
Legittimità e necessità di un Ministero della Pace.Ma rimane sulla carta
La proposta non è nuova, ma essendo un’ottima utopia meglio darle gambe affinché prima o poi raggiunga la mèta. Stiamo parlando del Ministero della Pace. La sua istituzione fu già sollecitata nel 2017 quando mancavano tre mesi alle elezioni politiche del 4 marzo, e dunque alla formazione di un nuovo governo. Avanzata dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII - fondata da don Oreste Benzi - con una campaga che riscosse molte adesioni,non trovò ascolto né da parte del primo né del secondo governo Conte. Ma la goccia scava la roccia, e dunque la proposta ora è stata formulta all'indirizzo del presidente del Consiglio Draghi (invero di nuovo caduta nel vuoto, vista la lista dei Ministeri e dei ministri decisa e comunicata per una compagine che attende il voto di Senato e Camera il 17 e 18 prossimi). Il prgetto è esposto con argomentazioni sostenute giuridicamente da legislazioni nazionali e internazionali nel documento di 16 pagine intitolato “Ministero della Pace, una scelta di governo”. La nuova istituzione è finalizzata a «gestire i conflitti sociali; promuovere la difesa civile; attuare politiche di disarmo; difendere i diritti umani; educare alla nonviolenza; prevenire la violenza».
Nella presentazione di questi riorni, il presidente dell'Associazione Paolo Ramonda scrive che «la Pace va sostenuta, curata, pianificata e organizzata. Dal livello locale e quotidiano fino a quello nazionale e dell’ordine mondiale»; e che «la nonviolenza” può “diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”, come in altri termini già sostenuto anche da Papa Francesco». Rammenta che «tantissimi sono i gruppi sociali e terzo settore che quotidianamente realizzano strategie di sostegno, cura, pianificazione e organizzazione della Pace», ma manca, sottolinea «una " casa" istituzionale dei “costruttori di Pace”». «L’esperienza strategica degli artigiani di Pace deve divenire patrimonio per una politica del bene comune estesa strutturalmente all’intero Paese nei diversi settori di intervento».
Se «L'Italia ripudia la guerra», «il dettato costituzionale deve assumere il valore che gli è proprio, di forza vincolante e precettiva». L’auspicio è perciò che le Istituzioni adottino «la visione prefigurata dalla Carta Costituzionale per cui la costruzione costante ed ininterrotta della pace positiva è onere, compito e funzione pre-condizionale ad ogni altra azione di indirizzo politico e in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’SDG 16, con adeguate infrastrutture pubbliche che le rappresentino a pieno per cura e funzione».
«Non è più rimandabile – scrive ancora Ramonda - “organizzare la pace positiva", lo Stato deve poter essere riconosciuto quale "casa di riferimento istituzionale" per tutte quelle forze della società civile che già operano nella costruzione di percorsi e attività di pace. Per questo riteniamo che l'istituzione di un Ministero della Pace risponda allo spirito e alla lettera degli articoli 10 e 11 della Costituzione, del Preambolo e degli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite, del Preambolo e degli articoli 1 e 28 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nonché della Dichiarazione sul Diritto alla Pace adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2016».
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