati in una situazione sudamericana, con due presidenti e un assalto al Parlamento, con morti e feriti. È anche una ben magra consolazione dire che tutto era prevedibilissimo. Il presidente sconfitto continua a dire ai suoi “patrioti” che le elezioni sono state una truffa, che lui aveva vinto con una valanga di voti (landslide victory), che loro sono vittime ed eroi allo stesso tempo. Da sempre soffia sul fuoco, con frasi così pericolose che ora Twitter, Instagram e Facebook, gli strumenti con cui Trump comunica, gli hanno bloccato i profili. E i suoi seguaci si sentiranno ancora più vittime e accuseranno ancora di più i media di persecuzione contro Trump. Già circolano voci che i responsabili delle violenze, con i loro berretti rossi (Make America Great Again), erano in realtà infiltrati del movimento antifascista (Àntifa).
Quello che hanno visto tutti è che, nonostante il preavviso che la manifestazione sarebbe stata potenzialmente pericolosa, non c’erano sufficienti forze di polizia. Molti si domandano che cosa sarebbe successo se i manifestanti fossero stati “terroristi di sinistra” o neri. Questi, invece, erano pieni di bandiere americane, di bandiere elettorali blu e rosse con i nomi di Trump e di Pence, di bandiere gialle con su un serpente a sonagli e la scritta “Non calpestatemi”, di bandiere nere e bianche con su un mitra e la scritta “Venite a prenderlo”. C’erano persino bandiere e cartelli con “Jesus 2020”, a mostrare la parte apocalitticomessianica del movimento a sostegno di Trump. E il presidente si è rifiutato per ore di far intervenire la Guardia Nazionale. Washington, District of Columbia, in quanto distretto federale, non ha governatore e quindi la giuristizione è del presidente; negli Stati confinanti i governatori avevano allertato la Guardia Nazionale, ma non potevano “marciare su Washington” se il presidente non voleva.
Ma il presidente voleva gli incidenti, in un ultimo disperato tentativo di autogolpe. Il 28 ottobre del 1922 Vittorio Emanuele III avrebbe potuto fermare le camicie nere e invece offrì la presidenza del Consiglio a Mussolini (che se ne stava prudente a Milano, pronto alla fuga in Svizzera se le cose non gli fossero andate bene); il 6 gennaio del 2021 sarebbe toccato a Trump (anche lui prudentemente in disparte e silenzioso per ore) fermare i berretti rossi, che lui stesso aveva aizzato.
Dopo quattro morti e molti feriti, il Parlamento a Camere riunite nella notte ha ratificato la vittoria elettorale di Biden, col vergognoso voto contrario di oltre un centinaio tra deputati e senatori che hanno deciso di rimanere con i fedelissimi di Trump. Il sistema di potere da lui costruito, tuttavia, pare sgretolarsi. William Barr, il tirapiedi che per quasi due anni ha servito Trump come ministro della giustizia, dopo essersi scontrato con lui nei giorni scorsi ed essersi dimesso, ora ha preso apertamente posizione contro di lui. Lo stesso vicepresidente Pence, più che opaco yesman, ha osato rifiutarsi di obbedire all’invito di Trump a ribaltare il risultato elettorale di novembre. E sono del 7 gennaio le dimissioni di numerosi funzionari della Casa Bianca che non vogliono restare coinvolti negli ultimi, violenti conati di questa presidenza sciagurata. Mentre circolano sempre più voci che sarebbe in atto un tentativo di sollevare Trump dall’incarico di presidente per incapacità, sulla base del 25mo emendamento della Costituzione.
Staremo a vedere, mentre qui siamo a quasi 4mila morti al giorno per Covid e il presidente eletto, Joe Biden, protesta con voce flebile.
Edmondo Lupieri storico della Chiesa e teologo che vive a Chicago e insegna alla Loyola University, autore del volume Cronache dal Trumpistan. Diario di un teologo italiano in America (Di Girolamo, pp. 224, 20€, libro disponibile anche presso Adista)
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